È proprio un peccato assistere allo scivolone (spero occasionale) o alla decadenza (mi auguro di no) di un grande, grandissimo scrittore. Caino, il nuovo romanzo del Premio Nobel José Saramago è infatti questo: un romanzo sbagliato e bruttino scritto però da uno dei più grandi autori degli ultimi trenta anni.
Certo, affrontare un tema come Dio, l’Uomo e la Bibbia non è cosa facile. Ma proprio lui, Saramago, ci aveva dato un capolavoro come Il vangelo secondo Gesù Cristo, certamente il più bel libro sul Messia scritto da un non credente. E come non ricordare la grandiosità e la durezza con le quali descrisse il pellegrinaggio a Fâtima in L’anno della morte di Ricardo Reis? O le riflessioni sulla “fine” in Le intermittenze della morte?
In Caino, invece, in poco più di cento pagine, Saramago pensa bene di “liquidare” l’Antico Testamento, la creazione, Adamo ed Eva, il peccato originale, Abramo e Isacco, la Torre di Babele, Sodoma e Gomorra, Giobbe, Gerico e l’Arca di Noè, attraverso un improbabile viaggio nel tempo fatto da Caino, non-colpevole, secondo il Nobel portoghese, dell’assassinio del fratello, perché “Se il signore, che, a quanto si dice, tutto sa e tutto può, avesse fatto svanire da lì quella mascella d’asino, io non avrei ucciso Abele”…
Insomma, una difesa piuttosto debole per il responsabile di un fratricidio… Per non parlare della povertà di scrittura, dell’uso di battute più da Bar Sport che da Premio Nobel, di scene di sesso degne di un romanzetto da edicola… Peccato, è proprio il caso di dirlo.