Non intendo certo fornire qui risposte esaurienti e definitive sulla questione, che, nonostante tutti gli sforzi e i tentativi esperiti e messi in campo, perlomeno da un secolo a questa parte, rimane un rebus irrisolvibile, per la medicina, la psicologia, la sociologia e l’antropologia, sia nella sua eziologia che nel suo svolgimento esistenziale. Non ne posseggo i mezzi e i metodi e non sono nemmeno tanto arrogante da tentare una simile operazione. Esprimerò pensieri da omarino del vicolo e getterò solo qualche pietruzza nello stagno, senza poi nascondere il braccino. Ora, a parte che trovo più corretto parlare di omoerotismo – spostando così l’aspetto della pulsione dalla fisicità allo psichismo -, hic et nunc, siamo tutti omofobi, chi più chi meno, soprattutto gli strombazzatori di tolleranza, chi si straccia abiti e biancheria intima pro-gay ed i tamburini di accettazione degli omo.
Non si fa che ripetere un repertorio di stereotipi triti e ritriti, di barzellette e battutacce da osteria e da bar; però, spesso, confessiamolo, anche i più morigerati e tolleranti, ne usano ed abusano, li prendono sul serio o, perlomeno, ci giocano, anche se poi le regole del gioco sono variabili, nel tempo e nello spazio. Non vogliamo riconoscere che in tutti noi, ab origine, è nascosto un quid di omo; ognuno di noi, grazie a Dio, ha in sé una parte di femminino, ereditata, magari, non tanto dalla madre, quanto proprio dal padre. Nessun maschio è tale al 100%; siamo tutti omosessuali, che poi transitano, ad una certa età, in seguito a certe occasioni, a determinati incontri, verso l’eterosessualità o rimangono sulla sponda originaria. Nasciamo tutti dotati di una disponibilità erotica amplissima, rivolta prima di tutto verso noi stessi, poi verso tutto e tutti; e solo grazie all’edu-castrazione sociofamiliare diventiamo poi etero od omosessuali.
Essere omo od etero, in sé, non significa nulla; solo se poi pratichiamo male l’uno o l’altro orientamento, la faccenda diventa riprovevole. Io stesso, nel corso del cammin della mia vita, sono stato concupito da qualche gay, per altro in modo corretto ed educato; poi non ho praticato, ma non mi aveva scandalizzato pensare che ero piaciuto anche ad elementi del mio sesso; melius abundare quam deficere! Temiamo di sentirci, noi maschietti “normali”, anche solo un tantino omo, solo perché tali siamo tutti, in potenza, ed occorre solo una particolare occasione per passare all’attuazione. Anche la cosiddetta omosessualità sublimata, ad occhi esperti, si rivela attraverso opere e produzioni creative.
Qualcuno ha notato che, persino nella Bibbia, ci sono solo sei riferimenti negativi contro i sodomiti e ben 362 di condanna per gli etero scatenati. E diciamoci la verità, che su un gay che fa coming out, ce ne sono poi dieci che non osano e ben cento che non lo vogliono confessare nemmeno a se stessi. Inoltre, la cosiddetta sessualità, in potenza ed in atto, non esiste di per se stessa, è una nostra personale creazione, che dura per tutta l’esistenza, con apporti sempre nuovi e stuzzicanti, fin da giovanissimi, e meno male… Solo una sana e consapevole libidine salva i giovani dallo stress e dell’Azione Cattolica, cantava giustamente Zucchero.
Ciò quale che sia l’orientamento, il mondo è bello perché è vario, specie sotto le lenzuola o sui sedili di un’auto. Il gay gode di un innegabile incremento nello sviluppo del gusto e del senso estetico ed è capace di un senso dell’amicizia con legami di sorprendente tenerezza, per cui proclamare, anche e soprattutto da parte di un Pontefice, e sono stati in parecchi a farlo, che l’omosessualità è un obbrobrio e che è contro natura, è una sciocchezza ridicola; omo ed etero esistono dalla notte dei tempi e sempre esisteranno. Inoltre, significa voler ridurre un essere umano alla sola zona dei genitali ed all’uso che se ne fa. E come la mettiamo, poi, con i sacerdoti omo e pedofili e per le spose di Cristo, seguaci dei metodi della monaca di Monza? Per quelli esiste sempre una giustificazione ed una scappatoia, non è vero? L’omosessualità, citava Grillini, logora solo chi non ce l’ha e si affanna a negarla e ad esorcizzarla dal corpo e dalla mente.
Non è un problema da risolvere, non esistono dei Luca da guarire, come nella canzone di Povia. Bisogna però riconoscere che il gay soffre di una certa discontinuità socio-culturale, trovandosi sempre, al momento della scoperta dei suoi orientamenti sessuali, a dover ricominciare da capo, senza essere mai supportato da una comunità ben compatta, nel tempo e nello spazio, che lo sorregga, moralmente e spiritualmente, e nella quale lasciare, per i posteri, i segni della sua personale esperienza. L’omosessualità, concludo e ribadisco, ritengo che sia sempre presente e congenita; solo più tardi viene rimossa e repressa, anche se mai totalmente ed a fondo.
Chi poi è ricco, viene definito solamente come eccentrico, non come gay, mentre il poveraccio rimane pur sempre un frocio, o un finocchio, perlomeno. Per tutti gli etero duri e puri, l’omosessualità permane, perlomeno qui ed ora, un tabù temibile, impronunciabile, da esorcizzare e scacciare nelle tenebre e nel più profondo dell’Inconscio, da cui tende però sempre a risalire in superficie, stramaledettamente. Ciò proprio in virtù del fatto che fondamento di ogni tabù, di questo in particolar modo, è sempre un’azione proibita, verso la quale esiste, comunque, nell’inconscio pubblico e privato, una forte attrazione. La prima gallina che canta, ha fatto l’omo.
Franco Bifani ha insegnato Lettere in istituti medi e superiori dal 1968 al 2003. Da quando è in pensione si dedica essenzialmente alle sue passioni: la scrittura, la psicologia e il cinema.