Milano che lavora, Milano la fredda, Milano multietnica, Milano nebbiosa, Milano terra di ‘ndrangheta.
Ecco i clan della ‘ndrangheta che si spartiscono il territorio: Porcino, Flachi, Carvelli, Di Giovine, Serraino, Schettino, Sergi, Vottari, Farao-Marincola, Imerti, Rosmini, Lo Giudice, Iannò, Saraceno, De Stefano, Libri, Tegano, Ficara, Latella, Barreca, Morabito, Palamara, Bruzzaniti, Sabatino, Serranò, Izzo. E a cercar bene si potrebbe ancora continuare.
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A Milano esistono interi quartieri in cui si conduce un’esistenza separata dal resto della città.
Nella zona del quartiere Bicocca compresa tra viale Sarca e Fulvio Testi sorgono le così dette “case rosse”, sei torri di edilizia popolare dove la giustizia si amministra secondo le regole ‘ndranghetiste. Duecentosedici alloggi che devono rispondere alla famiglia dei Porcino; Carlo, Andrea e Salvatore. Un dominio che si estende tra il civico 361 di viale Sarca e il 304 di viale Fulvio Testi. Pochissimi sono gli abitanti abusivi, tutti però sono costretti a pagare un tributo alla famiglia Porcino per poter rimanere nella propria casa. Scendendo le scale dei casermoni si passa vicino alle cantine dove stazionano solitamente le “vedette”, non è difficile scoprire buchi di proiettile in quelle porte tanto è vero che durante l’ultimo blitz di polizia è stata sequestrata una mitraglietta Scorpion corredata di silenziatore e venti colpi nel caricatore pronta all’uso. Dal piano cantina si accede alla corsia seminterrata dei box: un infinita catasta di motori, portiere e gomme. E’ il deposito delle auto rubate, smontate e pronte ad essere rivendute come pezzi di ricambio. Per accedere al quartiere c’è un iter preciso da seguire; l’ingresso alla stradina interna che porta ai palazzoni è chiusa da due macchine parcheggiate l’una di fronte all’altra che segnano il confine tra Milano e la terra della ‘ndrangheta. Quando si arriva non si devono far gesti, non si chiama nessuno, si deve solo aspettare. Una volta che si è stati riconosciuti arriva qualcuno che saluta e si scusa, proprio come se avesse parcheggiato male per errore, sale su una delle auto in sosta e la sposta. Si aprono così i portoni del supermercato dei Porcino, un enclave della ‘ndrangheta alimentata da traffici di droga, armi, pizzo e auto rubate. Qui si trova la cocaina più pura e più costosa della città, 90-100 euro al grammo; c’è anche l’hashish a 10 euro al grammo; ecstasy; pasticche di ogni tipo e l’eroina che adesso va di moda vendere in caramelle.
Di questa situazione è a conoscenza anche l’ALER, l’azienda lombarda edilizia residenziale, l’ente che ha sostituito gli istituti autonomi delle case popolari di Milano. L’ALER possiede un patrimonio abitativo senza pari tra le altre aziende europee del settore: circa 72.000 alloggi di proprietà e altrettanti ceduti, tutti sorti secondo la logica di costruire mini quartieri autosufficienti dotati di tutte le infrastrutture necessarie per renderli autonomi dal resto della città. Il presidente del consiglio d’amministrazione dell’ALER, Loris Zaffra, in un intervista dichiarò di conoscere la situazione delle case rosse e commentò: “esiste un reale problema di sicurezza, tanto da impedire anche agli stessi addetti di ALER di compiere i normali sopralluoghi”.
Se ci si sposta nei quartieri della Comasina e di Bruzzano la situazione non cambia. In questo caso la zona è sotto il controllo della cosca Flachi. Il capostipite del clan, Giuseppe Flachi detto don Pepè, è in carcere per associazione mafiosa, traffico di droga e omicidio. Prima del suo arresto era uno dei capi storici delle ‘ndine milanesi e il suo nome compare tra i protagonisti della guerra tra clan che ha insanguinato Milano ai primi anni ’90. Ora che don Pepè è recluso sono i suoi parenti ad occuparsi degli affari di famiglia, principalmente racket, pizzo e il traffico di droga. Durante l’operazione “Wall street” la magistratura individuò numerose società finanziarie, ristoranti e negozi caduti nel tempo nelle mani di questo clan.
Nel quartiere di Quarto Oggiaro convivono più clan.
Fino a poco tempo fa era solo il clan Carvelli a detenere, anche militarmente, le piazze di spaccio di tutta la zona ma dopo l’omicidio di Francesco Carvelli, l’arresto di Aldo Carvelli ma sopratutto del boss Mario Carvelli i loro affari hanno subito un forte rallentamento. I Carvelli sono imparentati con il clan dei Sabatino e assieme a loro riescono ancora a gestire un enorme giro di affari proveniente dal traffico di cocaina che si stima renda oltre 10 mila euro al giorno con la vendita di droga solo nel triangolo di via Traversi, Capuana e De Pisis. Per la famiglia il fatturato complessivo mensile è di circa 800 mila euro. Con l’operazione denominata «Ciak» si è scoperto che il clan Sabatino-Carvelli riveste un ruolo di rilievo nel fornire manovalanza utile all’occorrenza alla ‘ndrangheta calabrese.
I clan Serraino-Di Giovine dominano il quartiere della Ghisolfa ma con l’attuale indebolimento del clan Carvelli stanno riuscendo a penetrare la zona di Quarto Oggiaro. I boss dei due clan sono rispettivamente Domenico Di Giovine, ‘u zoppu, succeduto al capo bastone Emilio Di Giovine arrestato in Portogallo, e Paolo Serraino. Trovano la loro centrale operativa in Piazza Prealpi. La loro attività illecita spazia dalla droga alle armi, al racket delle estorsioni. Restano nella memoria degli inquirenti le mille pasticche di ecstasy sequestrate nella casa di Rita Di Giovine e i missili anticarro trovati mentre erano in procinto di essere spediti in Calabria.
Una costola del clan Serraino si è spostata coprendo il controllo della distribuzione della cocaina nel parco Sempione. Sono in grado di fornire anche un “servizio a domicilio” pensato per soddisfare i clienti facoltosi e le persone dello spettacolo che non possono rischiare di farsi vedere in zone equivoche.
Neanche a dirlo settecento delle quattromila case popolari gestite dall’ALER che sorgono a Quarto Oggiaro sono occupate abusivamente e l’accesso agli appartamenti viene controllato direttamente dalle ‘ndrine.
Gli Schettino, origine napoletana ma investitura mafiosa calabrese, dettano legge nei palazzi popolari di via dei Cinquecento, gestione ALER, 621 alloggi di cui più di una sessantina occupati abusivamente. Lo spaccio di droga è fortemente presente anche qui.
Stessa edilizia popolare in via Uccelli di Nemi a Ponte Lambro, quartiere satellite strappato alla città dalla tangenziale. L’otto per cento degli alloggi sono occupati da abusivi ma anche qui la droga resta il piatto forte servito dal clan Archi.
In via Novara, vicino allo stadio Meazza, si estende l’impero della cosca dei Sergi e dei Vottari, entrambi legati a Giancarlo Lombardi, capo criminale della curva rossonera con inclinazioni neofasciste.
Anche nel fortino di via Flaeming, a San Siro, si mescola ‘ndrangheta, neonazisti e ultras del calcio.
A Milano è evidente che si sia imposto il potere della ‘ndrangheta ma appena lo si dice ci si scontra con le istituzioni milanesi, sempre molto impegnate a negare questa ovvietà. Sintomatica la vicenda della Commissione Antimafia che avrebbe dovuto sovraintendere ai lavori per l’Expo 2015, commissione che fu in un primo momento approvata e subito dopo bocciata dalla giunta comunale per un cavillo legale.
Sono state profuse ordinanze anti alcool, severe battaglie contro i writers, si è indicato come estremamente pericolosa le massiccia immigrazione di extracomunitari ma della degenerazione della mafia calabrese che si sta progressivamente impadronendo del tessuto sociale della città non si vuole parlare. Si tace sul fatto che Milano sta venendo strangolata dalla mafia e dalla droga, l’usura e il racket regolano ormai lo sviluppo di negozi e imprese ma a Palazzo Marino c’è ancora qualcuno, come il sindaco Moratti in carica da più di tre anni, che si stupisce nel venire a conoscenza che l’ombra della ‘ndrangheta incombe da tempo sulla città.
Susanna A. Pejrano Ambivero (Milano, 06 Agosto 1971) ha una formazione medico scientifica, spesso impegnata in battaglie sociali e culturali soprattutto nell ambito del contrasto alla mentalità mafiosa. Vive nel profondo nord, a Cologno Monzese (MI), località tristemente nota per fatti di cronaca legati a 'ndrangheta e camorra.