Ma il trans c’è o non c’è? Già, la notizia del giorno è che tra le candidate allo scettro di Miss Italia si celi uno che si è rifatto. Si scatenano i gossip e gli spropositi. Era ora che si aprisse al terzo sesso, dichiara Wladimiro Guadagno detto Vladimir Luxuria. Malgioglio gongola, la candida Milly non si sbilancia: per me sono tutte belle ragazze. Il pubblico si appassiona all’enigma che se non è vero è ben inventato. I salsesi stringono i denti, fanno buon viso e sperano che sia l’ultima volta. L’ultima volta di Miss Italia a Salsomaggiore. L’ultima volta del sindaco Massimo Tedeschi, che a maggio del prossimo anno si sottoporrà al giudizio degli elettori. I quali lo rispediranno nel vicino borgo natio dopo averlo accolto a braccia aperte quattro anni fa. Gliene ha combinate troppe e perlopiù di carattere edilizio. Cemento a palla in città e sulle colline.
La trattativa per non cedere a Jesolo
Non gli gioverà certo l’avere mantenuto a Salsomaggiore il concorso che il ministro Luca Zaia voleva strappargli per farne dono a Jesolo, perla balneare del suo Veneto. Le trattative per conservare a Salsomaggiore il privilegio di incoronare la più bella del Bel Paese sono state lunghe e tribolate. Almeno dieci mesi. Con una delegazione del Comune a fare su e giù con Roma portando seco i capponi di Renzo per i funzionari Rai, mai una volta che venissero su loro a prenderseli. E a ogni calata dei salsesi i romani alzavano la posta con la tecnica di chi divora i capponi e spenna i polli. Le trattative sono iniziate a settembre dello scorso anno e solo quando i funzionari della tv di Stato hanno avuto la certezza che avrebbero potuto portare seco zie e nipoti hanno detto sì. E ormai era luglio.
Accordo fatto, quanto ci costa? La domanda rimbalza dai cittadini ai muri di gomma dell’aula del consiglio comunale senza ottenere risposta. Circolano cifre ufficiose. Il comune ci mette 400 mila euro. No, 600. Anzi, 800. Cifre sparate da consiglieri di maggioranza e minoranza, ciarlieri purché non si facciano i loro nomi.
La Regione ne metterebbe altri 300 mila storcendo il naso. La manifestazione non piace al presidente Vasco Errani, ma è più semplice continuare a finanziarla obtorto collo che spiegare perché non piace. E poi che fare se non si hanno progetti alternativi? E la Provincia non sborsa nulla? Forse dirotta il contributo della fondazione di una certa banca. Quale banca e quanto? Omertà contabile. L’informazione locale non informa. Gli uffici stampa mettono la segreteria telefonica.
I salsesi si trovano intanto tra i piedi la carovana che consuma ma non produce. Troppi e troppi giorni a spese del contribuente salsese, e in subordine emiliano, per alloggiare, sfamare e divertire le candidate al titolo, le famiglie, i fidanzati, i chaperon, le body guards, i funzionari Rai, i portaborse, gli autisti, i tecnici, le più svariate e fantasiose figure di contorno, gli inevitabili parassiti. Pure i numeri dei componenti il caravanserraglio sfuggono alle leggi del pallottoliere. Gli aventi diritto si materializzano e si smaterializzano, mostrano i badges e sfuggono al computo.
Il ritorno d’immagine, però, quello lascia una traccia, eh? Ti ridono in faccia e continuano a ridere anche dopo che gli hai girato la schiena, i salsesi. E ridono la casalinga con la borsa della spesa come l’uomo della piazza, amministratori di maggioranza e di minoranza, albergatori e negozianti. Nessun passaggio di Miss Italia ha mai fatto sussultare il sismografo delle presenze in picchiata ormai da un paio di decenni, per non dire tre, da quando è naufragata la politica del termalismo sociale, quando un ciclo di inalazioni e di fangoterapia non si negava a nessuno, ed era su quelle legioni di artritici e asmatici con i coupons del sistema sanitario nazionale che si reggeva l’economia locale. Fino a quando l’assistenzialismo pubblico non è crollato tirandosi dietro quel castello di carte. I pochi curandi rimasti fedeli sono perlopiù quelli che hanno troppi anni per imparare la strada per altre destinazioni.
Le terme: la tradizione delle acque che fa molto cronicario
Mentre Abano Terme, Montegrotto e Saturnia facevano fronte al termalismo della mutua reinventandosi beauty farm e imparentandosi con tecniche di rilassamento orientali, Salso affondava nei gorghi delle sue obsolete acque salsobromoiodiche. La miracolosa «acqua madre», ricchezza unica in Italia, efficacia terapeutica garantita, non si vendeva più. Gli yuppies che vogliono caricarsi di energia con i bagni nel moscato, che si fanno massaggiare con le pietre roventi, che si immergono tra i vapori della biosauna alle erbe aromatiche, che si sottopongono a trattamenti antistress a base di castagne, che combattono l’invecchiamento con emulsione agli estratti d’uva e altre consimili boiate se ne fregano di una stazione termale che somiglia a un cronicario.
Salsomaggiore non è più una città termale, insinuano i maligni, è una località con stabilimenti termali ereditati da un glorioso e ingombrante passato. Alcuni unici, come il bellissimo Berzieri, decorato da quel Galileo Chini che tra i suoi clienti ebbe anche il re del Siam, e questo spiega la scintillante e ornata mole dell’edificio termale che il sindaco ha appena corredato di una spianata oggetto di parecchi malumori e mal di pancia essendo costata la vita a qualche magnolia centenaria la cui ombra aveva ristorato la regina Margherita.
La città che si illumina del luccichio fasullo di strass e pailletes nei tre giorni della finale delle Miss, vive al buio per il resto dell’anno. I grandi alberghi chiusi da tempo o sottoposti a interminabili lavori di ristrutturazione. A quello delle Miss hanno rubato la monumentale cancellata, a un altro sta andando in malora il parco, un altro se lo sta mangiando l’ailanto, infestante la cui apparizione precede l’inizio della fine. La città soffre, i lavoratori delle Terme si riducono a vista d’occhio. Fissi e stagionali. Ancor di più soffre Tabiano, appendice specializzata in cure per bronchi e polmoni, la sedicente «città del respiro» che non riesce a tirare il fiato. Incuneata tra le colline, non ha neppure un centro storico, come il quartiere Liberty di Salsomaggiore, che possa tenere testa agli scatoloni alberghieri sorti sui fianchi delle colline nella stagione delle vacche grasse.
E su tutto incombe la minaccia della vendita degli stabilimenti termali. Lo spettro che si aggira per Salso e Tabiano si chiama privatizzazione. Se lascia il Comune, che nei Settanta scacciò lo Stato, chi prenderà il controllo delle acque termali? A quali condizioni? E che ne sarà dei dipendenti ceduti dal paternalismo comunale al cinismo di una società venuta da chissà dove? Non basterà il ritorno delle «rosse», la sfilata delle candidate sulle Ferrari, a fugare il dispiacere e la rabbia per la ricchezza perduta e per il Pil ridotto a una pallida ombra di quel che era.
E le auto – compresa quelli dei carabinieri – che vanno a fuoco
Un tempo gli ospiti di Salso arrivavano, restano quindici giorni, ripartivano e salutavano con un arrivederci. Ora arrivano ospiti che non si schiodano. Pensionati danarosi che prendono casa in collina, dove si costruisce a man bassa in sfregio all’estetica del paesaggio e alle chiacchiere alate sulle virtù salutiste della natura. L’ultima trovata è stata la progettazione di un centinaio di villette a perimetro del fallimentare campo da golf, un green tutto in salita su terreni destinati un tempo all’agricoltura. Il progetto, contrastato da ambientalisti e persino da premi Nobel venuti apposta dagli Stati Uniti, è naufragato proprio in questi giorni. L’architetto, prestanome di una società di cui si ignora pressoché tutto, ha arrotolato le carte e ha fatto fagotto. Sono tanti i segreti e i misteri della Città delle Miss. Tra i più inquietanti la presenza di un’agguerrita comunità di calabresi, oltre 500 su 20 mila abitanti, circa il 2,5 per cento della popolazione. Provenienti per lo più da Cutro e Mesoraca, provincia di Crotone. Molti di loro sono costruttori. Qualcuno è nel ramo demolizioni. Negli anni scorsi sono andate a fuoco parecchie auto. Compresa una dei carabinieri. Incendi come sull’Aspromonte. E un morto ammazzato. Delitti di ‘ndrangheta, processi, condanne e ombre difficili da cancellare.
Qualcuno dice che sarà l’ultima Miss anche per la Miren, la società di Patrizia Mirigliani, figlia ed erede del papà del concorso, Enzo Mirigliani ormai ultranovantenne. Vuoi per la concorrenza di Jesolo, dove l’acqua è quella più appetibile del mare. Vuoi perché la Miren deve ancora saldare i conti con gli alberghi salsesi occupati lo scorso anno. Vuoi perché qualcuno insinua che la società della patronne non goda di buona salute finanziaria.
Insomma, mentre Salsomaggiore ed enti coalizzati si svenano per finanziare l’incoronazione della reginetta d’Italia, i responsabili pubblici della manifestazione non fanno nulla per arginare l’idea che la dissipazione regni sovrana: non mostrano i libri mastri e lasciano circolare voci allarmanti su presunte bancarotte. Ristagnano troppi segreti nel backstage del concorso più frivolo e obsoleto del Bel Paese, circolano troppi sussurri e larvate intimidazioni per chi abbia la lingua troppo lunga. Ma più le bocche restano cucite, più le domande si fanno incalzanti. La madre di tutte le domande è: Miss, mia cara Miss, ma quanto costi ai contribuenti che sudano ogni mese la paga?
Dovrà pur esserci un rendiconto delle precedenti edizioni, in qualche cassetto. Dicono che le cifre esatte non le conosca neppure il sindaco e comunque non ne sono certo messi al corrente i consiglieri comunali.
L’ultima curiosità, ma non la meno importante, è perché la delegazione che ha fatto avanti e indietro con Roma per tutti questi mesi fosse composta, oltre che dal responsabile dell’ufficio tecnico comunale e dalla dirigente dell’ufficio turistico e commerciale, anche da un giovin signore che di mestiere asfalta le strade. Qualcuno suggerisce che gli unici a conoscere i costi della manifestazione siano proprio questi tre plenipotenziari. Chiederemo loro conferma e se ci risponderanno, ma non abbiamo motivo di dubitarne, vi faremo sapere.
Piace a tutti sapere quanto ci costa eleggere la ragazza ritenuta, a ragione o a torto, la più bella del reame. Va da sé che cercheremo di farcelo dire prima dell’incoronazione. Dopo, si sa, bisogna rimettersi in pista per strappare un nuovo accordo a Rai e Miren. Su e giù da Roma, ma che stress per una coroncina di strass!