Sì, lo so: bruciare libri è da nazisti e papisti d’altri secoli, due categorie che hanno innalzato roghi di carta stampata per impedire la circolazione delle idee. Un po’ come la Cina o i Paesi islamici che mettono il lucchetto a Google. Ma la decisione del reverendo Jones di dare fuoco al Corano è ascrivibile a questi precedenti? Certo che no. Per quanto possa essere oltranzista e fanatico non lo è al punto da pensare di impedire la circolazione del libro sacro dell’Islam tra gli americani o nel resto del mondo. Il suo è un gesto simbolico forte. Non chiamiamola provocazione, però, termine da riservare alle infelici intemperanze dei politici o a certe «opere d’arte».
Un gesto simbolico che può indurre alla riflessione. Io, per esempio mi sono chiesto: perché folle vocianti bruciano le bandiere e un pastore della Florida che fino all’altro ieri non si sapeva chi fosse non può dare alle fiamme il libro che lui ritiene la fonte di ogni male?
Tra le bandiere che bruciano, badate bene, non ci sono solo quelle a stelle e strisce degli invasori ma anche quelle di Paesi miti come la Danimarca il cui unico torto è quello di avere tra i suoi cittadini un vignettista che con la matita si fece beffe di Maometto disegnandolo come il mandante dei bombaroli integralisti.
Se mi dite che le bandiere dei Paesi ritenuti ostili dai musulmani si possono bruciare perché rappresentano il popolo, mentre il Corano non si può bruciare perché è un testo sacro che contiene la parola di Dio, allora i conti tornano. E si capisce perché in questo mondo si continuino a massacrare gli esseri umani mentre alla divinità è dovuta la massima reverenza. Anzi è dovuta a una in particolare. La più severa e vendicativa, quella che ha al suo servizio folle inferocite e preti che non si limitano a scagliare l’anatema ma ti spediscono i sicari a domicilio. Tutte le altre religioni, dal cristianesimo con le unghie spuntate al buddismo, dallo scintoismo all’ultimo animismo africano, debbono sopportare in silenzio. Perché, come si diceva un tempo, non si accettano provocazioni. Non bisogna fare il loro gioco eccetera.
Insomma, all’unica religione al mondo che fa paura (non importa se per deviazione dei suoi teologi o per sua natura) si risponde nel modo antico dei pusillanimi: deboli coi forti e forti coi deboli. L’ennesima conferma che non c’è gara tra chi ha Dio dalla propria parte e chi ha invece soltanto la propria coscienza laica e civile.
Poi ci sono quelli che ti tappano la bocca e spengono obiezioni come questa dicendoti: ma vuoi provocare una carneficina per la soddisfazione di bruciare un libro?
Giusto. Lasciamo perdere. Per realismo e per quieto vivere non se ne fa niente. Però la prossima volta non venite ad arruolarci in nome di una bandiera. Brandite un testo sacro e mettetevi alla nostra testa gridando «Dio lo vuole». È così che regredisce il mondo. È così che si ritorna al nostro caro Medioevo. Quando le cose, anche il sangue versato, avevano un altro sapore. Più vero.
Ivano Sartori, giornalista, ha lavorato per anni alla Rusconi, Class Editori, Mondadori. Ha collaborato all’Unità, l’Europeo, Repubblica, il Secolo XIX. Ultimo incarico: redattore capo a Panorama Travel.