Da lettore fiducioso nei titoli, pensavo di trovare in questo libro dieci “riscritture” o, addirittura, come è detto nella “Premessa”, dieci “reincarnazioni” del sonetto baudelairiano “Recueillement”. Fiducia, ahimè, delusa perché tolta la riscrittura lipogrammatica di G. Perec presente nel romanzo “La Disparition” e tolta la transmetrizzazione operata da J. Prèvost in “Baudelaire Essai sur l’inspiratio et la création poétique”, resta ben poca cosa.
Del che è consapevole l’autore stesso, che dopo aver promesso scoperte epocali, finisce col parlare, a proposito dell’influsso esercitato dai versi baudelairiani sulle opere di scrittori quali Michaux, Céline, Colette, Nabokov, Beckett, Queneau, Houellebecq, di “echi”, di “spie labili”, di “riferimenti esili”, di parallelismi “minimi e circoscritti”. A rivelare questa “forzata” modestia è il mutamento di tono. Via, via che il libro si dipana non più dichiarazioni perentorie, ma affermazioni cautelose che fanno apparire il Magrelli afflitto da una sorta di sindrome attenuativa tanto è grande l’uso che egli fa di condizionali, di dichiarazioni reticenti come: “Non sembra azzardato suggerire”, “Non pare eccessivo definire”, “Senza forzare l’interpretazione, potremmo ritrovare in…”, “Questo brano sembra riprendere la struttura di…” “Pare oggettivamente consentito annoverare…”… “A costo di forzare la lettura sembra possibile stabilire un parallelo fra…” ecc.
Reticenze e cautele imposte dalla oggettiva “povertà” degli accostamenti possibili. Velocemente esemplificando diremo che del “Repos dans le Malheur” di Michaux si dice che “sembra riprendere la struttura, l’assetto, le componenti stesse di ‘Recueillement'”, ma subito dopo si aggiunge che si tratta di “accostamento affatto congetturale”; di Colette si cita un brano di “Noces” in cui la scrittrice, cedendo al suo amore dei calembours, dà una versione ironico-sarcastica di un verso di “Recueillement” trasformando la dolce “Sera” del sonetto nel titolo di un giornale: “Le soir”; Di Nabokov, si dice che in “Lolita” l’esortazione del professore di francese all’amata Dolores: «Fa’ la brava, Dolores» riecheggia il baudelairiano «Sois sage, ô ma Douleur»…”.
Quanto a Beckett viene riconosciuta l’azione che i versi del sonetto baudelairiano esercitano su “Fin de partie” e se ne dà come prova il “mouchoir” col quale Hamm si copre il viso, estrema metamorfosi del “linceul” (sudario) con cui la Notte incede negli ultimi due versi di Baudelaire”. Per la raccolta “Fendre les flots” di Queneau si propone un accostamento, anche se riconosciuto “minimo e circoscritto”, fra il verbo “raccogliere” presente in una quartina e il sostantivo “recueillement” del sonetto. Della versione lipogrammatica di Perec si afferma solo che essa fa apparire il sonetto baudelairiano “uguale ma diverso, sfigurato e insieme riconfigurato”.
estano infine il romanzo “Les particules élémentaires” di Houellebecq, “Mort à crédit” e “Voyage au bout de la nuit” di Céline. Nel primo romanzo uno studente della banlieue parigina scorge nelle sue strofe l’essenza “funeraria” di Recueillement, giudizio che Magrelli dichiara di condividere pienamente. “Mort à crédit”, a sua volta, offre l’occasione per rilevare una somiglianza fra questa riflessione di Céline sull’invecchiamento di Parigi,: «è una rottura di scatole invecchiare, vedere cambiare le case, i numeri, i tram e le pettinature della gente”, e i versi di “Le Cygne”:: “La forme d’une ville / Change plus vite, hélas! que le cœur d’un mortel”.
Stesso accostamento viene fatto fra il sarcastico invito [“viens!”] rivolto da una bouquiniste al marito perché si sbrighi a chiuder bottega e i versi. “ma Douleur, donne-moi la main; viens par ici” Rimarrebbero altre osservazioni da fare, ma credo bastino questi “vertiginosi” accostamenti per dare un’idea di un libro ricco di digressioni-divagazioni nettamente superfetatorie e povero, estremamente povero, di reali “somiglianze”.
Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.