Ascoltando le cronache nazionali e internazionali di questi giorni ha cominciato a tratteggiarmisi in mente un disegno che all’inizio ho cercato di cancellare, ma che si è insistentemente riproposto, quindi sento il bisogno di condividerlo. Sto rafforzando, mio malgrado, la convinzione che sia in atto la quarta guerra mondiale (la terza è quella cominciata l’11 settembre 2001 e che non è ancora finita). La quarta guerra mondiale è una guerra economica, ma anche un conflitto sociale. Le nazioni non sono più garanti dei loro cittadini e le loro rappresentanze politiche sono solo una delle fazioni sociali in lotta.
Gli operai vengono sottoposti a uno schiacciante ricatto, mettendo in palio la loro possibilità di sussistenza e poi sono chiamati a esprimere democraticamente il loro parere sull’opportunità o meno di accettare. Dagli spalti opinionisti e giornalisti commentano e giudicano l’opportunità della loro risposta, dimostrando quanto dolorosamente facile sia fare demagogia e cronaca sulla pelle e sulla busta paga degli altri. Gente senza alternative, con una virtuale corda al collo, che può scegliere se dare un calcio allo sgabello o solo stringere un po’ di più la corda e sulla base del proprio voto spietatamente giudicata, senza che si avanzino vere alternative. Del resto, gli operai sono una specie in via di estinzione.
Certo, i tempi chiedono e contestualizzano (!) sacrifici e gli operai li fanno in un modo e le partite iva nell’altro, i piccoli imprenditori, gli artigiani e i commercianti – a loro volta – a modo proprio. Tanto, soprattutto alle partite iva, nessuno dà voce perché non si sa da che parte potrebbero votare e in mancanza di un orientamento politico (o scegliendo quello sbagliato) pare si possa morire senza generare in nessuno rimorsi di coscienza.
Oltre cinquantamila precari della scuola sono stati lasciati sul lastrico con modesta risonanza (risonanza nulla, se paragonata al clamore per i cinquemila dipendenti Alitalia a rischio posto di lavoro o ad altre analoghe circostanze). Chi resta a scuola passa per lavativo e perde scatti stipendiali (con riflessi sulla pensione, se mai una ce ne sarà). I ragazzi sono a scuola ma non si sa nulla di quel che sarà di loro, perché saranno fatti loro e delle loro famiglie. Certamente, nessuno degli altri se ne sta seriamente occupando. La sanità è alla deriva e i tagli scudisciano i portatori di protesi, quelli che avrebbero bisogno della pensione dell’Asl o dell’Inps per invalidità (che, in nome dei falsi-invalidi, si può far cadere una bella scure).
Qualcuno ha a cuore la popolazione? A me non pare di vedere grandi soluzioni. Certo, c’è la cassa integrazione, un’ottima cosa. Ma risolve tutto?
Mi pare di sentire un’eco di demagogia in qualsiasi discorso. L’impressione è che la crisi sia tremontianamente un mostro sempre più pauroso ma che non ci sia nessuno che abbia voglia di pensare una soluzione: chi non nasconde la testa sotto la terra, si accontenta dei quattro fili verdi che gli crescono sotto le suole.
Demolita una società, non resta che affrontare la quarta guerra mondiale, quella dell’ognuno per sé e Dio per tutti. E Dio per tutti sarebbe bene trovarlo per vie traverse, visto l’attivo sdoganamento della bestemmia che forse ci ha inimicato anche l’unico alleato, quello estremo.
[Enzo Apicella, grande disegnatore satirico, vive a Londra. Ha così commentato il risultato delle elezioni a Mirafiori: l’illustrazione accompagna un articolo di Doriana Goracci apparso su Reset.]
Annalisa Strada (1969) si occupa di servizi editoriali e di promozione della lettura. Autrice di libri per bambini e ragazzi. Pubblica con San Paolo, Piemme, Ape Junior, Paoline, Città Aperta e Gabrielli Editori.