Cari italiani, venite a sentire cosa pensiamo di voi
22-01-2010
di
Cleophas Adrien Dioma
Noi. Noi siamo brava gente. Noi vogliamo un mondo migliore. Dove tutti noi possiamo stare bene. Vogliamo un mondo di diritti ma anche di doveri. Un mondo dove anche voi immigrati potete essere felici. Avere il vostro posto nel dibattito. Ci siamo resi conto che per molto noi abbiamo solo parlato. Parlato per voi. Ma no, noi no. Gli altri. Quelle associazioni e strutture che dicono di volere lottare per voi. Noi non siamo come loro. Noi vi vogliamo ascoltare. Vogliamo sapere cosa pensate. Vogliamo capire in che modo possiamo aiutarvi a fare, a partecipare al dibattito politico. Noi vi vogliamo bene. Non siamo mica razzisti. Noi. è per quello che vi abbiamo chiamato. Vi abbiamo chiamato per farvi parlare. Ci metteremo li e vi ascolteremo. Non vi preoccupate. Non dovete temere. Ci siamo noi. Ci occuperemo di tutti. Chiameremo gli assessori che si occupano di immigrazione. Vi metteremo vicino una persona importante, esperta di immigrazione. Una persona che conosce bene la vostra situazione. Da molto tempo che si occupa delle vostre problematiche. Mica una persona qualsiasi. Oh! Sarò perfetto. Vedrete. Scriveremo le lettere da mandare alla stampa. Manderemo noi le mail per fare sapere alla città che possono venire ad ascoltarvi. “Venite ad ascoltarli. Venite a sentire quello che pensano. Venite a conoscere questi stranieri che vivono a casa vostra”. Se facciamo tutto noi, la gente non avrà paura di venire. Sanno che noi siamo brava gente. Guardate noi siamo disposto a stare con voi. Siamo disposto a darvi la mano a organizzarvi. Siamo disposto ad aiutarvi a trovare una sede per le vostre cose. Se avete bisogno siamo qui. Dai venite. Molti mi odieranno per questo testo. Ma alla fine credo che sia giusto che qualcuno parli. Visto che avete voglia di ascoltarci. Qualcuno dirà “oh il solito Cleo, sempre a fare polemica. È diventato più parmigiano del parmigiano”. Come se fosse un problema diventare parmigiano. Chi mi conosce un po’ sa benissimo che non mi sono mai tirato indietro. Quando c’era da alzare la mano, l’ho sempre alzata. Ma è sempre la solita storia. Non cambia mai. Cambiano le persone, i meccanismo sono uguali: “noi per loro”. Io credo che esista una ong che si chiami così, Noi per loro. Noi che lottiamo per loro. Noi che aiutiamo loro a organizzarsi. Noi che li ascoltiamo. Noi che facciamo tutto perché loro possano partecipare insieme a noi al dibattito. Noi che facciamo tutto perché loro possano parlare. Come se avessimo bisogno ancora di questo. Come se il percorso avviato da molto tempo non andasse bene. Come se non potevamo anche noi pian piano imparare a dire le nostre cose con le nostre parole. Quando cresceremo veramente e quando potremo camminare da soli verso chi vogliamo? Lo so è difficile accettare che le cose sono cambiate. Che gli immigrati sono “cresciuti”. Che hanno imparato a camminare. A parlare da soli, a organizzare le loro cose. Che sono disposti ad un incontro diverso: alla pari, non con uno che ci tiene la mano e ci mostra la strada. La strada la conosciamo già. Forse non abbiamo i mezzi giusti. Forse la politica non ha ancora la voglia di fermarsi e vedere che le cose non sono come prima e che la nostra partecipazione al dibattito politico è già iniziata da un bel po’. Dovunque in Italia abbiamo scrittori, giornalisti, sindacalisti e politici stranieri. Uomini e donne che ogni mattina si alzano e alzano la mano non solo nel nome degli stranieri come loro, ma forse adesso più che mai, nel nome di questa Italia. La loro Italia. Uomini e donne che hanno una consapevolezza del posto dove sono e dei meccanismi che reggono quel posto. Capiscono la lingua, capiscono la politica. Hanno la loro idea delle scelte da fare. Sanno benissimo con chi parlare e per cosa. Sanno benissimo quale sono le problematiche legate alla loro situazione: sono o sono stati immigrati. Mi fermo qui perché forse non voglio predicare nel deserto. Pure essendo grato a tutte queste realtà e associazioni che vogliono o che già lottano per noi, dico solo per finire che noi abbiamo bisogno di parlare con la politica. La politica decide. E noi dobbiamo parlare con quelli che decidono. Forse non è bello dire le cose in questa maniera. Ma in questo momento non è la bellezza che conta ma i fatti. La bossi fini è una decisione politica. Una legge che crea più danni che soluzioni per tutti, italiani e stranieri. I fatti di Rosarno sono fatti politici. E solo con la politica possiamo trovare le soluzioni. Organizzandoci, proponendo, lontano dalle logiche politiche di partito, il nostro punto di vista. Lavorando non con quelli che vogliono aiutarci ma con quelli che hanno voglia di camminare insieme a noi anche in funzione della nostra maniera di vedere le cose, la politica ma soprattutto in funzione della nostra specificità: l’essere ancora oggi considerati stranieri (soprattutto quelli legati al permesso di soggiorno). Per il resto noi facciamo politica nel nostro quotidiano: abitando vicino a italiani, camminando nelle “loro” strade, lavorando nelle “loro” fabbriche, bevendo il caffè nei “loro” bar, mandando i nostri figli nelle “loro” scuole. Le nostre adesso. Questo è politica. È già politica
Cleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.