La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Con questa faccia da straniero »

Il rappresentante permanente dell'Onug a Ginevra, il congolese Serge Boret Bokwango, si è lamentato di come si comportano i suoi fratelli neri in Italia. Nella sua lunga e bellissima lettera dice: “L'Italia del sud non riceve solo le Immondizie del Nord ma anche Quelle dell'Africa (gli Africani immigrati, venditori ambulanti e mendicanti per le strade)”

Le immondizie dell’Africa

13-06-2011

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Gli Africani che mi capita di vedere in Italia mentre vendono di tutto e di più e si prostituiscono – continua – rappresentano l’Immondizia dell’Africa. Questi uomini, venditori ambulanti sulle spiagge e per le strade delle città, non rappresentano in alcun caso gli Africani che vivono in Africa e si battono per la ricostruzione e lo sviluppo dei loro paesi. In merito a questo stato di cose mi chiedo perché l’Italia, gli altri paesi dell’Europa e gli Stati Arabi autorizzino e tollerino la presenza di questi individui sul proprio suolo nazionale. Forse per umiliare ancora una volta l’Africa o per mera distrazione?”.

Mi ricordo i due anni passati a Napoli. Tra le “immondizie”. Non ho mai venduto niente per la strade, non mi sono mai prostituito ma sono stato quasi vicino a farlo. Ho dormito a Foggia nei campi di pomodoro in case abbandonate a lavorare come un negro. A Rosarno potevo essere uno dei personaggi dei romanzi di Emile Zola talmente la situazione in questa parte dell’Italia è drammatica. Il mio amico, lo scrittore Maksim Cristan, mi diceva una volta che non si diventa barboni per scelta. Mai. Nessun africano viene in Italia con il sogno di fare il venditore ambulante, il lava vetri o la prostituta. Nessun immigrato viene in Europa per mettersi sulla strada e chiedere al bravo bianco questi 10 centesimi per mangiare. Arrivano qui con il sogno di cambiare vita. Vengono da situazione difficili. Molti provengono da paesi in guerra, da paesi governati da dittature. Vogliamo citare il Congo? Io vengo dal Burkina Faso, uno dei cosiddetti paesi più poveri al mondo. Ogni anno, quando torno, mi chiedo come mai girano queste super belle macchine, come mai ci sono delle mega-ville (che non ho ancora visto qui in dodici anni) in un paese che passa il tempo a piangere chiedendo aiuto alla comunità internazionale. Questa gente, dove trova i soldi? E come mai quei soldi non vengono ben distribuiti al paese? Come mai vicino alla super villa del rappresentante dell’Unicef vivono tanti bambini che, qualche volta, hanno solo una pasta al giorno, quando ne hanno? A me e a molti ragazzi che vivono in Italia piacerebbe fare il rappresentante permanente dell’Onug a Ginevra. Con l’ufficio al sesto piano tutto vetrato, la mercedes con l’autista, le vacanze in Ghana nella villa con vista sul mare. Non credo che non siamo abbastanza intelligenti o abbastanza capaci di fare quello che fa il nostro amico rappresentante dell’Onug a Ginevra. Molti degli africani che vivono qui sono laureati. Molti erano anche attivisti a casa. Molti hanno cercato di lottare contro i poteri corrotti dei loro stati africani. Molti si sono arresi, stanchi di predicare nel deserto e con la vita in pericolo, e sono arrivati qui per ricominciare. E qui non decidi tu. Soprattutto quando sei immigrato. Clandestino.

Per me scappare è già lottare. Le rimesse che ogni anno mandano i negri mendicanti e venditori ambulanti alle loro famiglie in Africa è superiore di molto al valore economico della cooperazione che promuovono i paesi europei verso l’Africa. Partecipano allo sviluppo della loro terra. Aiutano la loro famiglia. Mandano i figli a scuola sperando che possano diventare impiegati all’ONU o medici all’Unicef. Lottano. Fanno quello che dovrebbe fare uno stato cosciente e che vuole il bene della sua gente. Fanno quello che dovrebbe fare strutture come l’ONU, lavorare per lo sviluppo di tutti I paesi del mondo e per il benessere della popolazione di quei paesi. Nessuno lascia la mamma, la moglie, i figli, la terra per il piacere di venire a fare l’immondizia in Europa.

Di certo quando io, il negro un pochino sistemato, giro nella mia bellissima città ricca Parma e vedo i fratelli che vendono fazzoletti o sono davanti ai negozi con il capello in mano, non sono molto contento. Anzi, mi da molto fastidio. Ma ricordo anche che un pezzo di vita così l’ho fatto pure io. Che ho dormito alla stazione dei treni a Parma. Che andavo a mangiare alla Caritas. E non era per scelta.

Cleophas Adrien DiomaCleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.
 

Commenti

  1. Monica Rinaldi Wermi

    Cléophas, questo articolo mi ha fatto prima arrabbiare e poi riflettere. Sono ormai quattro anni che mio marito, Burkinabé come te, uno Yadega fino al fondo dell’anima, viene in vacanza in Italia con me. Camicie impeccabili, pantaloni confezionati a 2000 fcfa dal sarto al mercato di Ouahigouya ma che fanno la figura di quelli da 100€, seduto al bar a prendere un aperitivo con la moglie nassara, passeggia per mano con lei e le compra un gelato. Questo è mio marito in Italia. Apprezza la cucina, le città d’arte, adora il villaggio valdostano da cui viene la mia famiglia.
    Ogni volta che incontra un altro africano, si salutano (va detto, spesso comincia con un “nangadef” e mio marito “yibeogo kibaré”, e si ride tutti). Ma c’è qualcosa che stona, qualcosa che a mio marito non va giù. Probabilmente hanno più soldi in tasca di lui, funzionario statale in attesa di promozione da tre anni. E sono maltrattati, gli si dà del “tu” perché si pensa che non capiscano. Anche a noi, ci guardano come dei privilegiati, chiedono a mio marito se ha un ufficio climatizzato ed una cour individuelle in Burkina.
    Questo congolese, ci è mai stato in una piantagione di pomodori? O a vendere borsette a Venezia??
    Prendiamo noi italiani, 100 anni fa. Ci mettevano in quarantena a Staten Island, ci disprezzavano in Inghilterra, ci facevano dormire fuori dai confini tedeschi e tutte le mattine si traversava la frontiera svizzera per andare a lavorare in Baviera. Ed adesso guardaci. Le migliori università del mondo si contendono i nostri dottorandi, siamo simbolo della moda e del buon gusto.
    Eravamo immondizia, qualche italiano avrà chiesto agli statunitensi perché ci lasciavano entrare…

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