La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Con questa faccia da straniero »

Anch’io qualche volta sono razzista

28-01-2010

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Non vedo il colore…. (Sorriso). Sì bisogna sorridere e basta. Io vedo il colore, lo vedo  eccome. Vedo la differenza. Mi vedo e vedo l’altro. Ma non è quello il problema. Il mio problema. Non la differenza. Non il colore. Il problema è quando il colore e la differenza creano problemi. Quando qualcuno, qualche struttura, qualche istituzione decide che l’essere straniero è un problema. Io so benissimo che non tutti gli italiani sono razzisti. So benissimo, che ci sono delle persone, che ci vogliono talmente bene al punto da essere pronti a morire per noi. So che non tutti gli antirazzisti sono razzisti. Un altro sorriso. Ma ritorno ancora alla mia domanda: cosa porta una persona ad essere antirazzista? Anch’io qualche volta sono razzista. Qualche volta odio i bianchi. Ho dei problemi a parlare con gli arabi. Non capisco gli albanesi. Anch’io ho i miei pregiudizi. Qualche volta certe cose mi danno fastidio. È normale. L’essere umano è qualche volta intollerante a certe cose. Io vedo il colore. Vedo la differenza. La differenza di cultura. La differenza nella maniera di vedere le cose. I punti di vista diversi. la difficoltà a concepire un mondo dove tutti noi potremo stare bene. Si parla adesso di società multiculturale. Multietniche. La somma delle differenze. Ma come diceva Kossi Komlan, questa somma non deve creare un purè ma una macedonia. Sì, una realtà dove si possano sentire tutti i gusti. Dove le differenze possano vivere insieme con una certa armonia. È forse un’utopia, ma qualche volta serve avere qualche utopia. Sognare un mondo migliore. Non quello del Cristo dove tutti ci vogliono bene, ma un mondo dove tutte le differenze possono o essere  accettate o almeno tollerante. Tutti quelli che mi dicono che non vedono le differenze o il colore mi fanno pena. Il mondo è già questo: pieno di diversità. Allora non ci dobbiamo nascondere dietro false ideologie. Dobbiamo partire da quello che siamo per arrivare a quello che vogliamo. Cosa ho contro gli antirazzisti? Il loro antirazzismo. Questa maniera di volere lottare per persone che qualche volta non hanno chiesto niente. Che qualche volta hanno un’altra maniera di vedere le cose. Che qualche volta hanno voglia di dire le cose come le pensano loro. Di essere diversi. Non abbiamo bisogno di guide. Di protettori. Non siamo mica bambini. Non conoscere la lingua, non sapere come muoversi, non capire i meccanismi delle società italiane non fanno di noi dei bambini a cui dare la mano e portare in giro. Se dopo tutti questi anni dovete pescare ancora per noi, quando impareremo a pescare? Ma il problema è che peschiamo già. Abbiamo imparato a pescare. Abbiamo imparato ad alzare la mano e dire quello che pensiamo. Scriviamo. Facciamo politica. Partecipiamo al dibattito. Qualcuno dirà che non siamo in tanti. Ma serve la quantità o la qualità? Garibaldi, Gramsci  non erano il popolo. Ma ad un certo momento della loro vita hanno rappresentato una cultura politica, una filosofia, un ideale che metteva molti italiani insieme. Dunque abbiamo bisogno di persone che abbiano voglia di partecipare al dibattito. Di mettersi insieme e lavorare ad un incontro diverso. Un incontro diverso tra italiani e stranieri. Da tempo cerchiamo di organizzarci non solo tra di noi, tra le nostre comunità, ma anche tra le diverse comunità e etnie. La strada è lunga, ma non abbiamo fretta. Siamo qui. Già. Allora la lotta è non avere quella fretta del risultato, ma lavorare pian piano, ma sodo. Con un obiettivo chiaro. Alzarsi ogni mattina e andare a parlare con la gente. Le persone italiane, le persone straniere. Ascoltare. Molto. Incontrarci. Discutere. Parlare delle cose che ci mettono insieme. Lavorare sulle nostre differenze. Siamo diversi e non è facile. I cosiddetti stranieri sono diversi tra di loro. Hanno storie, culture, vissuti diversi. E non è facile metterli insieme. Ma non è impossibile. Noi ci stiamo provando. Mettono un mattone dopo l’altro. Con le difficoltà che ciò comporta. I dubbi. Le domande. Le paure. Il fatto che di fronte a noi nessuno ha veramente voglia di ascoltarci. Di sentire la nostra voce. Che a molti (e non solo gli italiani) serve il fatto che siamo divisi. Che molti lottano per questa divisione. Per potere sfruttare questa situazione. Dire: “Non sono neanche capace di mettersi insieme. Facciamo noi per loro”. Ma arriverà il momento in cui riusciremo a metterci insieme. Il momento dove riusciremo a parlare con la stessa voce. Dove riusciremo a fare sentire i nostri gridi. Il momento dove arriveremo a dire che la nostra lotta è la stessa di tanti italiani: stare bene insieme, nel rispetto delle leggi e delle tradizioni della nostra nuova terra, senza dimenticare la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni. Forse chiediamo troppo. Ma non possiamo chiedere altro. Chiediamo ascolto. Chiediamo rispetto. Chiediamo possibilità. Chiediamo rispetto per la nostra differenza. Per la nostra voglia di essere diversi. La nostra voglia di essere diversi non vuole dire essere contro. Ma essere quello che siamo vivendo in questa Italia già somma di tante diversità.

Cleophas Adrien DiomaCleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.
 

Commenti

  1. Francesca

    E’ vero siamo diversi, ma diversi da cosa da chi? Io sinceramente mi sono sempre sentita diversa fin da piccola, mi chiamavano la matta la pazza, perchè avevo il mio modo di vedere e dire le cose che spesso era diverso da quello degli altri. Ero pazza perchè ero diversa. Io nella mia vita mi sono sentita molto meno diversa da Carmen, rumena, con cui ho condiviso molti momenti importanti della mia vita, lo stesso con Sylvia, nigeriana, per me una sorella come Drita, albanese. Ho passato nottate a chiaccherare e ridere con Ousmane senegalese. Ho amato e amo Joe papà sierra Leone e mamma Gambia. Mi sono spesso incazzata con un certo Cleo, al quale però voglio un mondo di bene. E tanti altri. Cosa s’intende per diverso? perchè quelli che mi chiamavano pazza e che mi faacevano sentire un’aliena e con i quali non sentivo di avere nulla da spartire erano italiani, anzi modenesi proprio come me. Mentre le persone più importanti e più vicine a me oltre la mia famiglia di sangue vengono da altrove. Ecco perchè a volte sentire parlare di diversità solo in termini di colore della pelle o di provenienza mi sembra limitativo e soffocante. Chi amo, i miei amici, le persone a cui voglio bene, è vero spesso hanno la pelle di un altro colore, parlano anche altre lingue pregano un dio che non era il mio, ma non sono solo questo, sono anche questo è vero ma non solo. Sono tante cose, come lo sono io.

  2. carmen gueye

    Mi spiace per Dioma, ma sono antirazzista, in nome di qualcosa che non deve necessariamente piacergli. Cioè l’aspirazione NON a non vedere le differenze, ma a combattere la tentazione di farne una discriminante. E’ un esercizio morale e se lo disturba, mi spiace, ma dovrà sopportare tanti come me.

  3. antonio

    bo io sto razzismo o poi antirazzismo non riesco a vederlo……….. il solo fatto del colore non conta………qui diventa tutto solo questione di cultura quando cominciamo a rispettarci poi diventa tutto piu’ semplice anche provare antipatia o chiamatel come volete

  4. Diego Saccora

    Io sono uno di quelli che non vedono il colore, che non vedono omosessuali, che non vedono italiani o stranieri. Per me esistono persone che, anche solo per un caratteristica, sono tutte diverse le une dalle altre; questo ai miei occhi le rende uguali. Il problema io credo siano le categorie. Tu parli di “immigrati”, di “italiani”, di “bianchi”. Le categorie sono concetti buoni forse in sociologia, ma nella realtà sono un po’ meno delineabili. Forse sono la prima forma di razzismo. Perchè razzismo non è solo giudicarti per il tuo colore della pelle; è inferiorizzarti per una delle tue caratteristiche che ti rendono diverso da me, dove diverso assume la concezione di sbagliato, rispetto a me che sono giusto. Sono in parte d’accordo con il tuo pensiero sull’antirazzismo, però forse sottovaluti un aspetto. Ci sono tante maniere di essere diversi ed in una società che tende, spinge al conformismo, chiunque non si riconosca nel modello di “normalità”, viene escluso o comunque deve lottare per poter essere come crede. Io penso sia questa la cosa che ci accomuna, non vedere solo del paternalismo, che in molte persone c’è, non v’è dubbio. Esiste però qualcosa in più. I grandi cambiamenti in una società hanno bisogno di due fattori concomitanti per scatenarsi: le minoranze interne ed elementi esterni. Le persone provenienti da altre realtà hanno rimesso in discussione la costruzione dell’identità autoctona tanto quanto la loro subisce trasformazione nel Paese di immigrazione. Per tanti questo rappresenta una minaccia, qualcosa da cui difendersi, vedi leghisti, per altri invece è stata l’attivazione di un motore propulsivo. Dare una mano a te, per darla anche a me. Per realizzare una nuova società insieme. Nella diversità che ci accomuna.

  5. Bell’articolo, peccato perché addita alle differenze come una cosa “normale”, come se facessero parte dell’uomo piuttosto che dell’educazione e dell’abitudine dell’uomo. Non si impara ad essere antirazzisti, si impara invece ad essere razzisti. Se succede, è perché si insegna, tramite abitudini, lievi esempi di ghettizzazione, discorsi in famiglia, TV!
    Basta guardare i bambini, che tra loro si esaminano e si stupiscono delle loro differenze ma si esplorano senza nessun tipo di esitazione, malizia, pregiudizio.
    NON E’ VERO CHE SIAMO DIVERSI!
    Il mio punto è che ce lo continuamo a dire. I pregiudizi sono dannosi! Chi è cresciuto nel pregiudizio deve lavorarci. Chi però deve crescere, è bene che non li veda in noi.

  6. Andrea Clasae

    Io sono d’accordo con Cleo in questo articolo in cui si parla di differenze oggettive: è vero che tra amici o tra fidanzati di paesi diversi non si vede il colore, verissimo. Ma è vero anche che, ci piaccia o no, talvolta bisogna confrontarsi con altre persone e allora sì che emergono alcune piccole differenze culturali, che vanno bel al di là della religione o del cibo (le prime che si accettano, in quanto le più evidenti).Ad esempioquando studio in gruppo con i miei colleghi di università camerunensi devo confrontarmi con i nostri modi totalmente diversi di impostare il lavoro per esempio. E quando vado alle loro feste, mi rendo conto che sono organizzate in modo completamente diverso da quelle dei miei amici italiani. E’ diverso il concetto di ospitalità, di generosità, la prossemica… è chiaro che si crede negli stessi valori come l’amore, l’amicizia e tutto quanto ma ci sono meccanismi diversi in ognuno di noi e capire questo è la chiave per quel successo che Cleo spera alla fine di questo articolo.

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