La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Io, nero, ho paura

28-12-2009

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Qualche volta viviamo sospesi. Sembra tutto tranquillo ma e solo apparenza. Vivo d’amore ma non so cosa vuole dire. La notte di Natale. Piove forte fuori e io sono qui dentro. Il freddo mi fa tremare. Aiuto. Ho voglia d’amare e non so cosa vuole dire. Fra poco nascerà il Cristo. Il figlio di Dio. Io di chi sono il figlio? Pian piano cerco i vestiti. Forse esco, ho ancora un po’ freddo. Questa solitudine immensa. L’uomo solo che cerca l’amore. “Devi amare l’altro come te stesso”. Ma come dovrebbe essere l’altro? Bianco, rosso, giallo o solo essere umano. Mia madre mi ha chiesto ieri se sono andato in chiesa. Ho risposto si, ma ho mentito. In questo Dio non ci credo più. Questo dio bianco che bianco non è. Bianco, io sono nero e cerco di dimenticare il mio colore. Aiuto. Non torna mai, sai. Mai. Io non prego più, se torna mi vedrà qui seduto aspettando qualcosa che non abbia colore. Che sia solo vita e verità. Verità e forse un po’ amore. Dammi la mano, dimmi di si. Alleluia. Esiste. L’ho visto, esiste. Come mai è difficile parlare. Parlare d’amore. Parlare di vita. Parlare di persone che vivono e cercano l’incontro. Cercano la vita. L’altra vita. Non per forza quella migliore. L’altra vita. Una vita diversa. Tranquilla. Andare lontano per trovare se stessi. Quello che si è perso andando via dove lo troviamo? Ho le mani alzate. Aiuto. Io non credo più in lui. E se non torna non è grave. Io non l’aspetto. Aspetto che finisce la pioggia. Che finisca questo tempo sospeso che vivo. Ho il permesso di soggiorno scaduto sai. E sono qui e non so cosa fare. Devo andare a rinnovarlo ma non ho voglia. Effimera sensazione di liberta. Questa impressione di potere. Sono un prigioniere libero. Posso uscire ma non posso andare. Non posso andare da nessuna parte. Solo qui posso essere. Qui. Sospeso. Sento fuori il rumore della pioggia. Piove. Ancora. Quante lacrime? Ancora. Quante? Ho freddo. Dentro di me, ho freddo. Dio. Quel dio che pregano tutti. Quel dio amore non mi ama più. Ha mai amato una persona come me? Ha mai amato i disperati? Ha mai amato l’altro? Rispondimi. Io sono qui. Rispondimi. Se sei amore fammi sapere. Dove sei che non ti vedo mai. Io non credo. Ho mai creduto? Aiuto. Ho paura di questa vita. Vita sola che vivo. La mia vita. No, ieri non sono andato in chiesa. Non ho messo le preghiere. Non ho acceso la candela. No. Non c’era bisogno….ho bisogno di uscire un po’. Fà freddo. Porterò qualcosa di pesante. È Natale. Fra poco nascerà il Cristo. Se torna adesso non vedrà nessuno. Forse solo me. Un uomo solo che cammina nel buio della notte. Forse non mi vedrà talmente sono nero. Aiuto.

Cleophas Adrien DiomaCleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.
 

Commenti

  1. silvio cinque

    Caro amico, non entrerò nel gioco di questo blues natalizio. Perché se sei triste a natale e gli altri giorni dell’anno sfigato, se sei donna l’8 marzo e gli altri giorni madre, moglie, lavoratrice e bella senz’anima, allora vuol dire che ti hanno fregato per benino. Qual è il problema? Non ti hanno fatto entrare ai loro cenoni ed alle loro mense e ti hanno lasciato fuori in ginocchio a piangere sul panettone non mangiato, sulla mangiatoia non panettonata e sullo sciampagne versato nella scodella del gatto gurmet? Beh cazzi loro! Non è quello il mio natale, non è quello il mio 8 marzo, e non ci sono divinità bianche e sorde che dovrebbero ascoltare le mie suppliche. Mi dispiace che il panettone me lo debba mangiare solo a Natale, a meno che non me lo cucini per i fatti miei che so, il 24 marzo in onore del natale del mio figliolo maschio e semi occupato, senza futuro e senza tetto o il 31 marzo per il natale di mia figlia che sarà presto disoccupata per le logiche aziendali della Endemol. Vuoi piangere con me fratello e condividere rabbia e sogni? Va bene, fatti sotto e para il cappello. Non ti tirerò l’acqua del mugnaio né la biada del falegname; non avrai la tela della sposa per cucire tanti lettini e pannolini per il bambini già condannati che vivono dalle tue parti natie.
    Ma per l’amordidio lasciamo stare l’incommensurabile, l’immenso inimmaginabile, l’imponderabile e l’eterno che con le nostre umane cose non centra assolutamente nulla. Condividiamo qualcosa di terribile e di umano, rabbia, sogni e diritti, facciamolo insieme con la nostra amica Fabrizia o Nadia e chiunque e siamo tantissimi, disposti a condividere, a rispettare a realizzare. Non voglio la tua integrazione, non voglio la tua sudata e meritata italianità. Se questo significa fare di te un suddito del volemose bbene allora dimmi come possa fare per smettere di essere questo tipo di italiano, questo tipo di credente, questo tipo di umano. Eppure hai grandi doti e grandi qualità, hai una sensibilità che ti costa, ovvio, dolore, smarrimento e solitudine. Ebbene mi faccio sotto e tu tirami il tuo dolore, il tuo smarrimento, la tua solitudine. Però voglio anche la tua sensibilità, la tua gioia, il tuo orgoglio, la tua fantasia, il tuo modo di vedere la realtà che non è quello mio, ma quello tuo. E non sentirti solo a meno che tu non ti senta abbastanza per questo nostro mondo da piangere e ridere e strizzare insieme. Amen

  2. Nero di rabbia

    L\’acqua che bevo nera
    di desideri.
    Non mi disseta più.
    Di petrolio colma i reni
    e incendia il cuore.

    Nel cielo deserto
    i corvi prillano, planano
    scendono,
    piroettano, girano.
    Poggiano neri
    sulla cupa carogna le ali.

    L\’ira nera contro gli ingiusti
    che fanno oro del pane
    e intanto
    fra té verde e pasticcini rosa-
    parlano d\’altro.

    (da Meltèmi, di Helene Paraskeva, Lietocolle 2009, dedicato a Cléo)

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