“Facci sognare! Vai!”: così Massimo D’Alema rispondeva nel luglio 2005 a Giovanni Consorte, numero uno di Unipol, che gli annunciava l’imminente acquisizione del “70 per cento della Bnl”. “Abbiamo una banca!”, commentava con minore slancio onirico, ma con uguale becero compiacimento l’allora segretario DS Piero Fassino parlando al telefono con lo stesso Consorte. Oddio! Oddio! quale ingenua rozzezza di questi dilettanti di sinistra di fronte alla britannica flemma di un Bossi che dopo essersi fatto le ossa con la CrediNord (fallita sì, ma per oscuri maneggi) proclama oggi, al colto e all’inclita, con infinita grazia e discrezione: “A noi gli istituti di credito, il popolo ce lo chiede”. E se il popolo chiede, non c’è Profumo o Draghi o Tremonti istesso che possano obiettare.
Mente eletta, mente sopraffina quella del Bossi, la cui politica può solo trovare il plauso di chi ha a cuore il bene della Patria.. Convince innanzitutto, il suo richiamarsi, da persona colta qual è, al principio baudelairiano secondo il quale il primo articolo di qualsiasi Costituzione dovrebbe statuire “le droit de se contredire”, cioè il diritto di ogni cittadino di contraddirsi. E’ in nome di questo sacrosanto diritto che egli può legittimamente pulirsi il culo con l’italico vessillo in Val Brembana mentre in Roma, da quel dì non più ladrona, egli può lucrar giuste prebende giurando fedeltà alla Repubblica italiana su quello stesso vessillo..
Convince la sua politica della famiglia intesa nella sua accezione più vasta. Basterà appuntare lo sguardo dalle parti della Commissione europea, della Camera dei Deputati, della Commissione attività produttive della Camera, del Sistema fieristico Lombardo, del Ministero dell’Economia, delle Regione Piemonte, delle Province di Brescia e Vercelli, delle Tramvie bergamasche, dei comuni di Varallo Sesia, Azzano Decimo, Borgosesia e si vedrà con quale sollecitudine il nostro celtico duce ha provveduto e provvede all’avvenire di figli, parenti e sodali. E se oggi ubbidisce al popolo che chiede banche è perché gli preme l’avvenire di tutti i compagni di ventura e di lor parentele che già sognano sportelli.
Convince la sua politica sportiva gustosamente messa in atto, durante l’ultimo campionato mondiale, sotto la specie dell’istruttivo paradosso. Se tifava contro l’Italia non è, come qualche malevolo sprovveduto andava cianciando, per disamore o disprezzo verso il nostro paese, ma perché egli voleva scuotere gli ignavi, pungolare i neghittosi, spronare gli infingardi che allignavano nella squadra condotta dal toscano mollaccione. Fedele, ancora una volta a un altro principio baudelairiano (Baudelaire è il suo Virgilio) secondo il quale “en politique, le vrai saint est celui qui fouette et tue le peuple pour le bien du peuple”, [in politica il vero santo è colui che sferza il popolo e uccide il popolo per il bene del popolo] egli ha strigliato e biasimato il popolo azzurrino, bamboccione e pappamolle, perché si riscattasse.e ritrovasse l’antica dignità.
Convince la sua politica linguistica, quel suo diuturno combattimento in favore del dialetto, stigma indelebile dell’uomo all’uscir dal “pappo e ‘l dindi”. Già me li vedo il Borghezio e il Calderoli, il Castelli ed il Salvini, membri eletti del circolo linguistico della Val Brembana (che nulla ha da invidiare al circolo di Praga), dar nuovo lustro al dialetto del paese dove son nato. E ciò sarà fatto con filologico rigore per cui saranno salvaguardate, in prima istanza, quattro delle varianti di questa nobile parlata: quella dei “piasaroi” (abitanti del centro), quella dei “contadinanti” (abitanti del contado) quella dei “marinoti” (abitanti del delta) e infine quella dei “mazornanti” (abitanti di un borgo lontano e selvatico). Si penserà più tardi ad altre varianti minori come quelle legate all’età del parlante, al sesso (normale o deviato), al censo, al grado di cultura e, infine, al connotato di autoctono o di immigrato.
Convince ed esalta infine l’oraziano “modus” (ah, gran virtù di Bossi latinista!) che porta i leghisti tutti a fare della sobrietà, della misura, del garbo e del pudore i loro principi di vita prediletti. Che se poi c’è tra di loro qualcuno che invita a schernire il bongo bongo, a impallinare l’ospite abbronzato, a coprir di guano il barbuto musulmano, a misurar lo proprio con l’altrui arnese, questo lo fa per celia, per illuminare di sorrisi un modo troppo greve di cause e di fini.
Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.