Dal cuore dell'Africa vuol sentire la mia voce. Non rispondo, ho paura. Cosa devo dirgli? Che sono cambiato o forse che in Italia non mi ritrovo più? Lui pensa che l'Italia sia ormai nel mio cuore. Quanto ha vinto la coppa del mondo il suo sms era felice: "Complimenti". Non sapeva che tifavo per la Francia
Mio padre mi ha chiamato
01-12-2011
di
Cleophas Adrien Dioma
Ieri non ho riposto a mio padre. Il telefono squillava e non volevo sentire. Non ho riposto a mio padre. Non sapevo cosa dire. “Sì, tutto bene, sto bene, sì, lavoro. Sì, la salute va bene”. Gli stessi salamalec. Fare finta che vada tutto bene. Non spaventare. Basta non ho più voglia di mentire. Forse è meglio non dire niente. Chiudo gli occhi e provo a dormire.
Non ho riposto a mio padre. Dentro la mia testa mi vengono certe parole. Le cose che avrei voluto dire. Provare a spiegare quello che c’è dentro di me, dire che in Italia, ancora oggi, non c’è quello che pensavo di trovare. I sogni non sono mai quelli che viviamo. Ci alziamo la mattina e incontriamo la verità. A me piace l’idea che vada tutto bene. Che poteva essere peggio. Ma non è vero.
Trovare delle giustificazioni. Qualche scusa per potere andare avanti. Sempre mentire. Ma io non amo più. Non amo quello che vedo. E quello che non vedo mi fa paura. Non mi piace camminare nel buio. Dove sono, dove andiamo, sono cose importanti da sapere. È strano questo desiderio di cominciare con le cose che conosciamo.
– Ciao tutto bene, ciao come va?
– Male, ho il cuore che batte lentamente. Non lo sento più. Metto la mano e non lo sento battere. Sono morto. Aiuto.
Qualche volta ho voglia di dare delle risposte così. Cambiare, evitare la monotonia. Ma io sono come gli altri, non so cambiare. Allora rispondo sempre: tutto ok. Tutto va bene. Vi voglio bene a tutti. Bisogna qualche volta chiudere gli occhi e non vedere che tutto va male. Io sto male. Non so perché ma sto male, così senza nessuna ragione. Sì, ho deciso di stare male, si, ho deciso di farmi male. Fin dove possiamo essere vigliacchi e non dire le cose come sono. Mi sono stancato di portare sempre la stessa maschera. Mi è stretta. Forse sono un po’ ingrassato, ho la faccia gonfia? Devo trovare un’altra maschera. Divagazioni.
Ieri mio padre mi ha chiamato. Non ho risposto. Avrei dovuto rispondere, poteva essere una cosa importante. Ma non ho risposto. Mi voleva forse parlare di mio fratello, sì, parlare di Fabrice, che studia in Mali. O di Basile che non decide cosa vuole fare della sua vita e non vuole studiare. O forse voleva soltanto salutarmi. Sapere come sto. Qualche volta mi chiama per sentire la mia voce. Così mi dice : sentire la mia voce. La voce di suo figlio. Mio padre mi ha chiamato, ma non ho risposto. Il telefono squillava e io lo guardavo. Sullo schermo si vedeva la scritta papà. Qualche volta odio il telefonino. Non ti puoi mai nascondere. Lo devi avere sempre addosso. Non puoi fingere di non avere visto una chiamata.
È strano questa cosa di mio padre che mi chiama per sentire la mia voce. Se qualcuno me lo avesse detto non ci avrei creduto. Adesso è vero, mi chiama ogni tanto. Ogni tanto dei messaggi. Un sms per dirmi buongiorno. Un saluto da parte di tuo padre. È sempre un piacere leggerlo. Quando ha vinto l’Italia alla coppa del mondo, mi ha chiamato tutto contento: aveva vinto il paese dove vive suo figlio. Io ero tifoso della Francia. Strano, vero?
Cleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.