“Occupazione verde”. Il manifesto sulla parete d’ingresso delle facoltà di lettere e di economia dell’Università è grande quanto inequivocabile, impossibile non vederlo. Ben più difficile è carpire informazioni sulla protesta.
L’aula k3 verrà occupata per 3 giorni. Nei corridoi fogli di inneggiamento alla protesta privi di motivazioni ma colmi di buoni propositi: “non fumate nelle aule”, “non vomitate per terra”. Avvertimenti necessari quando tanti ragazzi sono pronti a convivere per 72 ore all’interno di uno spazio ristretto.
Buoni propositi che però sono come promesse di marinai. Entrando in k3 a tarda ora si hanno visioni da rave party. Il primo sentore che qualcosa puzzi è proprio l’odore acre di una spessa nebbia di fumo; e col primo sentore viene di conseguenza a cadere anche il primo degli avvertimenti. Il secondo decade qualche passo più in là, su un pavimento appiccicoso come caramello, chiazzato di vomito e di vino. In fondo un buio corridoio è una pista per chi vuole ballare elettronico. Chiedere ai manifestanti aiuta poco a comprendere qualcosa della protesta: si mugugna di un inceneritore.
Il dubbio è ancora una volta su quanto i giovani che manifestano siano davvero informati e responsabilizzati sulla politica per cui lottano o protestano. Un dubbio bipartisan, che riguarda ragazzi di destra e di sinistra.
ASPIRANTI FASCISTI E DELUSI DI DESTRA – Luigi ha 23 anni ed è un persona divertente, sempre pronto allo scherzo; difficilmente si penserebbe che ama fotografarsi con armi da fuoco o con la scritta “boia chi molla” stampata sulla t-shirt. Luigi ha fatto la sua scelta ideologica, giusta o sbagliata che sia, apprezzabile o meno. Ciò che invece colpisce è la parzialità delle sue conoscenze politiche e storiche. Chiedete a questo ragazzone quali riforme siano state apportate dal fascismo e fiero ve le elencherà una dopo l’altra, col ritmo serrato di un burocrate esperto. Se invece a Luigi si domanda di Giacomo Matteotti ecco che qualche lacuna emerge: parlerà di voci senza fondamento, di mafia. Conoscenze pari a zero circa il discorso di Mussolini alla Camera del ’25 o i successivi fatti dell’Aventino. Luigi si definisce un neofascista ma forse è solo un nostalgico maleinformato (volutamente?) di qualcosa che non ha vissuto. La speranza è che il suo sia un caso isolato sebbene egli ripete che l’Italia è piena di gente con le sue idee.
Una conoscenza di tutt’altro livello hanno Cristina e Giuseppe, esponenti di organizzazioni giovanili di destra e centrodestra, membri di gruppi universitari schierati. Seguono la politica e la praticano attivamente tra Catania, Ragusa e Roma da quando avevano vent’anni; non molto tempo fa dato che adesso ne hanno 24. «Mi sono allontanato dalla politica dopo tutti questi scandali – esordisce inaspettatamente Giuseppe – adesso sui giornali preferisco seguire la cronaca anziché i botta e risposta tra opposizione e governo. Nel privato un uomo può fare ciò che vuole, però un Premier è sempre un Premier… Si votasse adesso per il governo non darei fiducia a chi ho votato alle precedenti elezioni, mi sposterei più al centro.» Anche Cristina è delusa, ma non solo dagli scandali: «In questo momento anch’io cambierei il mio voto; le mie idee restano di destra e allora mi sposterei ancora più a destra. La riforma Gelmini non mi è piaciuta per niente, così come la politica estera condotta dal nostro governo: non si può baciare la mano a Gheddafi!» Il dibattito sulla riforma del Ministro dell’Istruzione è ancora vibrante tra i ragazzi. «La riforma era necessaria, però il testo così com’è passato ha tanti punti su cui sono in disaccordo.» Giuseppe ne è convinto; Cristina è più categorica: «Per me non va bene per nulla, non si dovrebbe mai tagliare all’istruzione o alla ricerca.»
Se invece si sposta la discussione su qualche tema meno caro ai ragazzi, come quello attualissimo della riforma della giustizia, emerge una scarsa informazione: «Sinceramente mi sento impreparato – afferma Giuseppe – ma ultimamente la politica mi ha deluso, stancato, e mi sono perso qualcosa.» Risposta praticamente identica anche per Cristina, con l’aggiunta di una vena polemica personale: «Sono delusa sia da coloro che ho votato sia da tanti miei coetanei che fanno politica: troppi interessi, troppa voglia di farsi notare, di organizzare eventi per il gusto della popolarità.»
TRA RASSEGNATI ED AGGUERRITI DI SINISTRA – Il tema di queste settimane della riforma della giustizia suscita imbarazzi anche tra i ragazzi che si definiscono di sinistra, a dimostrazione che la mancanza di informazione è un problema che non conosce schieramenti. L’unica positiva eccezione è data da Stefano, studente di ingegneria informatica che mai si è iscritto ad un partito o si è candidato ad una qualsiasi forma di elezione. «Sono tanti i punti della riforma a cui sono contrario. Non è tanto l’idea generale che essa sia una lex ad personam, idea non del tutto corretta, quanto il fatto che la riforma finirebbe per squilibrare i processi: l’accusa non potrebbe usufruire dei 3 gradi di giudizio, degli appelli, e il risultato sarebbe una giustizia meno giusta. Per non parlare del potere dato al Parlamento sulla priorità dell’azione legale!» Stefano è molto ben documentato, ha sviluppato un’idea chiara «ma non attraverso i tg, lì parlano in politichese. Oggi se vuoi farti una tua idea non devi rimanere passivo davanti alla tv ma andare a cercare le notizie, i documenti su internet. In televisione per esempio la riforma è troppo spesso presentata non per il suo discutibile valore ma in funzione del Presidente del Consiglio: o è una truffa agli italiani per salvare Berlusconi o una salvezza per gli italiani offerta da Berlusconi. Il problema è che in Italia la politica è Berlusconi, quando lui uscirà di scena lo farà anche l’opposizione perché in questo momento ha bisogno di “Silvio” per avere un senso. Sinceramente non vedo un’alternativa in tempi brevi, una speranza di cambiamento.»
Il “cambiamento” è un tema ricorrente tra i ragazzi. «Alle precedenti elezioni il mio voto è andato a destra – spiega Annalisa, aspirante giornalista – ma non sono per niente soddisfatta. Adesso voterei PD, non tanto per i programmi (che ancora sono poco definiti non essendo questo periodo elettorale) ma in risposta al governo attuale.» Forse questa è la prova di ciò che sostiene Stefano: o sei con Berlusconi, o sei contro. Ciò che colpisce parlando con molti ragazzi è il senso d’impotenza, la rassegnazione ad un sistema bipolare basato su “Silvio”, letteralmente disprezzato, e su un’ipotetica controparte X che al momento manca.
Ma tra i giovani di sinistra si sentono anche voci agguerrite, pronte a dar battaglia proprio perché consci del malumore generale che aleggia tra i ragazzi. «Io sono pronta a tornare in politica – dice Arianna, un look etnico ed artigianale di chi ama viaggiare – con una serie di raccolte-firme in ambito locale. Il momento è cruciale, dobbiamo far sentire la nostra voce. E dobbiamo farlo bene, dobbiamo essere informati, combattere la “disinformazia”, come la chiama Bocca, cioè una vera e propria forma mentis controllata e direzionata dalla tv.» Anche Arianna ce l’ha con l’informazione del piccolo schermo, ma proprio come tanti altri mostra qualche incertezza sulla conoscenza degli ultimi avvenimenti politici. La strada tra informazione politica e giovani ha buche vistose.
UNA QUESTIONE DI STILE – Il look di Arianna non è casuale. Se a caso si prendesse un suo coetaneo e, indicandola, gli si chiedesse “secondo te quella ragazza è di destra o di sinistra?” molto probabilmente opterebbe per la seconda possibilità. Un’idea infatti diffusa tra tutti i giovani (e non solo), senza distinzioni di colore politico, è il preconcetto che ad un certo stile di vestiario, di musica, di gusti, di locali frequentati, corrisponda anche una determinata idealogia. Un giovane con i dread nei capelli ed abiti larghi viene spesso, ma non sempre correttamente, etichettato come di sinistra; dall’altra parte un ragazzo che ama gli abiti di marca e frequenta ambienti “selettivi” sarà filogovernativo. «E’ un’idea che hanno praticamente tutti, sbagliata ed ignorante. L’abito non fa il monaco, eppure la prima impressione è quella lì» spiega Giuseppe. Secondo Arianna in certi casi lo stile può anche venir prima della scelta politica, esserne la causa: «Ognuno si avvicina a chi vede più simile a sé e di conseguenza ne verrà influenzato. Magari un ragazzo non è di sinistra, magari non avrà ancora una sua idea politica, ma andrà comunque alle manifestazioni perché lì ci sarà gente in cui si riconosce. Manifesterà per qualcosa che di cui non è informato e pian piano sentirà proprio il pensiero di chi condivide i suoi gusti prima che le sue idee. Alle proteste è pieno di gente che è lì solo per farsi vedere, per stare con gli amici.»
GLI INDIFFERENTI – La maggior parte dei giovani con proprie idee politiche proviene da ambienti universitari. Ma a vent’anni non tutti studiano, c’è già chi lavora o chi vorrebbe lavorare. Sono tanti, e in molti casi riforme e partiti non rientrano tra i loro interessi. Stefano è sincero: «Non vado spesso a votare, la politica non mi interessa, non la seguo. L’ultima volta non ho votato perché mi seccava uscire per andare fino al seggio.» Il rischio è che questa considerevole massa non informata sia terreno fertile per strumentalizzazioni di facile ed enorme portata. «Considerando che non ne capisco niente, per votare accetto il consiglio di una persona che stimo e che so abbia le idee più chiare delle mie. Ho votato Berlusconi perché lo sostiene mio padre e diverse persone che mi sembrano corrette. Non ho il tempo né la voglia di informarmi direttamente. So che non faccio certo una gran cosa, che non si dovrebbe fare così.» È la confessione rilassata di Massimo, sconcertante ma non certo isolata.
Ai primi dell’Ottocento Costant scrisse parole che oggi sembrano estratte da una profezia: “Il pericolo della libertà moderna è che, assorti nella nostra indipendenza privata, e nel proseguire i nostri interessi privati rinunciamo troppo facilmente al nostro diritto di partecipare al potere politico.” Il monito del filosofo francese è spaventosamente attuale, perfetto per far drizzare le orecchie dei ragazzi e dei politici veramente interessati a coinvolgere nuove forze verso il bene del Paese. Ma forse è più facile governare futuri adulti che “scelgono” di essere disinformati, forse la “disinformazia” è più concreta di quel che si pensi.
Fabio Manenti, siciliano di Ragusa. Dottore in Lettere e studente di giornalismo e cultura editoriale presso l'Università di Parma.