Il Trianon Viviani, “teatro del popolo”, è un teatro a partecipazione pubblica della Regione Campania e della Provincia di Napoli con alle spalle una lunga storia, non sempre nobile. Prima della attuale gestione che lo ha riportato ad antichi splendori è infatti diventato un cinema a luci rosse e in seguito è caduto nel degrado totale. Oggi rivive successi insperati ma a qualcuno questo ritrovato tempio di cultura non piace.
La struttura si trova nel cuore della popolosa Forcella, povero e malfamato quartiere napoletano, e già per volere di qualcuno ha da poco perso un faro come Don Luigi Merola. Nato nel 1911, quando era in pieno lustro il teatro ha contribuito ad arricchire la cultura ospitando sul palcoscenico artisti come De Filippo, Viviani, Totò, Elvira Donnarumma e tanti altri ancora e divenendo tempio della più classica sceneggiata napoletana.
Facendo quasi una scommessa con se stesso, “portare a teatro chi non se lo poteva permettere”, Nino D’Angelo nel 2006 ne ha assunto la direzione artistica e da allora si è prodigato in mille modi non solo diffondendo la nobile arte teatrale ma anche utilizzando questo mezzo quale strumento di conquista culturale per la gente, per tutta la gente, fino a farlo amare e seguire al punto che, unico teatro in Campania, oggi vanta più di 4.000 abbonati. Non a caso uno dei primi successi di D’Angelo è stato quello di abbassare considerevolmente il prezzo degli abbonamenti per permettere a tutti di poter usufruire dei frutti del suo lavoro, a lui si deve il risultato di esser riuscito a trasformare veramente il teatro Trianon Viviani nel “teatro del popolo”.
Un sogno meraviglioso che oggi la cieca burocrazia, e forse anche l’interesse di alcuni a togliere la possibilità di riscatto di una zona della città di Napoli che già deve pagare un tributo altissimo alla camorra e al malaffare, vuole schiacciare. A chi giova togliere, una dopo l’altra, tutte le speranze di rinascita sociale e formativa a questa gente? C’è da rabbrividire pensando che la mano che compiere questo abominio è politico- istituzionale. Quali che siano le reali ragioni che oggi spingono la Regione Campania e il Comune di Napoli a rifiutarsi di saldare debiti e pagare mutui contratti oltre 10 anni fa, prima della gestione di Nino D’Angelo, oggi si assiste alla condanna al fallimento di questo meraviglioso progetto. Non si comprende il motivo di questa chiusura totale ad ogni dialogo. Regione e Provincia, che in altri casi non hanno lesinato a sperperare denaro pubblico per dubbie cause, oggi rifiutano di onorare gli impegni spingendo al tracollo una attività che è in positivo, mettendo così anche a rischio posti di lavoro di professionisti e operai affermati e validi.
La domanda che ci facciamo è: a cosa servono i fondi sociali se non vengono destinati alla salvaguardia e alla diffusione della cultura nei luoghi dove, più di tutti, questa può trarre in salvo le persone e dove si è già dimostrata strategia vincente? Purtroppo la storia è nota: la mentalità clientelare camorristica ride, il popolo piange.
Di seguito, la lettera-appello scritta dal direttore del teatro, Nino D’Angelo.
«Salviamo il Trianon, teatro del popolo»
Giorni difficili per il Trianon Viviani, teatro che dirigo da qualche anno e che rischia di
chiudere (pur avendo avuto nell’ultimo anno il numero di abbonati più alto di qualunque
altro teatro pubblico della Campania), a causa di debiti pregressi e mutui non pagati -+-
da parte dei soci Regione e Provincia ai quali abbiamo chiesto inutilmente vari incontri…
Finalmente ieri (25.07.2010) si sono presentati ma solo per portare l’idea inutile di fare
del Trianon il terzo museo della canzona napoletana
Mi chiedo, perché proprio il Trianon che va benissimo dovrebbe essere cambiato?
Forse perché a Forcella quando qualcosa funziona bisogna annientarla, altrimenti la
gente si abitua allo stare bene e non vuole più stare male.
Attenzione, onorevoli e assessori che si auto eleggono direttori artistici con idee che sono
progetti già falliti stanno per uccidere il teatro del popolo, stanno per uccidere il diritto
alla cultura per chi non ha avuto possibilità di farsela.
Hanno deciso il giorno dell’esecuzione: 20 settembre 2010, quando non ci sarà più tempo
per fare il cartellone, presentato da me due mesi fa, che oggi ho capito che non si farà
mai.
Mi stanno dimettendo, cercando un alibi bugiardo per farmi apparire inefficiente agli
occhi di chi mi stima.
Ma io non sono poi così fesso, vengo dal poco, e, crescendo, ho imparato che quando vinci
assai devono per forza farti perdere.
Ho accettato l’incarico di direttore artistico del Trianon quattro anni fa con immenso
entusiasmo e con la passione di chi conosce i sentimenti… la posta era troppo alta:
portare a teatro quella gente che per precarietà economica non ci poteva andare.
Giorno dopo giorno, passo dopo passo, con il lavoro umile di tanti, siamo riusciti a dare
una luce nuova ad un quartiere difficile, famoso solo per i pacchi e la camorra.
Io invece qui ho capito tante cose: ho capito quanto male fa la solitudine, specialmente ai
bambini che non hanno un metro quadrato di spazio dove correre e poi acchiapparsi per
vincere un sorriso, perchè a casa non ridono mai.
Qui ho capito la ‘strumentalizzazione sociale’, pane quotidiano di tanti sciacalli,
pseudointellettuali e finti assistenti disoccupati; tutti maestri di strada che non hanno
vissuto la strada, difensori di deboli che non sono mai stati deboli, inventori di progetti
senza capo ne’ coda, sovvenzionati prima ancora di essere inventati.
Qui ho capito che la libertà non esiste più per chi è stato dentro: riabilitato non lo sarà
mai e continuerà a cercare di sopravvivere sperando che non l’arrestino a Natale…
perché glielo ha promesso al figlio.
Qui ho capito che la coscienza non ci passa mai e la pazienza è stanca, proprio come il
cuore di questo teatro.
Qui ho capito che il destino non esiste, ma che altri lo costruiscono per noi ogni giorno e
noi non siamo mai noi, ma solo quello che gli altri vogliono che siamo.
Qui ho capito che l’ignoranza è una grande fonte per i potenti perché possono dire ciò che
vogliono senza essere contraddetti. Qui ho capito quanto fa bene una bugia a chi ti chiede
di aiutarlo a cambiare.
Qui ho capito che l’uguaglianza è un’utopia e che l’invidia è il sentimento che non farà mai
decollare Napoli.
Qui ho capito che l’emarginazione sta nel sorriso disperato di ogni persona che non si è
mai venduta.
Qui ho capito che non ci sarà mai un cambiamento, perché quelli che lo vogliono
veramente sono talmente piccoli che alla prima offerta si venderanno ai grandi
fregandosene dell’idealismo per cui hanno lottato.
Qui ho capito che tutti possono fare tutto, tanto “che ce vo’ ?!”.
Qui ho capito che la cultura non vogliono che sia un diritto di tutti.
Qui ho capito che un teatro pubblico con 4000 abbonati è meglio che chiude se no si
infastidiscono i piccoli privati, quelli che prendono contributi da una vita e nessuno gli
chiede mai il conto.
Per favore, ditemi che non ho capito niente!
Ditemi che non ho capito niente ma non distruggete per ‘colore’ o per un dispetto politico
ciò che è stato fatto per questo quartiere grazie a un teatro…
Questo “Teatro” che solo oggi è degno di questo nome, pensato nei disegni di qualcuno per
essere un giocattolino per borghesi nel cuore di uno dei quartiere più popolari di Napoli,
invece diventato Teatro del Popolo nel vero senso della parola;
Teatro che il popolo ha chiesto, ha voluto, amato e ama!
A presto!
Nino D’Angelo
Susanna A. Pejrano Ambivero (Milano, 06 Agosto 1971) ha una formazione medico scientifica, spesso impegnata in battaglie sociali e culturali soprattutto nell ambito del contrasto alla mentalità mafiosa. Vive nel profondo nord, a Cologno Monzese (MI), località tristemente nota per fatti di cronaca legati a 'ndrangheta e camorra.