Mosca – Qui fa troppo freddo per protestare: ma è questa la vera ragione? Il termometro è sceso a meno 26. I moscoviti non scenderanno in piazza a migliaia come gli amici del Nord Africa. Ci sarebbe da protestare per molte cose. Ma fa freddo.
Alcuni temerari, alcuni giorni fa, hanno appeso un poster di un sorridente Khodorkovsky. L’oligarca “simpatico” ora in galera non per i soldi guadagnati “non-si-sa-come” ma per aver pestato i piedi politicamente al sig. P. Contrapposta alla sua immagine una foto taroccata del super macho locale impietosamente dietro alle sbarre! È durato poco, giusto il tempo di uno sguardo veloce di qualche moscovita che ha sbirciato di soppiatto. Poi Kh è sparito. A dire il vero a Mosca un posto c’è dove alcune persone si ritrovano per manifestare ogni 31 del mese ( art 31 della costituzione russa: libertà di riunione). È Piazza Puskin.
I russi venerano Puskin. È il poeta innamorato della libertà. Uomo d’altri tempi, morì in un duello per una donna, sua moglie! A Mosca il nome è legato a un teatro, a una fermata della metro, a un museo, a una fontana, a una strada, a un famoso ristorante e per finire a una piazza. Dopo la Piazza Rossa, piazza Puskin è sicuramente la più pregna di significati, storia con un fascino d’altri tempi. C’è la statua del poeta , estremo critico del regime zarista, e l’incisione sul piedistallo (per anni censurata) dice “nel mio secolo crudele cantai la libertà”.
Oggi la piazza racchiude tutte le contraddizioni di Mosca. Accoglie le manifestazioni a favore dei diritti umani, le proteste per la diminuzione degli standard di vita, le speranze per lo stop alla deforestazione, la solidarietà ai giornalisti aggrediti. Molte persone si incontrano ogni 31 del mese ( purtroppo non tutti i mesi hanno 31 giorni) accendono candele, cartelli al collo, protestano a volte pacificamente altre un po’ meno ma sempre sotto lo sguardo vigile-annoiato delle camionette degli Omon la polizia anti-sommossa. Alcune volte finisce male, manganelli, arresti.
Piazza dove si incontrano molti paradossi moscoviti: la sede del giornale Izvestia (Notizie), l’ex giornale della società petrolifera Gasprom passato di mano ma sempre filogovernativo, il Mc Donald’s più grande del mondo (naturalmente) e il Cinema Rossja architettura più pacchiana del mondo. Il tempio americano del panino è una delle conquiste più avanzate della gioventù locale. Il 31 gennaio del 1990 in fila per mangiare hamburgher vi erano più di 5000 persone. Per la propaganda di Gorbaciov fu un colpo da maestro. Questo dimostrava che i russi volevano l’occidente più di ogni altra cosa. Volevano le nostre merci, il nostro cibo anche se calorico e poco salutista. Volevano vedere tutti i nostri film, non solo “La corazzata Potermkin” e racconti che non infastidivano i governi di turno.
I simboli occidentali hanno cancellato le immagini del passato. Il primo cartellone pubblicitario della Coca Cola, venti anni fa, mandava in pensione una ballerina stilizzata con falce e martello. Mosca nasconde le mostruosità del passato col lifting della “modernità”, un bel po’ di botulino per cambiare i connotati e rendersi presentabile. Ma c’è freddo, tanto freddo. Gli scamiciati delle strada di Bengasi, Tripoli, Cairo e Tunisi restano immagini di un mondo che prova a cercare una democrazia concreta. Ma a Mosca appena sgela forse nevica. Tutto qui.
Daniela Miotto insegna a Torino, dove vive quando suo marito non la trascina in giro per il mondo. Attualmente abita a Mosca senza conoscere una parola di russo. Sbircia il mondo a volte senza capirlo, ma è convinta che curiosare sia una delle attività più stimolanti e divertenti che si possano fare