L'esempio della Francia dove i Verdi sono una realtà concreta, espressione della borghesia liberale e progressista delle nuove generazioni. Ma in Italia esiste la borghesia?
Quando i socialisti sono socialisti e per vincere non corrono a destra
15-03-2010
di
Pietro Ancona
Il successo dei socialisti francesi ed di tutto il fronte della sinistra e la notizia del probabile rinvio alle Camere di Napolitano della famigerata legge 1167 sono le buone notizie. Buone notizie precedute dalla riuscita della manifestazione del 13 marzo per la legalità e la democrazia che ha gettato un collante tra le tante forze che si oppongono al regime berlusconiano.
In Francia il successo dei socialisti nasce dalla vittoria al Congresso di Reims di Martine Aubry su Ségolène Royal. La Aubry aveva legato il suo nome alla legge sulle 35 ore e alla Cmu (copertura sanitaria universale) varate su sua proposta nel 1999 dal Governo Jospin. Si tratta di due fondamentali conquiste sociali di inestimabile valore civile che hanno dato tratti nobili e umani alla Francia anche se Sarkozy le ha manomesse senza tuttavia riuscire a cancellarle. La Ségolène Royal, ammiratissima da Veltroni e dagli ex comunisti italiani, voleva sostituire alla ideologia socialista la dottrina liberista della deregulation dei rapporti di lavoro, della riduzione del welfare e del massimo allineamento all’atlantismo. Voleva plastificare l’immagine della leadership socialista per contrapporla a quella di Sarkozy e della sua Barbie di lusso in un gioco meramente massmediatico, volatile, da ostentare ad un pubblico passivizzato dalla tv ed indotto ad ammirare la ricchezza, il potere, l’eleganza dei ricconi.
A differenza di quanto mostrano di credere gli esponenti del PD, la percezione della differenza dalla destra favorisce la sinistra. Una sinistra che, per vincere, diventa destra non solo non vince ma anche se vince perde e amministra per conto di altri. Il PD si è allineato alla destra italiana quasi su tutto ad eccezione naturalmente delle questioni della legalità e della corruzione. Ha accettato e fatte proprie le politiche di privatizzazione e di disgregazione del diritto del lavoro. Inoltre, mentre nascono dubbi in Europa e negli stessi Usa, sulle sanguinose guerre coloniali dell’Afghanistan e dell’Iraq, finge di continuare a credere nella grottesca favola-alibi del terrorismo e di Al Quaeda. Partecipiamo ai massacri di intere popolazioni per difendere l’Italia dal terrorismo! Fassino e D’Alema si distinguono in oltranzismo. I socialisti francesi sono lontani da queste degenerazioni identitarie degli ex comunisti italiani.
La vittoria dei socialisti francesi è accompagnata dal successo dei verdi e dei comunisti. Questi ultimi, come i comunisti italiani, hanno la malattia della divisione. Insieme sono circa il nove per cento che non è poco se fosse compatto perché rafforza la propensione di sinistra dei socialisti. I verdi sono in gran parte espressione della borghesia liberale e progressista e delle nuove generazioni che avvertono la gravità incombente della questione ecologica assai di più della tradizionale sinistra spesso intrisa di economicismo e portata a subire l’inquinamento per salvaguardare i posti di lavoro. Ma la crescita della green economy sta aprendo nuovi orizzonti anche all’operaismo conservatore.
La notizia del possibile rinvio alle Camere della legge 1167 è frutto della civilissima pressione esercitata in questi giorni dalla stampa, dalla cultura giuslavoristica e dei costituzionalisti, al passo compiuto sul Quirinale dalla delegazione della Federazione della Sinistra, dal fatto che, contrariamente alla burocratica posizione della Camusso e di altri dirigenti della CGIL, la questione dell’art.18 ha fatto irruzione nello sciopero del 12 marzo, caratterizzandolo assai di più del fisco che voleva esserne il cuore.
Credo anche che sia la prova del valore delle critiche senza timori reverenziali. Il Quirinale sta assai attento agli indici di popolarità e si era allarmato dopo l’approvazione del decreto governativo sulle elezioni, del loro precipitare in basso. Dobbiamo essere grati a Di Pietro per la franchezza con la quale ha criticato il Presidente mettendolo nelle condizioni di massima attenzione e sensibilità per il suo ruolo di custode della Costituzione.
La legge 1167 è stata costruita con la collaborazione di sindacati che si possono definire “gialli” quando partecipano al misfatto legislativo studiato per rendere impossibile al lavoratore di difendere i suoi diritti ricorrendo alla Giustizia come è consentito a tutti i cittadini. Credo che il Presidente farebbe bene a rileggersi tutte le normative di lavoro emanate negli ultimi anni per rendersi pienamente consapevole di quanto siano figlie di una odiosa furbizia avvocatesca per svuotare o aggirare fondamentali diritti e renderne l’accesso impossibile. Una legislazione figlia di un gruppo di parlamentari e di giuslavoristi che hanno staccato il diritto del lavoro dallo spirito della Costituzione fingendo di rispettarne la regola. A questi signori appartengono anche importanti personaggi del PD come Ichino.
Già membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL, Pietro Ancona, sindacalista, ha partecipato alle lotte per il diritto ad assistenza a pensione di vecchi contadini senza risorse, in quanto vittime del caporalato e del lavoro nero. Segretario della CGIL di Agrigento, fu chiamato da Pio La Torre alla segreteria siciliana. Ha collaborato con Fernando Santi, ultimo grande sindacalista socialista. Restituì la tessera del PSI appena Craxi ne divenne segretario.