Cominciamo dalla fine (questo non è un giallo e a ben guardare si sa già chi sono gli “assassini”): «Il mondo delle idee è un campo di battaglia nel quale, come in politica, il vuoto non esiste, e lo spazio se lo piglia chi mette in campo proposte e visioni (quanto maggiormente capaci di “conquistare” le masse, naturalmente). Si dovrebbe cominciare, allora, moltiplicando il più possibile gli anticorpi e, contestualmente, costruendo delle narrazioni alternative […] secondo un sistema di valori che non si fondi sull’individualismo selvaggio e la dittatura del consumo».
È uno stralcio dell’«epilogo (quasi) ottimista» al libro «L’egemonia sottoculturale. L’Italia da Gramsci al gossip», uscito per Einaudi poche settimane fa e scritto da Massimiliano Panarari, saggista e docente di comunicazione pubblica e politica. In un periodo in cui tra scrittori e intellettuali rimbalza il dibattito o, meglio, l’appello ad abbandonare le case editrici afferenti al presidente del consiglio dei ministri – non che sia una novità, forse stavolta i toni sono solo più veementi visto il casus belli, la contrattazione fiscale favorita da una cosiddetta “legge ad aziendam” – Panarari parte in tromba dichiarando una défaillance: l’abbandono della tenzone culturale della sinistra. Una tenzone che a lungo è passata per i luoghi collettivi (a iniziare dai consigli di fabbrica) contribuendo a creare una coscienza condivisa del proprio “essere classe”.
Poi, però, sono arrivati gli anni Ottanta. Da cui – canta Manuel Agnelli con gli Afterhours – «non si esce vivi». Ed è vero. Intendiamoci, gli anni Ottanta non sono una punizione divina piovuta dal cielo su novelle Sodome e Gomorre dell’estremismo extraparlamentare, ma sono stati un effetto voluto e perseguito. E lo spiega bene Panarari quando attacca a raccontare della «controrivoluzione televisiva» e dell’«appuntamento al Drive In». Un drive grottesco tanto quanto quello che dà il titolo al forse più famoso romanzo di Joe R. Lansdale, ma sicuramente ben più massivo, negli effetti e nella portata quantitativa. Perché, si badi bene, una cialtroneria che si rispetti, condivisa e assimilata a sufficienza da diventare life style, direbbero gli anglosassoni, non è cosa che si improvvisa.
E in questo libro ci sono tutti i riferimenti culturali mescolati per generare l’universo degli «uomini e donne» che consegnano via piccolo schermo lettere più che personali e che giocano il gioco della seduzione come moderni gladiatori (in senso storico-romano, non militare-clandestino) a suon di inflessioni dialettali.
Dal situazionismo al dandysmo, da Jacques Derrida a Gilles Deleuze a Marshall McLuhan, ecco alcuni esempi di movimenti e intellettuali che vengono studiati e adattati – con feroce darwinismo politico-sociale – all’esigenza dell’anestesia massiva. Ci dispiace per chi pensa che sia stata un’operazione facile, tutt’altro, e di certo alcuni degli artefici di questa controrivoluzione (come Antonio Ricci o Alfonso Signorini) sono tutto fuorché dei cretini. Anzi. E allora, torna a concludere (quasi) ottimisticamente Panarari, «la sinistra ci provi, orsù, a sviluppare un nuovo, postmoderno, progetto di egemonia (almeno vagamente) culturale volto a contrastare ad armi pari l’attuale “regime ircocervo”. È un tentativo rinviato, stoltamente, da troppo tempo, al punto che ne abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi esiti e conseguenze». Che sia arrivato davvero il momento di cogliere l’invito di Massimiliano Panarari?
Antonella Beccaria è giornalista, scrittrice e blogger. Vive e lavora a Bologna. Appassionata di fotografia, politica, internet,
cultura Creative Commons, letteratura horror ed Europa orientale (non
necessariamente in quest'ordine...), scrive per il mensile "La Voce delle voci" e dal 2004 ha un blog: "Xaaraan" (http://antonella.beccaria.org/). Per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri - per la quale cura la collana "Senza finzione" - ha pubblicato "NoSCOpyright – Storie di malaffare nella società dell’informazione" (2004), "Permesso d’autore" (2005),"Bambini di Satana" (2006), "Uno bianca e trame nere" (2007), "Pentiti di niente" (2008) e "Attentato imminente" (2009). Per Socialmente Editore "Il programma di Licio Gelli" (2009) e "Schegge contro la democrazia" (con Riccardo Lenzi, 2010). Per Nutrimenti "Piccone di Stato" (2010) e "Divo Giulio" (con Giacomo Pacini, 2012)