Nei giorni scorsi sui giornali è iniziato il solito balletto delle polemiche che precede l’anniversario della strage alla stazione di Bologna, avvenuto il 2 agosto 1980. Invece di colpire a livello politico, come accaduto in passato, con tesi che tendono alla revisione dei fatti accertati in sede giudiziaria, questa volta invece si punta verso aspetti economici. Su questa scia, dunque, si accusa Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime, di attaccare a mezzo stampa le istituzioni martellando sulla mancanza di fondi e di prendersela con i vertici del capoluogo emiliano, passati e presenti. Eppure lo stesso Bolognesi, dopo questi primi articoli, ha dichiarato di non aver cavalcato una battaglia ad personam contro l’ex sindaco o contro l’attuale commissario, ma di aver voluto denunciare un dato di fatto.
Perché sarebbero imprecisi i pezzi usciti di recente?
Innanzitutto ci sono i titoli che sono stati scritti in modo pretestuoso e il contenuto degli articoli è molto diverso da quello che viene anticipato dai titoli stessi. Inoltre va detto semplicemente che quest’anno, con le varie problematiche di bilancio del Comune di Bologna, ci sono state difficoltà ad aumentare i fondi alle iniziative, che rimangono grosso modo quelle degli altri anni: il corteo, la commemorazione in piazza delle Medaglie d’Oro e poco altro. Poi ci sono altre iniziative che si svolgono in questi giorni, ma vanno al di là di quelle sostenute con i fondi istituzionali.
Allora da un lato ci sono fondi istituzionali che scarseggiano. Ma poi c’è un problema su un altro fronte, quello delle disponibilità proprie dell’associazione, non è vero?
Esatto, quelli sono i fondi per la vita dell’associazione e le mie preoccupazioni su questo fronte sono state travisate in maniera folle. In un recente dibattito, mi è stato chiesto qualcosa in merito e ho risposto che questo problema sarà notevole per i prossimi anni. Nel giro di uno o due, le nostre risorse saranno esaurite e con questo le manifestazioni istituzionali non c’entrano assolutamente niente. Quelle sono finanziate attraverso stanziamenti di Regione, Provincia e Comune e finiscono nelle casse del “Comitato di solidarietà”, all’interno del quale l’associazione non è nemmeno presente.
Per cui, dopo aver affossato il “Cedost” – il Centro di documentazione storico-politica su stragismo, terrorismo e violenza politica – per problemi di budget, si rischia di perdere un’altra realtà che conserva la memoria, nel caso specifico la vostra associazione?
Sì. L’associazione ha bisogno di un po’ di denaro per vivere e non stiamo parlando di cifre notevoli, ma è chiaro che se manca quello non c’è la possibilità di fare nulla. Per esempio tutte le volte che ci spostiamo per andare a Roma a discutere di leggi o per fare incontri con le altre associazioni, ci vogliono dei fondi, che ora stanno finendo. In passato, un po’ con attività dirette che facevamo e un po’ con contributi volontari dei cittadini, siamo andati avanti, ma ora le cose sono sempre più difficili e non possiamo sperare in altro che nell’aiuto di qualche privato per continuare a sopravvivere.
A fine giugno Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo in cui si faceva il punto della gestione dei fondi nazionali per le vittime del terrorismo. È un pezzo che riprende un fattore di cui già si era già parlato il 2 agosto 2009, durante la commemorazione in piazza, ricordando il blocco dell’Inpdap per gli invalidi. La situazione a oggi qual è?
È costantemente uguale a prima. Anche questo governo, nonostante le rassicurazioni e le promesse, non ha fatto nulla per sbloccare il pagamento delle pensioni d’invalidità. La situazione ha dell’incredibile. C’è una legge che prevede un determinato supporto per vittime e familiari delle vittime del terrorismo, ovviamente non solo di Bologna ma di tutta Italia, eppure questa legge che ha sei anni non viene applicata.
Perché?
Perché alcuni articoli sono stati scritti male. Allora si era manifestato l’impegno di riscriverli per renderli più chiari, ma l’unico fatto concreto è che non è stato fatto nulla.
Fra meno di un mese saranno trascorsi trent’anni dalla strage alla stazione di Bologna. Questo Paese cosa conserva nella propria memoria di quell’evento?
Tra i cittadini è ancora vivo il ricordo: la stazione crollata, i morti, i feriti, i funerali. È chiaro dunque che dal punto di vista umano i familiari delle vittime che partecipano alle commemorazioni sono sempre più numerosi. Invece dal punto di vista politico, lo spirito si è molto raffreddato anche perché dietro la strage ci sono realtà come la P2 e Licio Gelli, il gran maestro di quella loggia, condannato per i depistaggi alle indagini. Gelli è colui che ha scritto un progetto “d’ordine”, il Piano di rinascita democratica, in gran parte attuato in questi anni. Questa è un’affermazione dello stesso Gelli, non dei suoi avversari. Già questo fatto andrebbe meditato e affrontato. Credo però che le forze politiche attuali, su un tema del genere, non abbiano una gran voglia di collaborare.
A valle di queste considerazioni, si può dire che per il futuro il rischio del boicottaggio della memoria diventa sempre più serio?
Senz’altro. Un po’ viene mascherato sotto forma della mancanza di fondi e di situazioni economiche difficili. Un altro po’ attraverso lo svuotamento dei luoghi dove si dovrebbe fare cultura e dunque anche memoria, come la scuola, bersagliata da una riforma che l’ha penalizzata pesantemente, penalizzando altrettanto le attività collaterali ai normali programmi didattici. E la spirale non si interromperà nel prossimo futuro: i tagli continueranno e i tagli alla memoria saranno pesantissimi.
Antonella Beccaria è giornalista, scrittrice e blogger. Vive e lavora a Bologna. Appassionata di fotografia, politica, internet,
cultura Creative Commons, letteratura horror ed Europa orientale (non
necessariamente in quest'ordine...), scrive per il mensile "La Voce delle voci" e dal 2004 ha un blog: "Xaaraan" (http://antonella.beccaria.org/). Per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri - per la quale cura la collana "Senza finzione" - ha pubblicato "NoSCOpyright – Storie di malaffare nella società dell’informazione" (2004), "Permesso d’autore" (2005),"Bambini di Satana" (2006), "Uno bianca e trame nere" (2007), "Pentiti di niente" (2008) e "Attentato imminente" (2009). Per Socialmente Editore "Il programma di Licio Gelli" (2009) e "Schegge contro la democrazia" (con Riccardo Lenzi, 2010). Per Nutrimenti "Piccone di Stato" (2010) e "Divo Giulio" (con Giacomo Pacini, 2012)