È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …
L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …
“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …
Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …
Stamattina ho vissuto un’esperienza bellissima: per la prima volta, da che faccio il medico, e non sono certo una novellina, ho preso in carico un signore sordomuto in sovrappeso, per affrontare un percorso di riequilibrio del peso corporeo avvalendomi del programma di empowerment clinico.
Un uomo intelligente e vivacissimo con una grande voglia di capire, di cambiare, di riconoscersi ed affermarsi, tagliato fuori dal mondo cosiddetto “normale”, vissuto dai più quale handicappato, tanto da viversi a sua volta come tale.
Una nuova sfida mi si è parata dinanzi: come comunicare ? Sarebbe facile rispondere: attraverso la scrittura, ma … se, come nel caso specifico, l’individuo è stato relegato nel ruolo del “diversamente abile”, come si ama dire oggi, anche se a parer mio tale definizione suona poco adeguata, non ha avuto la possibilità di frequentare corsi di studi, se non quelli elementari, con conseguente difficoltà nella proposizione a mezzo scrittura e se, come ho scoperto, la stessa formulazione della frase nel linguaggio dei sordi differisce da quella del mondo degli udenti … come usare la scrittura se non imparando un’altra modalità di passare informazioni ? Il sordo non segue la struttura grammaticale uditiva e non conosce la semantica vocale; questo deriva dalla quasi totale assenza del “bagno sonoro” definito da Piaget nei codici vocali.
Devo imparare il SUO linguaggio, il linguaggio di chi vive il mondo del silenzio. Non è forse vero che cardine della terapia rieducativa è la ricerca da parte del tecnico dell’utilizzo di un linguaggio adeguato alle parti in causa ? Gli interlocutori devono comprendersi e … come sempre, se voglio insegnare, devo prima imparare da chi mi sta dinanzi!
Al 2° incontro eravamo solo io e lui, ossia non era presente la parente udente che invece lo aveva accompagnato in prima battuta. G. le ha impedito di venire dicendole che ce la saremmo cavata benissimo da soli, che io avevo un buon labiale e che non ci avrei messo molto ad imparare la sua lingua… “lo vedo che è motivata e questa è la prima volta che incontro un medico disposto ad imparare mentre insegna…” queste sono le sue parole. Parole cariche di speranza verso la conquista di un mondo che finalmente gli appartenga donandogli il vissuto della normalità, dello scambio, così importanti per tutti gli esseri umani. Non vuole essere relegato nel mondo del silenzio, vuole aprire le porte della coscienza verso il mondo dei rumori, quello “normale” degli udenti. Vuole capire che cosa si muove nel mondo pieno di suoni, vuole capire se la sua testa è vuota, come gli hanno fatto credere da sempre. La sua testa non è vuota se non di rumori, è piena di pensieri, di immagini, di sogni che navigano nel silenzio sonoro, ma che per questo non hanno una valenza inferiore … forse … quel silenzio aiuta a formulare i pensieri senza la distrazione del rumore di fondo che accompagna il mondo degli udenti, forse quella “barriera” riesce a salvaguardarlo dalle costanti manipolazioni cui noi udenti… così normali … siamo assoggettati!
Mi chiede cortesemente se posso sostituire la poltrona che usualmente accoglie il Paziente nel mio studio, per la verità la seduta tende a porre in una posizione lievemente più bassa di quella che mi permette di raggiungere la mia poltrona dalla parta opposta della scrivania. Vorrebbe una sedia … una seduta che lo ponga “a livello”. Io accolgo con entusiasmo la richiesta e comprendo che ora è davvero iniziata la nostra avventura: dobbiamo e, soprattutto, vogliamo parlarci guardandoci dritti negli occhi!
Le mani si muovono sicure e veloci e si trasformano in “suoni”, in percezioni comprensibili. Assumono forme che dipingono invisibili figure occupando lo spazio, esattamente come le parole sonore che occupano lo spazio del silenzio. “lo spazio non è niente se non è riempito di materia… lo spazio deformato dalla materia esiste soltanto grazie a questa deformazione”, come scriveva il musicista Tristan Murail nel 1981. (2)
Viso aperto, volto alla comprensione, attento e al contempo espressivo, capace di disegnare mille espressioni. Occhi attenti, vigili, pronti a decodificare ogni cambiamento di espressione dell’interlocutore… mi piace imparare ad ascoltare usando il linguaggio del corpo, mi piace pensare o forse solo sognare di potere intraprendere un viaggio che mi permetterà di entrare in quel mondo nel quale ciò che mi è famigliare potrà trasformarsi e viceversa. Questa magia accade ogni volta che abbiamo la fortuna di incontrare la diversità: mondi diversi che si incontrano, che si scambiano informazioni, emozioni e si arricchiscono.
La Lingua dei Segni (LIS) non è un linguaggio mimico-gestuale, è una vera lingua a tutti gli effetti dimostrata già dagli studi di William Stokoe già dagli anni ’60. William Stokoe (5) (New Hampshire, 21 July 1919 – Chevy Chase (Maryland), 4 April 2000) (6), ricercatore americano, fu il primo a dimostrare che questa forma di comunicazione non è una semplice mimica, ma una vera lingua, una lingua dei segni, con un suo lessico e una sua grammatica, in grado di esprimere qualsiasi messaggio. Le ricerche sulla Lingua dei Segni presero appunto avvio intorno agli anni ’60 per merito suo che nello studio dell’A.S.L. (American Sign Language) fece un confronto tra la lingua dei segni americana e la lingua vocale, ebbe così l’opportunità di notare come la struttura grammaticale e sintattica dei segni fosse del tutto simile a quella della lingua vocale. Pubblicò proprio in quegli anni: “Sign Language Structure: An Outline of the Visual Communication Systems of the American Deaf” negli Stati Uniti, un libro che afferma per la prima volta che la lingua dei segni (7) è una vera e propria lingua , al pari di tutte le altre.
Nel 1965 presentò un altro libro con Carl Croneberg e Dorothy Casterline “A Dictionary of American Sign Language on Linguistic Principles”, mentre in Italia dobbiamo attendere la seconda metà degli anni ’70 con gli studi di Virginia Volterra sulla Lingua dei segni italiana (LIS). (8)
Stokoe, nelle sue ricerche, partì dallo studio dei fonemi, particelle non dotate di significato, che vanno a formare le parole. Per es. “A” è un suono che in sé non significa nulla, ma che insieme ad altri suoni va a formare un suono con un significato. Ogni lingua parlata ha il suo numero di fonemi. Questo metodo di studio e di indagine, Stokoe lo trasferì sulla lingua dei segni, ponendosi l’interrogativo se mai esistessero anche nei segni delle forme equivalenti ai fonemi: scoprì l’esistenza dei CHEREMI, unità minime non dotate di significato.
Secondo Stokoe un segno può essere scomposto in riferimento a tre parametri:
• Il Luogo che è lo spazio dove viene eseguito il segno
• La Configurazione che è la forma che la mano assume nell’eseguire il segno
• Il Movimento che le mani fanno quando eseguono il segno. (9)
Parola "Mamma"
(10)
Parola:“Mamma”
Fonemi
/m/a/m/m/a/
Luogo
Configurazione
Orientamento
Movimento
Il LIS è, quindi, a tutti gli effetti una lingua, in quanto le parole sono formate sulla base della combinazione di un certo numero di suoni (fonemi), tutti i segni di una lingua gestuale sono formati attraverso la combinazione di quattro parametri formazionali, inoltre la presenza di precise regole grammaticali è uno degli elementi più importanti e distintivi delle lingue dei segni rispetto ad altre forme di comunicazione gestuale che non possono definirsi lingue, come i gesti e le pantomime. La grammatica viene espressa principalmente attraverso alterazioni sistematiche del luogo di esecuzione dei segni e di alcuni tratti del movimento, come la direzione, la durata, l’intensità o l’ampiezza.
Immagine:(11)
G. nel corso dei nostri incontri mi racconta con pudore quanto la sua condizione di sordomuto gli avesse impedito la possibilità di godere un vissuto di normalità: “io comunque sono un handicappato, lo sono sempre stato, per tutti! Nessuno si è mai posto il problema che, malgrado la mia sordità, potessi capire, sognare, avere obiettivi anche elevati”
“Non ho potuto frequentare le scuole in quanto per un sordomuto il futuro era in qualche modo già definito, invece io avrei voluto continuare a studiare. Sono curioso, vorrei conoscere meglio il mondo nel quale vivo, forse potrei -ascoltare- anche i suoi rumori, chi l’ha detto che esista un solo modo per udire ?”
“se noi riuscissimo ad unire i nostri mondi cercando di comprenderli da punti di vista diversi, forse riusciremmo ad acquisirne una migliore visione, che dici ?”
“pensi che ti possa aiutare a fare comprendere sia ai sordi che agli udenti che ci si può incontrare e si può comunicare ?”
“io lo credo”
“faremo arrabbiare tantissima gente … per farti un esempio i tuoi colleghi. Sai, io non ho mai incontrato un medico che mi dedicasse il suo tempo e che volesse davvero parlare con me e non di me ma … con i miei famigliari udenti! … poi alcune associazioni di sordi … ne conosco tante… sono chiusi e parrebbero intenzionate a mantenere tale atteggiamento di chiusura a salvaguardia… ma io non sono mai stato d’accordo: chiudersi non è mai un difendersi!”
“ricordati che comunque rischiare di vivere meglio è un obiettivo che si dovrebbero porre tutti gli essere umani!”
La dott.ssa Cremaschi Trovesi scrive: “…rompere le catene del sordomutismo. Possono farcela da soli? Nessuno di noi può crescere, imparare, a maggior motivo rompere le sue catene senza l’aiuto di qualcuno; tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. Qualcuno non ci crede? Per rispondere dobbiamo servirci delle parole. Potremmo godere dell’utilizzo delle parole se gli esseri umani non si fossero, da sempre, uniti in gruppo? Che possibilità di sopravvivenza ci sono per chi vive da solo?”
“… L’essere in gruppo, lo stare, il condividere con gli altri è ciò che chiamiamo “vita di relazione”. Ciò che crea la relazione è il dialogo. Sono passati i tempi delle disquisizioni (ovviamente verbali), sul dialogo verbale e non verbale. Dovrebbe essere chiaro per tutti che il verbale è intriso di non verbale, che il non verbale sfocia nel verbale. La parola è l’essenza del dialogo.
Parola = parabola. Essa è il ponte che consente il dialogo. Le onde sonore della voce di chi parla, fanno convibrare il corpo di chi raccoglie, attraverso l’ascolto (con vibrazione, risonanza), le parole dette.
Anche nei sordi c’è questo corpo che convibra con gli altri, con il mondo?
Le mie esperienze in musicoterapia con i bambini sordi sono sorte in modo spontaneo. …Ho iniziato, da musicista, con l’offrire ad un bambino sordo di due anni, l’opportunità di giocare con i suoni, in compagnia con alcuni coetanei…. Non potevo sapere che stavo muovendo i primi passi in uno studio che continua ad affascinarmi. Da un lato andavano a farsi benedire le certezze dei modi comuni di pensare (il sordomuto); dall’altro lato si apriva un orizzonte sempre più vasto.
… Il pubblico fu affascinato dal film sulla musica. I bambini sordi che ridevano, cantavano, suonavano, catturarono l’attenzione e fecero sorgere emozioni nei presenti. Ecco… i sordi avevano fatto sentire la loro voce. Io ero stata l’intermediaria fra i bambini sordi ed il mondo dei suoni. …Per cambiare opinione occorre porsi in ascolto, sospendere il giudizio, interrogarsi sulle proprie conoscenze, chiedersi che cosa è il suono, essere disposti ad allargare l’orizzonte, modificare il modo di pensare, di agire, di vedere le cose.” (Giulia Cremaschi Trovesi “La voce nei sordi” – (12)
G. mi dice che “lui riesce a sentire il rombo dell’aereo quando passa sulla sua testa”, ma … come può essere possibile ? Lui è totalmente sordo e dalla nascita!
Penso al suono, cerco di fare mente locale su cosa effettivamente sia e… mi accorgo che … altro non è che la vibrazione di un corpo in oscillazione, una vibrazione che si propaga nell’aria che raggiunto l’orecchio, tramite un complesso meccanismo interno, crea la sensazione uditiva direttamente correlata alla natura della vibrazione.
Sono onde caratterizzate da una frequenza ed un’intensità … che coinvolgono gli elementi nei quali si propagano attraverso la risonanza, un fenomeno spiegato e spiegabilissimo dal punto di vista fisico… allora, perché G. non dovrebbe percepirle ? Certo non attraverso l’orecchio, ma il nostro corpo è un mezzo elastico, attraverso il nostro corpo si possono percepire le vibrazioni. Chi l’ha detto che si possa dire di sentire solo attraverso l’orecchio ?
Come dice la dott.ssa Cremaschi Trovesi: “ I sordi mi hanno aperto gli occhi, le orecchie, il pensiero, le conoscenze. La prima regola che è crollata è quella che vorrebbe attribuire l’ascolto soltanto alle orecchie. Il Corpo Vibrante (13) è il protagonista dell’ascolto. La voce nasce dall’Ascolto.”
Dopo queste rapide considerazioni tra me e me, decido di avviare sul mio PC un filmato che propone il decollo di un F16 e il potente rumore che lo caratterizza, davvero insopportabile tanto è forte, ho alzato il volume e gliel’ho proposto. G. si è proteso verso le casse acustiche da cui proveniva il suono … guardava le immagini ma … non sentiva quel rumore per me assordante … “come può dirmi che ascolta il rombo degli aerei che passano sulla sua testa e non percepisce questo ?” penso…
Forse … che il suo ascoltare quelle vibrazioni sia legato alla fonte del suono ? Ciò che gli sto proponendo è virtuale, effettivamente non abbiamo (per fortuna) un F16 che ci sta passando sulla testa!
Un aereo che passa sopra la testa fa rumore per gli udenti che forse tante volte si limitano a sentire, ma per i sordi potrebbe arrivare quella percezione come una sensazione corporea assolutamente reale: vedere, ascoltare e percepire!! non è forse questo udire ?! Facendo sempre riferimento alle considerazioni della dott.ssa Cremaschi Trovesi: “Attraverso le risposte dei sordi ai suoni, alla musica, al fare musica ho avvertito che anche il mio corpo convibra con la realtà. Ho cercato di comunicare questo messaggio. I danni derivanti dall’inquinamento acustico dimostrano che tutti riceviamo le onde sonore attraverso il corpo. Le risposte dei sordi ai suoni ci dicono come sia pregnante l’inquinamento acustico nei nostri luoghi di vita quotidiana, perfino dentro alle nostre case, alle aule della scuole, nei luoghi di lavoro.”
Sicuramente dal punto di vista audiometrico, esame di elezione per verificare la funzionalità dell’orecchio e la capacità di avvertire i suoni, un sordo non presenta lo stesso andamento di un udente, ma … se non limitiamo la nostra discussione alla mera e a volte semplicistica valutazione laboratoristica, se proviamo ad allargare il significato dell’ascolto, se lo leghiamo strettamente alla comunicazione umana … forse cambierà la valutazione in toto, forse si parlerà di diverso modo di udire, chissà ?!
Quanti egregi colleghi medici e psicologi udenti si sono posti il problema di comunicare con Pazienti sordomuti ? La prima diagnosi, oppure un sintomo importante del quadro clinico che ci si avvia a valutare non è forse un deficit uditivo ? Un deficit di comunicazione ? Quindi un deficit che caratterizza il soggetto anche dal punto di vista cognitivo-comportamentale.
Chi si è posto nella posizione di essere, dinanzi a quell’individuo di cui secondo etica ci dovremmo occupare, lui stesso in una posizione deficitaria ?
“Se io non capisco l’altro o se l’altro non mi capisce … non penso che il valore del mio supporto terapeutico o la veridicità della mia diagnosi clinica possa in qualche modo essere inficiato! Mi trovo dinanzi ad un handicap, quindi seguo rigorosamente i dettami scientifici, mi difendo con valutazioni fisiche oggettivabili e mi allontano!” … ma … questo NON è il nostro lavoro ! Noi medici o psicologi abbiamo il dovere di comprendere il Paziente, abbiamo il dovere di farci capire … come potremmo, in altro modo, creare una relazione ?
Il mondo dei sordi sollecita davvero scarsa attenzione nel mondo scientifico degli udenti a meno che non siano specialisti in otorinolaringoiatria o in tecniche medico scientifiche correlate. La comunicazione terapeuta-paziente ? Salta il fosso, elimina l’ostacolo ponendo il sordo nel terreno del deficit, come se il non sentire, per definizione, significasse avere scarse capacità cognitive, alterata o scarsa affettività.
Certo è che in un mondo che vive di divisioni, mozzare la sfera dei rapporti sociali separandola di fatto dalla possibilità di acquisire conoscenze ed abilità tanto da potere interagire e quindi tentare di ridurre se non abolire le distanze, rischia di trasformarsi in una sorta di tutela della pigrizia, del pressapochismo e dell’arroganza dei cosiddetti normali.
Il bilinguismo non viene nemmeno preso in considerazione, quando, invece potrebbe trasformarsi in un potente strumento di comunicazione ampliando i confini del nostro mondo.( 14)
Facendo riferimento ad una lettera del Dott. Mauro Mottinelli (15) : “Le diverse ricerche svolte dal Consiglio Nazionale delle Ricerche sullo sviluppo neurolinguistico e neuropsicologico dei bambini di genitori sordi, hanno dimostrato che l’apprendimento della LIS in questi bambini segue le stesse tappe dell’apprendimento della lingua parlata nei bambini udenti con genitori udenti… De Saussure (1968) scrive: “…non il linguaggio parlato è naturale per l’uomo, ma la facoltà di costruire una lingua”. Quindi il bambino ha la possibilità di imparala purché sia esposto ad essa.
Affrontare come una persona sorda dalla nascita possa acquisire il linguaggio non è cosa da poco, in quanto dobbiamo in un certo qual modo provare a dimenticare tutte le esperienze percettive del nostro udito per puntare tutta la nostra attenzione sul canale visivo. Già più di cinquant’anni fa Vygotskij(16) aveva focalizzato il nodo di questa problematica sul fatto che la persona sorda è un soggetto diverso e non un handicappato come qualcuno pensa.
La persona sorda ha una diversità linguistica, anche nell’acquisizione del suo linguaggio, che ci deve far riflettere e che deve essere presa in considerazione proprio per la peculiarità della natura del deficit uditivo.
Bouvet scrive: “Il figlio di genitori sordi, che sia sordo o udente, è portato a divenire soggetto bilingue”, quindi nell’acquisizione della lingua si deve sfruttare, nel sordo, i sensi vicariali all’udito. Troppo spesso si affida il bambino sordo ad una terapia logopedica nella convinzione che l’acquisizione del linguaggio sia solamente legata al numero di parole che il bambino sordo riesce a riprodurre, mentre questo esercizio deve andare di pari passo con l’esposizione sistematica e continua allaLingua dei Segni. Questa lingua dà la possibilità al bambino sordo di riuscire ad appropriarsi della realtà comunicativa del suo ambiente e possa poi stimolare l’attenzione mnemonica per rielaborare tutto con le sue emozioni e le sue idee.”
Una lingua e al contempo un mondo che si può aprire e che può insegnarci ciò che solo attraverso il silenzio dei suoni si può percepire. Mi sono resa conto, inoltre, che esistono diversi tipi di sordità e sicuramente quella più gravosa da tollerare è quella di coloro che non vogliono sentire… e sono tanti, ma soprattutto … con loro proprio non c’è nulla che si possa fare per entrare in contatto, quindi, prego, non facciamo confusione quando intendiamo comunicare con un altro essere umano!
Per troppo tempo gli udenti si sono posti in una posizione di superiorità ed hanno ignorato il linguaggio dei sordi o l’hanno osservato con curiosità ma alla distanza, d’altro canto anche i sordi, considerando il loro codice segnico una sorta di linguaggio privato, da utilizzare entro e non oltre, non hanno mai condiviso. Ora credo sia giunto il momento di abbattere le frontiere e cominciare a parlarci!
Raccogliendo testimonianze circa questa mia esperienza tra coloro che ho il piacere e l’onore di frequentare, in chiusura, vorrei sottolineare quanto mi scrive un amico: “Il linguaggio, per come lo conosciamo noi, è parola … tu vuoi andare oltre, vuoi entrare in un mondo che è talmente chiuso da essere apertissimo.
Un continente comunicativo che accetta i migranti perché se sono arrivati su quelle coste è perché hanno voglia di comunicare. C’è voglia e paura di comunicare. C’è voglia castrata e mediata da schermi di PC, TV … per non parlare dei pregiudizi!
Ben vengano i sordomuti che hanno la fortuna di staccarsi un apparecchio e di non sentire tutto ciò che noi udenti dobbiamo sentire anche quando non vogliamo ascoltare! e di riprendere il loro corpo per comunicare. Questo è un esempio “dell’handicap” che si trasforma in risorsa. Il linguaggio dei gesti io lo insegnerei nelle scuole. Obbligatorio.
Come si dice TVTB con il linguaggio dei segni ?”
Segnalo, a valutazione, un progetto a mio avviso di grande pregio facente capo a “Associazioni Vedo Voci e Biella Gospel Choir” definibile: Musica visiva, caratterizzato da interpretazione LIS delle canzoni e direzione artistica del coro di Simone Cericola e Roberta Gherardi “Gospel tra le mani” (17)
Laureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati.
Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico.
Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
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Commenti
marco cinque
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Sono parecchi anni che mi interesso di culture dei popoli amerindiani. Tra le svariate cose che mi hanno affascinato c\’era anche il loro modo di comunicare: pure se tra le centinaia di diverse tribù esistevano lingue assolutamente diverse, c\’era comunque un modo per comprendersi ed era proprio il linguaggio dei gesti.
Ora, dopo la splendida esperienza di Luisa qui riportata, mi è tornata in mente questa strana e forse impossibile idea, e cioè quella di creare un linguaggio dei gesti universale, dove il fatto di essere sordomuti o “stranieri” non sia più un handicap, almeno dal punto di vista della comunicazione. In fondo basterebbero due cose: che si mettessero d\’accordo in ambito ONU e che si inserisse l\’apprendimento del linguaggio universale dei gesti nei programmi didattici di tutte le scuole del pianeta. Si salvaguarderebbero così le lingue, i linguaggi, i dialetti e gli idiomi locali ma al contempo si troverebbe una soluzione affatto complicata per stabilire una nuova opportunità che permetta alle persone di ogni luogo della terra di mettersi in comunicazione e conoscersi meglio.
Talvolta le cose più semplici diventano stranamente anche le più difficili da realizzare, ma perchè non provare a lanciare l’idea?
giovanna arrico
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l’ascolto e il silenzio…le parole e le parole non dette.Sempre troppo di corsa e impegnati per soffermarsi anche solo un minuto su quella che può essere un punto di incontro tra le diversità del mondo: la comunicazione.Il dialogo tra persone di nazioni diverse,tra persone che non vedono, che non sentono e che non parlano, ma che hanno in mente tutte lo stesso obiettivo.Perché fermarsi davanti a questo piccolo problema?Non è piccolo perché le persone sono egoiste abbastanza da non ascoltare altro se non ciò che vogliono sentire;non deve essere un problema l’unione e la voglia di condividere.Un gioco nuovo chiamerei la proposta che mi è venuta in mente,che poi è solo un vecchio sistema usato anche in passato e anche nei film “muti”.L’arte del Mimo.Facile all’apparenza, difficile quando diventa una necessità anteposta al gioco iniziale.Non ci saranno più problemi di comunicazione, di lingua,di pensiero.Forse un sogno,oserei dire,ma credo nei sogni e nella loro realizzazione.
Ottavio
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Finché l’altro è lontano lo vedo sempre come un pericolo, mai lo vedrò bello e sempre vincerà la paura.
Grazie per esserti avvicinata a quel “paziente”, grazie per averlo “preso in carico” e grazie per avercelo comunicato. Abbiamo bisogno di fare circolare tutto ciò che avvicina e che rende bello il mondo.
Con Gandhi ti auguro:
“Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo” .
Con Gesù Cristo, che ha detto: “Sono venuto per servire e dare la vita” ti auguro di aprirti all’altro perché “o ti apri o mormori” (nota 49 della mia pagina).
Vado a Roma alle mense della Caritas. Mi auguro di vivere l’esperienza con lo stesso stato d’animo con cui tu hai incontrato e trattato il “paziente” di cui ci hai parlato.
auguri.
Sara Luccarini
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Vi siete mai chiesti come fanno a comunicare
i sordomuti con il mondo che li circonda ??
Spiegarlo in maniera adeguata per me, che ho solo 10 anni, è un po’ difficile, ma sicuramente ho capito che i sordomuti si esprimono utilizzando una lingua che per noi udenti appare lontana, tanto da risultarci inesplorata. Persino studiosi e scienziati forse non hanno mai compreso il significato profondo di questo modo di comunicare. La Lis è una lingua che permette ai sordomuti di parlare e di ascoltare, un linguaggio gestuale, ma non per questo meno significativo del linguaggio che usiamo noi udenti.
MI SENTO A DISAGIO…
Mia zia, visto che è un medico, ha avuto la possibilità di incontrare il mondo dei sordomuti e ne pare entusiasta, come una bimba che ha scoperto qualcosa di meraviglioso. Sta seguendo in psicoterapia un signore sordomuto che le ha raccontato di tutte le volte che si è trovato dinanzi ad un medico e: “Mi sentivo a disagio soprattutto perché i dottori non mi prendevano come una persona normale ma come un extraterrestre incapace di capire, solo perché uno dei miei sensi non funziona”. Devo dire che, invece, con mia zia la faccenda è cambiata: si è subito sentito ascoltato e capito, forse è la mia zia un extraterrestre ?! Mah! Lei dice di essere Mary Poppins! Forse ha ragione!
MI INSEGNI LA LIS ?
La zia mi ha confidato che desidererebbe tanto imparare quella lingua così affascinante, quella lingua fatta di gesti, di espressioni, lei dice di “corporeità”, ma quanto è difficile!
Il paziente della zia con molta pazienza le sta insegnando le basi dei segni e, come se fosse una magia, riescono a comunicare.
Avete presente la maestra che insegna all’alunno e che si rende conto che può imparare nel momento stesso in cui insegna? Ecco ciò che sta succedendo in ambulatorio dalla zia: uno scambio di insegnamenti che alla fine, credo, possano essere utili sia al signore sordomuto che alla zia sia come persona che come medico.
Ed è proprio in questi casi che ci si accorge quanto può valere la mente di una persona che non è mai stata considerata come una persona nella sua totalità. Magari non ci se ne accorge così su due piedi, ma con un po\’ di umiltà e con il desiderio di imparare tutto è possibile. Comunicare, condividere, rapportarsi alla pari fa stare meglio tutti!
Con mia zia lui sta riuscendo a tirare fuori rancori, insoddisfazioni ed incertezze, ma anche gioie e desideri che, a causa dei dottori che sinora aveva incontrato, aveva lasciato li ad impolverarsi in qualche angolo cupo della sua mente che oggi si rivela vivace e responsabile.
Io ho visto il disegno dell\’alfabeto dei sordomuti attaccato con il nastro adesivo allo schermo del computer della zia, ho provato ad imitare qualche lettera e ora ho imparato le vocali. Sì, vorrei tentare di imparare se non la LIS che mi sembra molto difficile, almeno l\’alfabeto, magari avrò la fortuna di conoscere una ragazzina sordomuta con la quale diventare amica, chissà ? Sarebbe più bello il mondo se tutti potessimo comunicare senza paura. Io vorrei un mondo fatto così!
Giuliana Sacchetti
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Bologna, 16-8-2009
Sono Sacchetti Giuliana; prendo spunto da un commento di Marco Cinque, dove parla dell’uso dei segni fra gli indiani d’America, per dire che ne fa cenno anche OLIVER SACHS nel suo libro “Vedere Voci”; inoltre nei vari documenti da lui raccolti in tre anni di ricerche fra i sordi di vari Paesi, riporta l’episodio raccontato in un testo di Nora Ellen Grace, avvenuto sull’isola di Martha’s Vineyard, dove un tempo la comunicazione fra gli abitanti era libera e completa: tutti segnavano e le persone sorde (una su quattro, per effetto di un gene ereditario) non erano separate e discriminate, tanto che nei ricordi degli anziani i loro cari defunti venivano menzionati con affetto, amicizia, ecc… senza mai il benché minimo accenno alla loro sordità, e solo se gli si chiedeva, allora dopo una pausa ne venivano fuori con una frase del genere: “eh già, ora che mi ci fa pensare, era anche sordo!”.
Infatti il lavoro che sta facendo la Dottoressa Luisa Barbieri, bèh, è proprio questo: innanzitutto il suo paziente è una persona! Poi è … anche sordo!
Grazie!
Ale
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Lavoro nella scuola come insegnante di sostegno e dallo scorso anno seguo una bimba che ha una ipoacusia importante, compensata in buona parte dall\’uso dell\’apparecchio acustico. Questo non esclude, per includerla nella vita degli udenti, una serie di accortezze e di attenzioni. L\’apparecchio acustico è come un filtro che, per quanto programmabile, resta fisso, nel senso che non è modificabile dalla volontà di chi lo indossa. Perciò la comprensione può essere disturbata e resa impossibile da un ventaglio ampio di variabili. Lavorando al suo fianco io divento un ulteriore strumento per metterla in contatto con l\’esterno. Riuscire a farla partecipare attivamente alla vita della classe è per me un balsamo di vita. In più, capita anche a me di imparare insegnando, perché quando mi accorgo che non capisce una procedura o il senso di un racconto o di una conversazione, ho la certezza che c\’è qualcosa che ho dato per scontato, da udente, nel proporgliela. Quindi che devo ancora imparare. Tutto questo per dire che condivido pienamente quello che dice la Dottoressa, che pure ringrazio perché rinforza il significato del mio lavoro e mi stimola a studiare ancora,per essere sempre più in grado di ascoltare, comprendere e seminare ricchezza,riconoscendola nella diversità.
lapenna manuela
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come si fa ad imparare il linguaggio dei segni? cosa bisogna studiare? Esistono corsi privati o scuole o facoltà pubbliche?A chi e dove bisogna rivolgersi?