È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …
L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …
“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …
Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …
A teatro sono "o-sceni" - cioè avvengono dietro le quinte, di nascosto - i giochetti di potere, gli scambi di cortesie, i favoritismi, i bordereaux falsi, i mancati pagamenti degli attori, l'imboscamento degli incassi. Dire che esistono anche questi fenomeni significa fare politica: solo così si coltiva la creatività e si consente alle menti di mantenersi fertili
Non c’è cultura senza indignazione: e allora raccontiamo i retroscena imbarazzanti dei palchi italiani
Quello che segue è il discorso “Per la cultura” che Saverio Tommasi ha tenuto al teatro Puccini di Firenze lo scorso 21 febbraio, alla vigilia della manifestazione per la dignità delle donne.
Buongiorno a tutte e a tutti, come si diceva un tempo e come ripeto oggi (“a tutte e a tutti”) perché non è una retorica modalità di saluto del tempo che fu, ma una forma di riconoscimento di metà della platea, donne e uomini, che spero di rivedere in piazza domani alla manifestazione per la dignità delle donne: “Se non ora, quando?” perché non c’è cultura, se non si parte dal riconoscimento dell’altro e dell’altra.
Noi attori ne abbiamo molte da farcene perdonare, per secoli abbiamo rubato la scena alle donne, con il consenso di leggi scritte da uomini che vietavano alla metà del cielo più uno, di salire sul palco.
Non c’è cultura senza incazzatura. E non è una volgarità, perché parlo dal palco. Sapete che o-sceno significa ciò che avviene fuori scena, ciò che si nasconde, che non si vuole mostrare. Osceni sono i giochetti di potere, gli scambiettini teatrali, i favoritismi, i bordereaux falsi, non pagare gli attori e tenersi gli incassi. O-sceno è dire a un giovane: “Vabbe’, non ti paghiamo ma così ti fai conoscere!”.
Più centri di produzione non possono essere accorpati sotto direzioni artistiche uniche, altro esempio. Dobbiamo riappropriarci della rabbia fuori dall’estetica. Gli spettatori vanno bene durante un concerto o uno spettacolo, per il resto abbiamo bisogno di protagonisti partecipi. Per questo ringrazio il Teatro Puccini, ringrazio gli organizzatori di questa due giorni e accarezzo voi che ascoltate, perché se sarà possibile costruire un futuro diverso questo dovrà passare dal riconoscersi fra realtà differenti, grandi o in crescita, consolidate o in formazione. Il futuro sarà possibile solo attraverso la collaborazione, oltre i muri e al di là della paura di perdere porzioni di potere e spicchi di terre conosciute ma per questo anche già battute.
Dobbiamo coltivare la fertilità! Politica della speranza non significa sperare che le cose vadano meglio, ma credere in cose che ancora non si vedono, nel fatto che la cultura possa essere rimessa al centro dell’agenda politica, perché la cultura è declinabile nell’ambiente, nella scuola, nell’informazione, nella libertà, parole di cui dobbiamo riappropriarci, perché prima si impadroniscono delle parole e poi ci tolgono i significati.
A marzo debutterà la quarta stagione di teatro alla Cabina Teatrale. Cabina Teatrale è un bruscolo di spazio di cui sono proprietario ma che gestisco in forma aperta e polivalente. La stagione è realizzata attraverso Libero Circuito, una rete teatrale toscana indipendente. Cabina Teatrale nell’ultimo mese ha ospitato una famiglia rom sgomberata dal campo di Quaracchi, perché credo davvero che la cultura si definisca nella sua capacità di intrecciare la vita, sorreggendola nel bisogno. Non ve lo racconto perché ne sono fiero, ma perché ne sono convinto.
Concludo con una proposta di cattivo senso. Perché il “buon senso” è fallimentare. Il buon senso ci consigliava di fare un altro mestiere, e io invece in questo mestiere di attore ci credo. Mi piacerebbe che i direttori artistici si impegnassero a favore di una minima quota di accesso per le nuove realtà emergenti. Per esempio l’inserimento di un pittore ancora sconosciuto in una mostra, o di almeno una giovane compagnia nei cartelloni di tutti i teatri pubblici.
Lo dico con chiarezza: non credo si possa fare “da domani”. Ma credo che “da oggi” questo germoglio di bambù debba essere coltivato. Per sbocciare il bambù giapponese impiega sette anni. Sette anni sotto terra che non sono di attesa, ma di elaborazione vitale, di discussione, di giornate al Puccini come questa. E poi, un giorno, capita che il pubblico veda fiorire quello che qualcuno ha coltivato per anni. Perché ancora una volta siamo chiamati al nostro mestiere: progettare ciò che non si vede, dare corpo ai sogni e gambe al cambiamento.
Saverio Tommasi è attore e autore di libri e spettacoli di teatro civile. Realizza inchieste video di taglio giornalistico, anche con telecamera nascosta.
Il suo pensatoio è http://www.saveriotommasi.it.
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Commenti
Mauro Matteucci
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Grazie Saverio, ancora una volta hai saputo dire da artista sensibile al sociale cose di estremo valore.Le tue parole mi ricordano un grande maestro, don Lorenzo Milani: “E allora il maestro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i <> indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso…”
Mauro