Anche io vengo dal sud del mondo. Ho diciassette anni, ho appena finito il liceo e dovrei andare all’università. Mi sono presa alcuni mesi di tempo per riflettere, si dice così? Non è che non mi piaccia faticare, impegnarmi…studiare…Il punto è che intorno a me ci sono anche persone, ragazze per lo più, che mi dimostrano che tutto ciò non è necessario. Così fra una panineria, una birreria, un concerto, insomma, un posto dove divertirmi, ho cercato di guardarmi attorno. Perdiana, se non fosse scoraggiante direi che la situazione è comica. Per qualsiasi attività ti richiedono qualità e caratteristiche che non centrano nulla col lavoro. Però faccio finta di essere d’accordo, di non scandalizzarmi, perché non voglio fare la figura della bigotta.
Nessuno parla di serietà, onestà, merito. Ma non è che se ne parla solo a casa mia? Ho qualche sospetto. Intanto mio padre, ricordandosi del mio desiderio da bambina, e, devo dire che allora mi piaceva tanto l’idea, mi vede magistrato. Spesso nei suoi sogni mi vede con la mia bella toga nera seduta sotto la scritta “la legge è uguale per tutti” e ci fa sopra tanti castelli in aria.
Non mi dispiacerebbe essere un ministro della giustizia, però poi mi soffermo sui tempi – lunghi – di studio: quattro d’università, che dovrebbe essere di prestigio, non una qualsiasi di una piccola città, l’abilitazione, il tirocinio, la scuola di magistratura – se riesci a superare la selezione che è rigida ed è giusto così. Una strada molto lunga in effetti.
Sì, lo so, mio padre è d’altri tempi, e pure mia madre. Non sono vecchi. Tutto sommato sono abbastanza aperti. “Ci siamo battuti per la libertà sessuale” – mi dice mia madre con quella sua vocina – “per il diritto allo studio, per fare andare all’università anche i figli degli operai e dei contadini!” .
Il mondo è cambiato. Ora è diverso, come glielo devo fare capire? Non che non voglio andare all’università, ma, oggi, è consigliabile? A parte il percorso lungo, faticoso e difficoltoso, siamo sicuri che serva per raggiungere l’obiettivo? Oggi, ce lo dicono in tutte le lingue, per fare carriera è molto facile. Semplice, se, incontri il tipo giusto. Se, riesci ad entrare in certi giri. Anzi, se entri in certi sistemi, ti sistemi. Soprattutto in televisione e in politica.
“Non esiste il successo facile, possono esserci solo cinque minuti di notorietà…” che noia! “Senza sacrifici e fatica non si va da nessuna parte… servono impegno, tenacia, passione; non scorciatoie…” uffa, uffa. Ma dove vivono? I tempi sono cambiati.
E Ruby? La diciottenne marocchina più celebre del momento? Escort? Ma che balle. La ragazza è una gran furbacchiona, una che se ne intende. Ha saputo sfottere un sistema che la voleva solo utilizzare. È una gran dritta. Altroché. Il sistema le propone una strada facile e piena di soldi e lei accetta. Un brutto esempio? Per caso è un presidente della repubblica? Un ministro? Un alto prelato? Insomma si tratta di un personaggio che deve dare l’esempio? Dimostrare rigore e severità? Essere un modello per la nazione? No. Era lei che organizzava? Lei che ha creato “quel sistema di relax”? Eventualmente, è il sistema che bisognerebbe indagare ed analizzare. Lei è stata coinvolta e l’ha sfruttato. Grande Ruby. Non tanto per la quantità di denaro che le è stato donato, tutto il resto vale molto di più. È riuscita a regalarsi una notorietà da star. Oggi viaggia col jet privato. La accolgono con le limusine. Ogni foto o intervista è una caterva di soldi. È andata a Vienna per far “debuttare le debuttanti”! Brava. Stamettendo a frutto ogni piccolo particolare, come una formica.
Certo, lo zio suo, Mubarak all’inizio è stato decisivo. Oggi non le sarebbe proprio d’aiuto, poverino. Ah dimenticavo: mi chiamo Ruby. Non sono nipote di Mubarak. Non ho nessuno zio potente e… forse ha ragione quel bacchettone di mio padre.
[ per gentile concessione del periodico Casablanca: www.lesiciliane.org ]
Graziella Proto, laureata in biologia, si occupava di ricerca oncologica fino al 5 gennaio del 1984, giorno dell'omicidio di Giuseppe Fava. La stessa mattina abbandona la carriera universitaria, si reca alla redazione de "I Siciliani" con cui collaborava e da lì non uscirà più e ne diventerà amministratrice. Nel 2006 nasce "Casablanca" che dirige assieme a Riccardo Orioles: cartaceo nei primi due anni, oggi solo on line.