La lettura del titolo, su Domani, del saggio della Gaiotti De Biase, mi ha riportato a considerazioni che rimugino da quasi 40 anni, dai tempi del libro della Gianini Belotti, “Dalla parte delle bambine”. Effettivamente, la manichea separazione di maschile e femminile come poli opposti ed inconciliabili, categorie impenetrabili, monadi leibniziane, derivanti da fattori innati e naturali, è risibile, mentre è piuttosto riferibile a condizionamenti sociali e culturali; non ci sono qualità superiori maschili ed altre inferiori, femminili, ma solo peculiarità e proprietà umane. Nessuno di noi è maschio o femmina al 100%, né fisicamente, né psichicamente; mantiene invece in sé caratteristiche psicofisiche di entrambi i sessi. Mi perdonino questa blasfema convinzione sia i maschi machi sia le femminucce, che scutrettolano ad evidenziare ed ostentare le loro rotondità. Non si può restare ancorati ad un sessismo granitico, al dato biologico, alle differenziazioni anatomiche – non di sola carne è fatto l’uomo, ed anche la donna-, e nemmeno a certi stereotipi su animus ad anima, su attività e passività, come ferreamente ascrivibili a tutte le donne e ad ogni maschio. La faccenda dell’invidia del pene ha fatto il suo tempo; esiste forse un desiderio di vulva, da parte maschile? Forse che sì, forse che no, ma nessun maschio lo confesserà mai. E chi crede più, oramai, alla passività femminile, alla sua predisposizione al masochismo, alla donna gelosa ed invidiosa per antonomasia, al suo scarso senso della giustizia? Le donne, per millenni, hanno interiorizzato quei valori e disvalori su cui i maschi hanno costruito la loro civiltà e cultura. Purtroppo la differenziazione puramente genitale dei sessi è stata, per milioni di anni, il punto cardine dell’opposizione maschio-femmina, mentre nessuno si è appuntato, ad esempio, sulla differenza dei ruoli nella funzione riproduttiva; la femmina ha un’innegabile superiorità nella capacità di generare una vita, intensamente invidiata da parecchi maschi. Il lavoro maschile nasce, probabilmente, dal desiderio di compensare il ruolo marginale del maschio nella procreazione di esseri viventi. La società e la cultura maschili, basate sulla compensazione di questa deficienza biologica, rendono infatti ostico e difficoltoso l’ingresso sociale delle donne, a pieno titolo, in un mondo dominato e controllato dal maschio. La bimba è esposta, fin dalla nascita, alle suggestioni indotte della sua supposta debolezza ed inferiorità, ed un certo masochismo femminile è causato dal blocco ancestrale, imposto alle donne, della propria espansività e sessualità, da una lunga storia di dipendenza economica dall’uomo, dalla loro costante relegazione in sfere esistenziali basate unicamente sui legami affettivi ed emotivi, come la condizione di “angelo del focolare”. Succede così che, nelle donne realizzate in senso “mascolino”, le cosiddette donne-managers, possa insorgere un conflitto interno che incrina le millenarie modalità esistenziali al femminile, per cui esse non riescono ad entrare, a pieno diritto, nel santuario maschile e nel sancta-sanctorum virile. Ho letto alcuni interventi, su L’Unità, della De Biase, ed ho notato che anche lei lamenta il fatto che, ancora oggi, dopo la lunga vicenda del femminismo, della condizione subordinata delle donne si parla a vanvera, molto spesso, tra sondaggi, slogans, raccolta di firme, cortei, specchietti per allodole in clima di propaganda elettorale. Io ricordo le femministe anni ’70, ma le trovavo spesso patetiche, con quelle baracconate e caricature che banalizzavano il sesso, vedi indice e pollice delle mani uniti a mimare la vagina e lo slogan “Il corpo è mio e lo gestisco io”; oltre gli organi genitali c’è ben di più! Ora, comunque, si è passati, da parte di parecchie donne, dell’età delle loro figlie e nipotine, alla prostituzione ai fini della carriera, per cui il corpo se lo gestiscono anche troppo bene. Fin che il femminismo, che sia di provenienza UDI od UDACI, avrà come punto di riferimento, per opposizione od attrazione, il comportamento maschile, cui sostituirsi ed identificarsi, scimmiottandolo, o da negare in toto, non ci saremo mai. Il passaggio di mano da un sesso all’altro del dominio, del possesso e del controllo del mondo sociale è distruttivo e non costruttivo ed alternativo. Continueranno il mobbing, lo stalking, gli stupri di gruppo tra “amici”, il bullismo, il machismo. Anche la tanto invocata parità in politica delle cosiddette “quote rosa”, diviene, a volte, ridicola; vogliamo puntare alla quantità od alla qualità? Nel partito di maggioranza, di che stoffa e di quale spessore umano sono molte parlamentari, nazionali od europee, tanto care al papi di Arcore? Le donne devono finalmente guardarsi dentro per scoprire la loro originalità preziosa ed unica, le differenze che le rendono altro dal maschio, come asseriva anche Carla Lonzi, e le peculiarità che le contraddistinguono e caratterizzano magnificamente e irripetibilmente. Parafrasando Sant’Agostino, potrei consigliare alla donna che mi legge: “Noli foras ire, in te ipsam redi; in interiore foemina habitat veritas!”, ossia, “Non andare fuori da te, ritorna in te stessa; all’interno della donna abita la verità”.
Franco Bifani ha insegnato Lettere in istituti medi e superiori dal 1968 al 2003. Da quando è in pensione si dedica essenzialmente alle sue passioni: la scrittura, la psicologia e il cinema.