Ho voglia di andare al mare qui attorno per una vacanza da bianco. Ho voglia di tornare in Africa, nipotini che crescono e la terra rossa della mia nostalgia. Alla fine non so mai dove andare...
Se torno a casa i bambini mi guardano: ma quello chi è?
16-08-2010
di
Cleophas Adrien Dioma
Tutte le volte che mi chiedono dove vado in vacanza, rispondo sempre non lo so. Alla fine non so mai dove andare. Dove potere andare. La prima idea è sempre casa. Vicino alla mamma. Il papa. La famiglia. I fratelli. Le sorelle. I nipotini che crescono. La terra rossa. Gli odori. Il tempo fermo per un mese. Mia madre mi ha detto quest’anno di fare delle vacanze da bianco. Mare. Mi piacerebbe. Mi piacerebbe andare al mare. O in montagna. O anche andare in Grecia con mio “fratello” Luca. Fare festa. Riuscire a fare il viaggio che sogno in questo momento: andare in Portogallo.
L’anno scorso non ci sono potuto andare, malgrado il biglietto regalato: avevo il permesso di soggiorno scaduto. Viaggiare. Dimenticare il tempo che passa. Dimenticare tout court. Poi vedo le mie tasche. Guardo la busta paga. Faccio i calcoli. E penso, ma no, non posso. Devo pensare al viaggio in Africa. A fine anno. Devo pensare alle cose da portare. I regali. I soldi per poter vivere là. I soldi per quelli di là. Devo pensare a mio fratello che sta finendo l’università che mi chiede soldi per finire la tesi. Mio ultimo nipotino che non mi conosce ma che al telefono mi chiede come regalo una bicicletta. Quattro anni fa sono tornatè a Ouaga e c’era il nipotino, che aveva appena tre anni.
“Ma chi è questo, mamma?”.
“Ma è zio Cleo”.
“Zio chi, quello del telefono?”.
Sì, quello del telefono. Quello che sorride sentendo solo la tua voce. Quello che ha le tue foto sul comodino. Quello che ha mandato i soldi per la tua prima bicicletta. Quello che ha scelto il tuo nome. Zio Cleo. Si è voluto del tempo per potere diventare zio Cleo. Adesso, ogni volta che chiamo, riconosce la mia voce e si cimenta nelle sue prime conversazioni. Racconta le sue cose. Mi chiede di sgridare la mamma perché ha sgridato lui. E ho l’impressione di potere partecipare alla loro vita. La mia vita lontana. Con il telefono.
Mio amico Madi mi raccontava che la prima volta che è tornato a casa dopo tre anni di immigrazione (clandestinità poi regolarizzazione). Suo figlio aveva appena quattro anni. E la notte vedendo questo straniero che voleva dormire nella camera della mamma si è messo a piangere. No, questo straniero non può dormire qui. Questo è la nostra casa. Non voglio.
“Ma è papa”.
“No, non è papa, mio padre è in Italia”.
Riuscire a spiegare a questo bambino che quell’uomo che vuole dormire nella camera di sua madre era suo padre è stato la cosa più difficile della loro vita. Quella notte ha dormito sul divano.
Queste vacanze li faccio sulla mia bici. In giro in questa città. Sempre più mia. A bere qualche birra ogni tanto con i fratelli sul prato della piazza della pilota. Leggerò un po’ di più, con tutto quel tempo che ho. Sistemerò casa. Scriverò un po’. Il tempo passerà. Avrò fatto anch’io le mie vacanze. Poi forse anche quest’anno, verso dicembre, andrò in Burkina, vicino la mamma. A bere il latte.
Cleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.