La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

di

È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

di

L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

di

Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

di

Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Italia »

Quando il principe condanna a morte il buffone di corte, l’amato Brunettin

20-06-2011

di

Il bel Rene' - Illustrazione di Adescalco MarangoniLeggendo la recente impresa di Renato Brunetta mi è venuto in mente, forse per deformazione professionale, un celebre racconto di Baudelaire che narra il tragico destino e la messa a morte di un buffone di corte da parte del suo Principe. Lo voglio riportare qui, questo racconto, opportunamente sfrondato ma di pochissimo mutato nella sostanza, perché ciascuno possa riflettere sulla sorte che attende i buffoni di corte quando poco, poco si vogliano liberare dal giogo che li opprime. Per rispetto della privacy (anche i personaggi letterari hanno la loro) metterò al buffone un nome di fantasia, tanto più che questo nome calza a pennello con quello di un buffone. Ma ecco il racconto.

Brunettin era un ammirevole buffone, e quasi un amico del Principe. Ma per le persone che si dedicano per professione alla comicità le cose serie esercitano una fatale attrazione; e per quanto possa sembrare strano che le idee di patria e di libertà s’impossessino dispoticamente del cervello di un istrione, un giorno Brunettin entrò a far parte di una cospirazione formata da alcuni gentiluomini scontenti.

Per fortuna esiste dovunque della gente perbene che denuncia al potere questi individui di umore atrabiliare che vogliono deporre i principi e riformare la società senza neppure consultarla. I signori in questione, tra cui Brunettin, furono arrestati e destinati a morte sicura.

Sono pronto a credere che il Principe fosse piuttosto contrariato di trovare il suo attore preferito fra i ribelli. Quel principe non era né migliore né peggiore di altri: ma un eccesso di sensibilità lo rendeva in molti casi più crudele e tirannico di tutti i suoi simili.

I piaceri non lo saziavano mai. Piuttosto indifferente alla morale, egli conosceva un solo vero nemico: Noia, e i tentativi bizzarri che egli faceva per sfuggirla o per vincere questo tiranno del mondo gli avrebbero certamente attirato, da parte di uno storico severo, l’appellativo di «mostro», se nei suoi domini fosse stato permesso scrivere qualcosa che non avesse unicamente come scopo il suo piacere o la sua meraviglia che è una delle sue forme più raffinate del piacere.

All’improvviso si sparse la voce che il sovrano volesse graziare tutti i congiurati; all’origine di questa voce c’era stato l’annuncio di un grande spettacolo in cui Brunettin doveva impersonare uno dei suoi ruoli principali e più riusciti, e a questo spettacolo avrebbero dovuto assistere, si diceva, anche i gentiluomini condannati; segno evidente, aggiungevano i superficiali, che il Principe offeso era disposto alla clemenza.

Da parte di un uomo così naturalmente e volontariamente eccentrico ci si poteva aspettare qualunque cosa, anche la virtù, anche la clemenza, ma per coloro che, come me, erano riusciti a penetrare meglio nelle profondità di quest’anima curiosa e malata, era infinitamente più probabile che il Principe avesse voglia di valutare il talento teatrale di un condannato a morte.

Arrivato finalmente il gran giorno, Messer Brunettin entrò in scena con leggerezza e con perfetta disinvoltura, cosa che contribuì a rafforzare, nel nobile pubblico, un’idea di dolcezza e di perdono. Brunettin fu, quella sera, un’ idealizzazione così perfetta che era impossibile non crederla viva, possibile, reale. Questo buffone andava, veniva, rideva, piangeva, si contorceva, con un’indistruttibile aureola intorno alla testa, aureola nella quale si confondevano, i raggi dell’Arte e la gloria del Martirio.

Tutto quel pubblico subì ben presto l’onnipotente dominio dell’artista ma io che contemplavo il volto del Principe, vidi un pallore nuovo aggiungersi al pallore abituale, come la neve si aggiunge alla neve. Le sue labbra si serravano sempre di più, i suoi occhi si illuminavano di un fuoco interiore simile a quello della gelosia e del rancore mentre applaudiva con ostentazione il talento del suo vecchio amico, lo strano buffone che buffoneggiava così bene la morte.

A un certo punto, vidi sua Altezza chinarsi verso un paggetto che stava dietro di lui e dirgli qualcosa all’orecchio. La faccia birichina del bel ragazzino si illuminò di un sorriso; poi svelto si allontanò dal palco principesco come per compiere una commissione urgente.

Qualche minuto dopo un fischio acuto, prolungato, interruppe Brunettin in uno dei suoi momenti migliori, e ferì nello stesso tempo le orecchie e i cuori. Il povero buffone scosso, risvegliato dal suo sogno, chiuse dapprima gli occhi, poi li riaprì, quasi subito, smisuratamente spalancati, aprì la bocca come per respirare affannosamente, barcollò un po’ in avanti, un po’ indietro, e poi cadde morto stecchito sul palco.

Da allora in poi, parecchi mimi ed anche mime, giustamente apprezzati e apprezzate quali Bossin, Brambillin, Borghezin, Calderlin, Bondicin,Gelminin, Sgarbin, Lupettin, Scilpotin, Santanchin, Castellin, Giovnardin, Cicchettin, Maroncin, sono venuti a recitare davanti alla corte del Principe, ma nessuno di loro ha potuto far ricordare i meravigliosi talenti di Brunettin, né innalzarsi fino a ottenere un uguale favore”.

Qui termina il racconto che vuol rammentare allo stizzoso Renatino che, come i “libelli”, anche le amicizie “habent sua fata”. (Per la traduzione si rivolga al collega ministro, latinista Umberto Bossi).

 

Commenti

  1. giorgia rossi

    Credo che Baudelaire, incontrando, Renato Brunetta avrebbe detto una delle sue frasi terribili “Je hais la face humaine”, cioè “Odio il volto umanao”. E chi pootrebbe dargli torto?

  2. gino spadon

    Un amico di cui non dirò il nome ma solo la professione (è un dermatologo) mi ha inviato questo poemetto anonimo. Non può certo competere con le satire oraziane, ma si può leggere

    El sior Bruneta

    Son Brunetta piccolino,
    gran bilioso e un po’ cretino,
    che ce l’ha coi fannulloni
    che gli stanno sui coglioni.
    E fin qui niente da dire
    lo possiamo pur capire:
    chi lavora, non è strano,
    mangia, fotte e becca il grano;
    chi non rende è licenziato
    per la gioia del creato.

    Ma c’è un MA, caro Renato,
    che ti rende tanto odiato:
    non siam tutti lavativi
    riprovevoli e lascivi.
    Sorge quindi una questione
    che capisce anche un coglione.
    E’ possibil santo iddio
    che in un mondo tanto vario
    sia cialtron soltanto io
    che lavoro da precario?

    Tu che sei gran professore,
    tu t’assenti tutte l’ore,
    tu che sei gran consulente
    becchi l’euro e dici niente
    tu che sei parlamentare
    e dei pur legiferare,
    come fai a non vedere
    che il tuo piccolo sedere
    va scaldando tre poltrone
    con stipendi da riccone?

    Mentre tu ti gratti il culo
    e sputtani a detra e a manca
    io lavoro come un mulo
    e sto a zero alla mia banca,
    Mentre tu fai “Porta a porta”
    e svaccato su poltrona
    mostri un muso da gran mona,
    io mi spappolo l’aorta.
    Mentre tu vai al tiggi
    Io lavoro chiuso qui.

    E per questo io ti dico
    Che di te mi frega un fico.
    Tu sei piccolo ed iroso,
    non ti tira neanche il coso,
    e se per te sono un coglione
    tu per me sei un gran cazzone,
    Te lo dico in extenso
    per chiarire il doppio senso

    Poemetto orgogliosamente stilato in orario di lavoro

  3. Franco Bifani

    Prof. Spadon, lo confessi, suvvia; quel poemetto è opera Sua. Non solo come sacerdote, anche se non so bene di quale religione, io La assolvo, ma persino La benedico, a due mani, amen vobis dico!

  4. Mauro Matteucci

    Ma per quanto tempo dovremo ancora essere spettatori impotenti delle gesta tragicomiche di questi figuri innominabili?

  5. gino spadon

    Caro Bifani, dopo la Sua assoluzione mi sento leggero come un cherubino. E’ vero che il poemetto non è mio, ma devo confessare, a mio disdoro, di aver messo la stampella a qualche verso zoppicante. E’ disposto ancora, caro Bifani, a concedermi un’assoluzione plenaria?

  6. Franco Bifani

    Esimio, egregio e squisito Prof. Spadon, anche s’Ella non avesse mai usato né abusato del dentifrico Chlorodont e della brillantina Linetti, ebbene, Ella, per me, può comunque dire ciò che vuole ed è esente da qualsivoglia errore, amcor prima e meglio di Sua Santità. In fede ed anche senza! Appena Amor mi spirerà, accingerommi pur io a stilare una qualche mia epistula…Ad maiora,et minora quoque!

I più votati

--

I più scaricati

--