Spero che siate in vacanza, tutti meno quelli che portano avanti siti, blog, movimenti e roba varia. Siete infatti l’unica forza concreta di questo paese. I politici, per quanto benintenzionati, sono dilettanti: Di Pietro che fa i capricci, Vendola sì-e-no, Veltroni che vuole i referendum ma nel Pd, Grillo che oggi è Mao e domani Fantozzi. I cattivi, purtroppo, in vacanza non ci vanno mai. Noi abbiamo dimenticato il G8, ma loro no, e infatti ci riprovano a ogni occasione. Noi non riusciamo a fare una rete unita, e loro appena possono ce la strozzano coi bavagli. Noi ci accapigliamo sul sesso dei diavoli e loro, ridendo e scherzando, preparano golpe alla vaselina.
Gli operai, in vacanza ci vanno poco e male. Quelli più fortunati (i polentoni, i terroni al nord e tutti gli altri “perbene”) ci vanno col cuore in gola, non sapendo se ritroveranno la fabbrica (svanita in Cina, in India, o semplicemente in cocaina) e se dovranno lavorare il doppio o solo qualche ora in più. Per tutti gli altri – callcenterine romane, neri, terroni al sud, muratori rumeni – la parola “vacanza” è una di quelle a cui anche solo pensare è pericoloso, come “pensione”, “contratto”, “orario” o “avvenire”.
Ecco, è un’estate così. Ma non stava vincendo il centro sinistra? Ma Berlusconi non stava andando a ramengo? Sì, nei giornali è così. Ma nella realtà non ci sono solo la destra e la (centro)sinistra, c’è anche chi sta sopra e chi sta sotto. Lo scontro vero è quello, anche se è maleducato parlarne. Ma tutto ciò che succede, Berlusconi o Bersani, lega o tricolore, ha un senso solo se chi sta sotto comincia a salire un poco, e questo non lo decide la “politica” ma altre cose.
I guai in famiglia non mancano, siamo sinceri. C’è lite fra Cgil e Fiom, cioè fra il sindacato “politico” e quello degli operai organizzati. Noi – fra amici si parla chiaro – diciamo che ha ragione la Fiom, pane al pane. Fa male la Camusso a trattare su cose senza le quali né gli operai né il Paese possono campare. Ma non di tradimento si tratta, bensì di errore: uno dei tanti sbagli in buonafede di cui è costellato il cammino (né sarà l’ultimo) dei lavoratori. Non è un pranzo di gala, diceva il tale. L’importante è che almeno qualcuno abbia le idee chiare e non si lasci scoraggiare e abbia pazienza, e poi la dura realtà – l’unica maestra seria – farà il suo lavoro.
Ricordo quell’operaio cinquantenne, si chiamava Bastiano, il più diffidente della fabbrica. “Sciupirari? e picchì? cca concludemu? ‘A fuorza, simpri iddi ci l’hannu!”. Eppure, quando occupammo la fabbrica, era davanti al cancello, in prima fila: “Non si campa cchiù! Che vita è? Pissu ppi pissu, facemu a luttacontinua tutt’insemi e quannu finisci si cunta!”
Nella crisi Marchionne (su cui insistiamo moltissimo perché è il centro di tutto, sia della “politica” che della realtà vera) c’è stato un episodio trascurato dai media, ed anche dalla maggior parte dei blog indipendenti. È stato quando gli operai della Fiat serba, quella che doveva far da crumira a Mirafiori, a un certo punto propongono ai torinesi: “Bene, allora incontriamoci e mettiamoci d’accordo. Magari organizziamo qualcosa insieme. Visto che il padrone è lo stesso…”
Non è che siano stati presi molto sul serio. Normale, nell’ottocento (siamo nell’ottocento, lo sapete). Normale ma non scoraggiante – all’inizio le cose vanno piano. Fatto sta che per la prima volta è stata messa sul tavolo, elementare ingenuo e tutto quel che volete, l’idea di uno sciopero multinazionale. È un’idea pericolosa, specie se messa insieme (e qualche operaio ci penserà, ci puoi giurare) con l’altra di organizzarsi in rete (Tunisia, Milano) per fare cose “politiche”, più o meno moderate. Io dico che andrà così, prima o poi. “Uno inventa la tipografia e quegli zozzoni di operai dopo un po’ ne approfittano per farsi i volantini. Si figuri con internet, signora mia”.
Succedono tante cose, nel mio paese. Al Nord i volontari cattolici spazzano via la Lega. A Parma i cittadini che due anni fa lodavano i vigili che picchiavano i negri ora linciano il sindaco di cui hanno scoperto, poveri innocenti, che è un po’ ladrone. A Napoli, la città più “qualunquista” d’Italia (giusto, signora mia?), dànno a De Magistris esattamente gli stessi voli di trent’anni fa a Bassolino: traditi ma non arresi, non rassegnati affatto al “non c’è nulla da fare”. A Roma “consulitur”, ma Sagunto non si lascia espugnare affatto. Questo è il clima.
Tutto questo si unisce in un concetto semplice: facciamo rete. Dappertutto, e senza etichette. Abbiamo un modello vincente, è l’antimafia. Senza etichette e chiacchiere (e quando ne ha di solito sono dannose), è il movimento-locomotiva di tutti gli altri. Vi serve un programma politico? Tre parole: Dalla Chiesa e Impastato. E poi non mollate i siti, continuate a remare. Certo, ciascuno di noi è moralmente giustificato quando non ce la fa più e molla il remo. Tutto così pesante, nessuno a dirti bravo. Eppure dobbiamo continuare. Non siamo più stretti in difesa ma stiamo costruendo – ora – l’alternativa.
Io dico “siti” perché sono vecchio e mi pare di dire chissà che modernità. Ma in realtà le cose sono molto più avanti, e a portata di mano. Per esempio: c’è la tv guarda-e-dormi che sta morendo, per colpa non di Santoro ma di i programmi divertenti su YouTube (“Freaks” ha preso milioni di accessi, e con quattro soldi). C’è la destra che è morta, e sono i gruppi FB che l’hanno seppellita.
C’è il centrosinistra che non osa essere troppo di destra (e Dio sa se vorrebbe) per paura di restar solo. C’è Repubblica che migra sempre più da carta a rete (sempre restando saldamente in mano a un padrone) applicando i suoi soldi alle nostre idee. Ma soldi non ce ne vogliono poi tanti. E noi stiamo qui a fare (solo) il nostro sito?
PS: a Catania Tony Zermo ha appena benedetto il nuovo sindaco, un giovane “di sinistra” assai ragionevole. Il suo rivale – o alleato, non s’è capito bene – è un giovane “di destra” altrettanto ragionevole. Danno interviste insieme, fraternamente. Entrambi sono amici delle costruzioni ragionevoli (corso Martiri, ad esempio), entrambi ragionevolmente ben trattati da Ciancio. Auguri.
Nato a Milazzo, dove comincia negli anni '70 con il giornalismo "impegnato" in piccoli giornali locali e le prime radio libere, assieme a Pippo Fava ha fondato nel 1982 e poi sostenuto il mensile I siciliani, edito a Catania, che ha avuto il merito di denunciare le attività illecite di Cosa Nostra in Sicilia. Cavalieri, massoneria, mafia e politica i temi principali di un giornalismo che si proponeva rigoroso nelle inchieste e nel mestiere di comunicare e portare alla luce ciò che la mafia per anni aveva fatto al buio. Giuseppe Fava, a un anno dalla nascita del giornale, viene ucciso dalla mafia.
Orioles è il punto di riferimento più forte nella redazione del dopo Fava, impegnato a contrastare in ogni modo il fenomeno della mafia; guida un gruppo che si contraddistinguerà negli anni per l'unità e per la qualità delle inchieste svolte. Egli è stato inoltre tra i fondatori del settimanale Avvenimenti e caporedattore dello stesso fino al 1994. Dalla riapertura, nel 1993, fino al 1995 ha diretto I siciliani.
Dal 1999, svolge la sua attività giornalistica scrivendo e diffondendo l'e-zine gratuita La Catena di San Libero.
Nel maggio 2006 esce la sua ultima fatica: Casablanca, mensile (che ha fondato e dirige) col quale continua a denunciare mafie e corruzioni. Nel corso del 2008, la redazione di Casablanca annuncia l'imminente chiusura per mancanza di fondi e, nonostante i numerosi appelli lanciati a livello nazionale, è costretta a sospendere le pubblicazioni. Parte dei giornalisti impegnati in Casablanca, insieme alle personalità più attive della società civile, ha poi ripreso forma e dato seguito ai precedenti contenuti nel magazine online 'U cuntu[1], disponibile anche in un formato pdf liberamente scaricabile.
Fonte: Wikipedia