L’editore Laterza pubblica un saggio di Valentina Pazè, In nome del popolo. Il problema democratico. Il problema democratico affrontato dall’Autrice, (dell’Università di Torino, ricercatrice di Filosofia politica) è precisamente quello del popolo. È capace il popolo di essere sovrano di se stesso? Una massa informe, nella quale c’è la plebe, ci sono i subalterni che non decidono da soli, ci sono gli stupidi (nel senso esaminato da Dietrich Bonhoeffer scrivendo, nel 1942, Dieci anni dopo) è in grado, ed è degna, di realizzare l’ideale democratico? Valentina Pazè vuole guardare in faccia la realtà, prendendo sul serio quella che Norberto Bobbio chiamava la «salutare, per quanto detestabile, lezione dei cinici». La critica di Platone alla democrazia è ancora attuale. Ci sono motivi di delusione del sogno democratico: sono vincenti? La studiosa torinese non è rassegnata: nella seconda parte del lavoro indica alcune possibili risposte.
Anzitutto, la protezione costituzionale della “sfera dell’indecidibile”, quei princìpi e diritti sottratti alla volontà maggioritaria del momento, per proteggere la democrazia dal degenerare in “dittatura della maggioranza”: infatti, contro ogni populismo, il suo principio supremo non è la semplice regola di maggioranza. Un autore tra i molti, particolarmente studiato e seguito da Valentina Pazè, è Luigi Faerrajoli, con una concezione valoriale della democrazia. Conclude l’Autrice: «I diritti sono per definizione pretese, o aspettative, rivolte contro le maggioranze, e se vengono costituzionalizzati è proprio per porli al riparo dalla volontà delle maggioranze». «La democrazia non è tutto. I diritti fondamentali vanno protetti anche contro il volere del popolo» (p. 108, 110).
In secondo luogo, la risposta della società civile, cioè l’educazione del cittadino, con gli interrogativi su cosa sia realmente l’opinione pubblica, e se sia possibile cambiare il mondo senza prendere il potere (tra i riferimenti: Vaclav Havel, John Holloway). L’ultimo capitolo è dedicato ad un’ampia informazione e analisi sulle esperienze di democrazia partecipativa.
Sappiamo che la democrazia è una scommessa sulla capacità di autocorrezione, nel dialogo pubblico, della ragion pratica degli umani: possiamo sbagliare in tanti, ma possiamo ripensare e rettificare le decisioni, purché non siano irreversibili. Ma per questo occorre nella società politica la più aperta, libera e corretta discussione. Inoltre, non basta la ragione comune: l’Autrice segnala che occorrono esempi morali, cittadini e politici che siano guide nella dedizione al bene comune (p. 86).
Questo studio, affrontando direttamente solo il tema della rappresentanza, non esaurisce il problema della democrazia. Altri grandi interrogativi odierni si pongono alla nostra riflessione e meritano una ricerca accurata e ben documentata su autori ed esperienze, come è questa. Penso al tema democrazia e violenza.
Quanto alla violenza economica strutturale: è sufficiente il riconoscimento del voto ai poveri e alle donne (conquista faticosa, superando riserve che non erano insensate), se poi quel voto non è libero da condizionamenti materiali e non è liberamente informato? Ferrajoli propone di inserire nelle costituzioni non tanto il pareggio di bilancio, come si vuole ora, ma vincoli sociali, come una quota minima destinata a garantire i diritti sociali (p. 168)
Quanto alla violenza bellica: è sufficiente “contare le teste invece di tagliarle” all’interno del recinto democratico se poi, nei conflitti esterni, non si conosce altro metodo che tagliare (o bombardare) le teste? È possibile che gli studiosi raccolgano le esperienze e riflessioni finora compiute sulla gestione popolare nonviolenta dei grandi conflitti, in sostituzione della guerra, riconoscendole come un obiettivo autentico della democrazia?
Enrico Peyretti, intellettuale impegnato nel movimento per la nonviolenza e la Pace. Ricercatore nel Centro Studi “Domenico Sereno Regis” di Torino, sede dell’Italian Peace Research Institute. È membro del Centro Interatenei Studi per la Pace. Fra i suoi libri: “Per perdere la guerra” (Beppe Grande, Torino); “Dov’è la vittoria?” (Il Segno, Gabrielli); “Il diritto di non uccidere, schegge di speranza” (Il Margine, Trento)