Negli ultimi anni il nome di Elio Ciolini è finito raramente sui giornali. La comparsa più recente risale all’estate 2005 quando alcuni personaggi legati all’estrema destra italiana sarebbero stati in cerca di contatti a Bruxelles per favorire il finanziamento europeo di non meglio definite attività. E ancora, procedendo a ritroso, nel 2001 l’uomo sembra aver confermato una caratteristica già evidenziata in passato: essere un depistatore. Ex vigile urbano nato a Firenze il 18 agosto 1946, Ciolini dieci anni fa raccontò di essere stato avvicinato in Bolivia da un sedicente estremista di sinistra a caccia di supporto logistico per organizzare alcuni attentati in Italia. Tra gli obiettivi, fece il nome del presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, e di quattro città, Roma, Milano, Bologna e Venezia. Inoltre disse che lo sconosciuto avrebbe fatto parte di un’organizzazione terroristica in contatto con la sacra corona unita e con narcotrafficanti latino-americani.
Si indagò, all’inizio del precedente decennio, su queste affermazioni, ma non saltò fuori nessun riscontro. E a parte la sortita subito rientrata del 2005, quello di Elio Ciolini è un nome rimasto per lo più nella memoria di chi ha seguito la storia giudiziaria delle stragi in Italia. In particolare della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
A rievocarlo è stata nei giorni scorsi la mail di un giornalista belga che indaga sulla cosiddetta banda di Patrick Haemers, un criminale morto quarantenne nel 1993 dopo una vita di rapine (la prima risale al 1978 e per portarsi via il corrispondente di 235 mila euro prende in ostaggio 28 persone). Negli anni Ottanta, con la complicità di Philippe Lacroix e di Thierry Smars, si specializza in furgoni portavalori e, nel giro di sette colpi, arraffa 5 milioni di euro, ma nel 1985 uccide due persone e viene arrestato di nuovo.
In galera però Haemers non ci resta a lungo e, dopo un’evasione, il 14 gennaio 1989 rapisce il primo ministro belga Paul Vanden Boeynants, che rimarrà un mese nelle mani dei sequestratori e sarà liberato dopo il pagamento di un milione e mezzo di euro. Il criminale e la sua banda, in quell’occasione, firmano il rapimento con la sigla «Brigade Socialiste Révolutionnaire» e, una volta rilasciato il politico, Haemers se ne va in Brasile, ma qui viene arrestato poche settimane dopo ed estradato in Belgio nel 1990. Rinchiuso in attesa di giudizio nel carcere di Forest, dal quale intanto è scappato il suo vecchio complice Lacroix (Smars è morto invece nel 1986), il 14 maggio 1993 il bandito viene ritrovato impiccato nella sua cella.
Il collegamento tra la banda Haemers e Ciolini, in base alle evidenze investigative emerse negli anni, si crea quando sull’italiano, che si farebbe chiamare colonnello Bastiani, viene aperto un fascicolo come conseguenza di una precedente indagine a carico di Lacroix e Smars. L’interesse degli inquirenti è quello di far luce sulle attività di una società a loro vicina e in gioco ci sarebbero ingenti somme di denaro passate temporaneamente al «colonnello Bastiani» e pare non restituite. Intorno a questo nodo non sciolto si articolerebbe l’inchiesta del giornalista belga che cerca informazioni su Elio Ciolini.
Descriverlo non è semplice. Per i giudici di Bologna che indagavano sulla strage del 2 agosto 1980 era «probabilmente legato sia ai servizi francesi che a quelli italiani» e per il generale Nino Lugaresi – subentrato alla guida del Sismi nel 1981 (vi rimarrà fino al 1984), dopo lo scandalo P2 che vide il coinvolgimento del suo predecessore, Giuseppe Santovito – era un «esecutore di ordini altrui e uomo legato a Gelli». Ciolini iniziò a raccontare le sue mendaci verità sulla bomba alla stazione nel 1982, quando si trovava nel carcere svizzero di Champ Dollon (lo stesso in cui soggiorneranno altri compatrioti negli anni immediatamente successivi: da Licio Gelli, fuggito da qui nell’estate 1983, a Florio Fiorini, il «corsaro della finanza» che inciampa in giri di tangenti).
Arrestato l’anno prima per una truffa ai danni di una donna americana (l’aveva convinta che il Mossad volesse ucciderle il marito per la vendita di armi ai mediorientali), l’uomo scrisse ai magistrati italiani ricostruendo uno scenario che includeva terroristi tedeschi e francesi e che era molto simile a quello contenuto nel falso dossier «Terrore sui treni», artefatto di servizi militari e piduisti secondo cui lo scacchiere che aveva portato alla strage era internazionale.
Ma Ciolini, esibendo documenti risultati poi altrettanto falsi, aggiunse che la bomba di Bologna era anche un tragico escamotage per distrarre da ben altri fatti, come la cessione di una quota della Montedison a una misteriosa realtà per la quale trattavano esponenti della Commissione Trilaterale (gruppo fondato da David Rockfeller che comprendeva Stati Uniti, Europa e Giappone). Inoltre tirò in mezzo anche una loggia di Montecarlo, a suo dire vera mandante della strage e legata alla P2, ed altri estremisti, come Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia Nazionale.
Ma non pago, il depistatore si rivolse anche alla procura di Roma sostenendo di conoscere la sorte di due giornalisti italiani, Italo Toni e Graziella De Palo, scomparsi nel nulla a Beirut il 2 settembre 1980. A volerli levare di mezzo – sostenne – era stato un politico italiano visto dalla coppia di cronisti a un incontro di trafficanti d’armi avvenuto nella capitale libanese.
Per tutte queste affermazioni, nel febbraio 1983 Elio Ciolini è tornato in carcere in Svizzera. Su di lui pendeva un mandato di cattura internazionale per calunnia e falso aggravato ai danni degli allora ministro per le partecipazioni statali Gianni De Michelis (citato nel riferimento al caso Toni-De Palo) e vice segretario socialista Claudio Martelli (Bologna). Avrebbe agito per denaro, sostenne l’uomo una volta arrestato, ma questa giustificazione non fu abbastanza per evitargli le relative condanne. Inoltre nel 1992 parlò di un pericolo golpe, orchestrato in Jugoslavia da massoni e mafiosi, fino ad arrivare al presunto attentato del 2001 al premier e in altre città italiane.
Antonella Beccaria è giornalista, scrittrice e blogger. Vive e lavora a Bologna. Appassionata di fotografia, politica, internet,
cultura Creative Commons, letteratura horror ed Europa orientale (non
necessariamente in quest'ordine...), scrive per il mensile "La Voce delle voci" e dal 2004 ha un blog: "Xaaraan" (http://antonella.beccaria.org/). Per Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri - per la quale cura la collana "Senza finzione" - ha pubblicato "NoSCOpyright – Storie di malaffare nella società dell’informazione" (2004), "Permesso d’autore" (2005),"Bambini di Satana" (2006), "Uno bianca e trame nere" (2007), "Pentiti di niente" (2008) e "Attentato imminente" (2009). Per Socialmente Editore "Il programma di Licio Gelli" (2009) e "Schegge contro la democrazia" (con Riccardo Lenzi, 2010). Per Nutrimenti "Piccone di Stato" (2010) e "Divo Giulio" (con Giacomo Pacini, 2012)