Al binario 1 della stazione di Santa Maria Novella non partono solo treni. C’è per lo più gente molto distratta che allunga il passo per non perdere la coincidenza. Trattandosi del binario adibito per i collegamenti regionali, qui non c’è infatti mai nessuno che saluti calorosamente parenti appena arrivati o in partenza per lunghe distanze, non c’è emozione per chi arriva e per chi va… solo a volte qualcuno ti urta e prosegue veloce, senza nemmeno scusarsi.
Anche se le stazioni, da sempre, sono tra i luoghi non luoghi quelli più umani e densi di vita, perché ogni viaggio, pur se piccolo e ogni giorno uguale, è sempre una piccola avventura fuori dall’abitudine, forse perché nasconde la possibilità, sia pure minima, dell’imprevisto. Eppure sembra non succeda niente di straordinario e ognuno si porta misteriosamente dentro i suoi pensieri inquieti. Eppure c’è qualcuno che non sale sul treno, anche se sembra aver l’aria di venire da molto lontano.
A volte sono soli, a volte è una famigliola, vestita poveramente, ma dignitosa, come nei racconti di Dickens, spesso con uno o due bambini piccoli, che entra in quel posto con un nome strano… ecco c’è l’etichetta piuttosto grande, accanto alla porta, non è un ufficio qualsiasi: ACISJF, c’è scritto, è il nome di un’associazione internazionale, e qui è un centro di ascolto, un help center rivolto alla prevenzione del disagio, ovvero all’integrazione e alla promozione… di esseri umani in difficoltà, senza lavoro e senza casa, senza fare nessuna differenza tra chi ha la cittadinanza e chi no, tra chi è bianco o di colore, tra chi è bello e chi è brutto. Chi li accoglie sono angeli del nostro tempo, volontari che spendono una giornata o anche di più a settimana per dedicarsi con amore a chi non ha nulla o non sa cosa fare della propria vita, che vorrebbe sbattere La testa al muro per essere nato, o per essere venuto fin qui e non trovare che indifferenza, o per aver sbagliato strada senza accorgersene, o per essersi perso, semplicemente, proprio tra un binario e l’altro, in una notte più buia delle altre, come in un tunnel che sembra non aver mai fine.
Loro, gli angeli, sorridono, incoraggiano, propongono indirizzano, spesso risolvono i problemi insolubili, ma solo per poco, qualche volta ottengono risultati da fiaba, molte volte raccontano la delusione, l’attesa delusa, l’impossibilità, perché le strutture di accoglienza non bastano, spesso sono inadeguate, spesso sono improvvisamente chiuse , anzi “evacuate”, terribile espressione, sa di fatiscenza, ma a volte anche di intransigenza. Si sgomberano locali igienicamente inadeguati, o non sicuri, certo, ma non si danno altre soluzioni, e spesso si deve scappa via non si sa dove… Forse stato così per Argentina, mi raccontano, strano nome per una donna che non viene dall’America latina ma dalla Romania, con marito senza lavoro e due, forse tre bimbi piccoli… Ma anche se andassero a scuola non avrebbero più diritto a rimanere qui per loro.
Argentina l’ho incontrata una settimana fa, la mattina presto, col bambino in braccio,mi chiedeva della Caritas, ma eravamo nei pressi della stazione e l’ho indirizzata al centro di ascolto del binario 1. Ho saputo poi che il marito era anche riuscito a trovare subito un piccolo lavoro… stavano alloggiati all’ex ospedale Luzzi, ma ieri la notizia sul giornale: i locali sono stati sgomberati. E non abbiamo più avuto sue notizie.
Gli angeli del binario 1 sanno di non poter fare miracoli, ma la loro preoccupazione ci tocca come un esempio di umanità autentica. Non dimenticano nessuno, per loro le persone non sono numeri che passano, e sappiamo che faranno di tutto per avere notizie di Argentina, anche se forse potranno solo dirle – ma non sarà nulla – una parola di solidarietà.
Giusy Frisina insegna filosofia in un liceo classico di Firenze