Gli operai di Termini Imerese, ormai virtualmente fuori dalla fabbrica FIAT, rimpiangono la forza territoriale della mafia, oggi indebolita, che a loro dire non avrebbe mai permesso la chiusura dello stabilimento se fosse rimasta forte.
Al Nord Italia buona parte della classe operaia ha votato Lega, ma questa bella pensata non l’ha salvata da crisi, delocalizzazioni all’estero, immigrazione voluta dai padroni, licenziamenti, fallimenti, tutti effetti perversi della globalizzazione.
A livello sindacale sono 50 anni che quei farlocchi di operai sono divisi tra loro da sigle che sono sigle politiche (CISL dei cattolici, CGIL della sinistra, UGL fascisti, UIL liberali, repubblicani), tutte ampiamente vendute e preoccupate solo di mantenere il loro ruolo, sempre tese a impedire la costituzione del Sindacato Unico dei Lavoratori, unico antagonista possibile del sindacato unico dei padroni che è la Confindustria.
La casta politica, e in sinergia la sottocasta sindacale, da sempre convergono nell’obbiettivo di impedire l’Unità dei Lavoratori e la loro autonomia. Sono 50 anni che ci riescono, con l’unica eccezione della sberla subita nel 1968, quando una avanguardia operaia guidò la lotta, culminata con la conquista dello Statuto dei Lavoratori, mise da parte le corrotte Commissioni Interne gestite dai Sindacati, sostituendole con i Consigli di fabbrica, movimento che fu spento e riassorbito dalla azione massiccia dell’apparato sindacale e dalla riscossa padronale.
Da allora in poi i lavoratori non hanno visto che sconfitte, emarginazione sociale e culturale, precarietà, aumento dei carichi di lavoro e dei morti per incidenti, lavoro nero, concorrenza degli immigrati, rassegnazione, fino alle pretese schiaviste del signor Marchionne e all’art, 8 dell’ultima manovra finanziaria che consente i licenziamenti.
Un gigantesco apparato, finanziato dalle tessere sindacali pagate dai lavoratori, con molti soldi a disposizione, con migliaia di funzionari, sedi, ha guidato i lavoratori di sconfitta in sconfitta e tutti fanno finta di non accorgersene.
Eppure il meccanismo è semplice, quasi banale. Se tu sei una avanguardia in fabbrica, io sindacato ti propongo come delegato, con distacco sindacale, ti tolgo dalle linee di produzione, ti do un po’ di soldi, ti metto in mano una 24 ore, ti insegno a parlare sindacalese, ed ecco che da incendiario diventi moderato e soprattutto tornerai in fabbrica solo per qualche riunione.
Inutile dire che l’obiettivo diventa quello di fare il sindacalista a vita, si diventa inamovibili e molto solleciti a sposare la linea politica della dirigenza.
Ci sarebbero effetti molto diversi semplicemente stabilendo una regola ferrea: il sindacato è un movimento, non un partito, e chiunque può ricoprire il ruolo di rappresentante dei lavoratori e quindi da loro eletto, solo per due mandati di 4 anni ciascuno, senza aumento di stipendio, per poi tornare nel proprio posto di lavoro, per godere magari di qualche miglioramento ottenuto con il proprio impegno.
Questo ad ogni livello dirigenziale, come dovrebbe essere anche in politica, diventando ineleggibili dopo due mandati parlamentari
Solo quella che viene definita “antipolitica” chiede queste cose, e se le Caste stendono un cordone sanitario di silenzio e di dileggio su queste proposte, vuol dire che le temono come la peste perché significherebbe la scomparsa delle cricche e dei professionisti di una politica vecchia, schifosa, mercenaria, che ha nauseato la maggior parte delle persone perbene.
Paolo De Gregorio, nato a Roma, ha lasciato l'attività professionale e la grande città: oggi abita in Sardegna, dove ha realizzato un orto biologico. Partecipa alla vita politica e sociale pubblicando on line riflessioni e proposte.