Si sapeva dal 1997 della faccenda della sconcertante tumulazione, in una basilica paleocristiana romana, di Enrico De Pedis, detto Renatino, boss efferato della banda della Magliana, ma anche probabile Servo di Dio, se non Venerabile e Beato, in attesa di santificazione, almeno secondo le dichiarazioni, apologetiche ed agiografiche, circa la sua misericordia evangelica ed il suo spirito di carità cristiana in favore dei poveri e dei giovani, redatte dal soave e serafico mons.
Piero Vergari, rettore della basilica. Dopo breve tempo dalla sua eliminazione a revolverate, da parte dei rivali, il boss dei “testaccini”, i cui funerali erano stati officiati dal monsignore succitato, dal Verano era stato traslato altrove, come era avvenuto per la Santa Casa di Loreto. Lo aveva accolto un avello, messo a disposizione della famiglia, nella basilica di Sant’Apollinare. Ciò non solo in virtù delle laute elargizioni che avrebbe ammannito al vicariato, ma anche perché, parola della moglie-vedova, lì si era sposato, nell’88, e lì avrebbe voluto essere tumulato, piuttosto che in un qualsiasi plebeo cimitero. Lo scandalo delle indulgenze e della remissione dei peccati in cambio di pecunia, dopo cinque secoli, sopravvive ancora., anche se sul sacro soglio il Pontefice non è più Leone X.
Probabilmente, grazie ai suoi legami con esponenti vaticani del calibro di Marcinkus, dei cardinali Poletti e Casaroli e di numerosi altri monsignori, doveva aver fatto loro delle proposte che non si potevano rifiutare, come citava il giovane Padrino del film omonimo, e che andavano contraccambiate, pena la rivelazione e la divulgazione di altarini scottanti. Sul suo sito, intitolato “Attività pastorali di mons. Piero Vergari”, il medesimo, ennesimo demiurgo tra l’umanità e la divinità, tra l’immanente ed il trascendente, solennemente ed aulicamente conclude le sue giustificazioni alla tumulazione di un gangster de noantri tra Papi, cardinali e nobili romani, con due motti: Parce sepulto, di Virgilio ed anche De mortuis nil. nisi bene, da Omero; così cita il chierico, anche se mi risulta che sarebbe più corretta la versione “De mortuis nil, nisi bonum” e il motto, poi, non è di Omero, ma da Diogene Laerzio attribuito a Chilone di Sparta. Non ci sono più i monsignori di una volta.
Ci si è aggiunto poi anche l’onnipresente ed immancabile Divo Julio de Roma capoccia, con frasi sibilline, ma fondamentalmente giustificative, se non di approvazione, dell’intera operazione. Eppure, esiste un articolo, il 1242, del Diritto canonico, che vieta la tumulazione di cadaveri nelle chiese, eccezion fatta per Pontefici, cardinali e vescovi emeriti, ma nella loro chiesa. La notizia era esplosa nel luglio 2005, a “Chi l’ha visto?”, quando, nel corso di una telefonata in diretta, una voce anonima – pare poi, dagli accertamenti audio, quella del figlio di un esponente della banda della Magliana-, avvertì che la risoluzione del caso della povera Emanuela Orlandi si trovava proprio nella tomba di De Pedis. Che la faccenda desse un certo fastidio a qualcuno, lo dimostrava il messaggino criptico, ma non troppo, in stile mafioso, recapitato alla redazione di Chi l’ha visto?, che avvertiva: “Lasciate in pace Renatino!”
Da qualche tempo, pare, comunque, che il Vaticano, il vicariato di S. Apollinare e la famiglia di Renatino non si oppongano più ad un’ispezione della tomba, se non proprio ad un ennesimo spostamento delle sue venerabili spoglie. Forse, dopo le notizie del coinvolgimento nel rapimento e nell’assassinio dell’Orlandi, dei rapporti di Renatino con ogni branca della criminalità organizzata locale, nazionale, internazionale ed anche con elementi molto ambigui in Vaticano, qualcuno sta riflettendo, specie ora, che sono tempi cupi non solo per i lupi, ma anche per la Chiesa cattolica, apostolica e romana. Forse si sono decisi, in alto loco ecclesiastico, a darci un contentino, a noi pecoracce nere e peccatrici, costantemente fuori dall’ovile alla ricerca della verità.
Come ripeteva il buon Lubrano, mi sorge però spontaneo il dubbio che l’avello incriminato sia già stato aperto, ripulito e rimesso a nuovo, in modo occulto, come solo i servizi segretissimi vaticani sanno operare, con esperienza bimillenaria, ben superiore a quelle della CIA, del KGB e del Mossad. Ora siamo qui, trepidanti, increduli, a seguire i due passi avanti e i tre indietro della procura di Roma, nella persona del dott. Giovanni Ferrara, per cui, come in “Aspettando Godot”, pare sempre che la riapertura della tomba del campione di carità cristiana sia imminente, ma poi ci si ripensa e viene procrastinata, forse dopo qualche avvertimento telefonico -in latino, beninteso!- dallo Stato Vaticano. Altro che parabole del ricco epulone e di Lazzaro, di Cristo che scaccia i mercanti dal tempio e predica al vento, dalla montagna, le Sue beatitudini!
Una persona ben più avveduta ed esperta delle cose di questo mondo, che non Lui, semplicemente Seconda Persona della SS. Trinità, ossia mons. Marcinkus da Chicago, aveva una volta dichiarato che lo Stato della Chiesa non si può governare certo con le Ave Marie: a Dio quel che è di Dio, a Cesare,quel che è di Cesare! A noi, poveri peccatori, gregge smarrito, guidato da cotali pastori, rimane comunque quel disagio ed un certo malessere, la sensazione sgradevole di essere, nostro malgrado, circondati di sudiciume; la constatazione stupefatta delle malefatte che alcuni successori di Pietro e degli Apostoli, le nostre guide spirituali nel cammino dalla Ecclesia militans a quella triumphans, quotidianamente perpetrano, in perfetta letizia, da secoli. Loro, ch,e da pulpiti eccelsi, non si peritano di continuare a condannare, a colpi di crocifisso e di aspersorio, di bolle ed encicliche, tra anatemi e scomuniche, streghe, eretici, gay, divorziati risposati, coppie di fatto, abortisti, il padre di Eluana, la decisione di Welby; ma poi, scesi sul terreno della vita quotidiana, razzolano pessimamente, nella beata e comoda sostituzione del reato con il peccato, che si lava via con tre Pater, Ave e Gloria, dopo l’Ego te absolvo del confessore, mai seguito, comunque, da una riparazione.
Franco Bifani ha insegnato Lettere in istituti medi e superiori dal 1968 al 2003. Da quando è in pensione si dedica essenzialmente alle sue passioni: la scrittura, la psicologia e il cinema.