La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Libertà Zero e grandi affari, così la Cina 2010 fa invidia a Berlusconi

19-07-2010

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Shanghai – Dopo l’inaugurazione del Gran Premio di F1 e dopo i Giochi Olimpici del 2008, la Cina trova l’ennesima occasione di stupire il mondo con la dimensione astronomica del suo sviluppo ospitando l’EXPO. E qui la fiera mondiale non poteva che avere le stesse gigantesche dimensioni del paese che l’ospita. Con 100 milioni di visitatori previsti e una media giornaliera di quasi mezzo milione, l’EXPO rappresenta quel palcoscenico internazionale che, come già le Olimpiadi di Pechino, accrescono il peso e il prestigio della nuova Cina nei fori internazionali, culturali e sportivi.

Per celebrare l’apertura dell’evento, il 1° maggio scorso, tutti i giornali e canali televisivi della onnipresente CCTV hanno trasmesso per tre giorni la cerimonia di apertura, mentre in piazza Tienanmen si imponeva un ritratto gigante di Sun Yet Sen, padre del nazionalismo cinese del secolo scorso. Enormi manifesti di esaltazione dell’evento (di portata storica) sorgono in ogni angolo delle principali città.

A Shanghai, le dimensioni della fiera sono ciclopiche, dai padiglioni alle misure di sicurezza e accoglienza (dentro la fiera e fuori, con volontari in ogni angolo della città). Tra i tanti padiglioni si impone come da programma quello della Cina, con una gigantesca torre rossa in stile dougong per accedere alla quale occorre riservare il posto in anticipo. Il tema del padiglione cinese è lo splendore e la ricchezza orientali.

Ma l’EXPO 2010 non è solo egemonia cinese. La Cina apre e guarda con enorme interesse agli altri paesi. Sebbene il padiglione italiano faccia una bellissima figura, con i visitatori cinesi che fanno due ore di coda per scoprire il segreto del made in Italy, chi ha fatto i maggiori sforzi per stupire i visitatori della fiera sono stati non democratici, come le petro-dittature mediorientali (con il padiglione iraniano che esibisce imbarazzanti gigantografie di Ahmadinejad), l’Azerbaijan, il Turkmenistan, il Venezuela o la Corea del Nord. Paesi in cerca di investimenti finanziari e visibilità.

Eppure, dietro la portata faraonica di questi padiglioni si nasconde il tentativo di questi paesi di approfittare del peso finanziario globale della Cina per migliorare la propria posizione nei rapporti internazionali. Una Cina che non bada alla natura del sistema politico di altri paesi quando si tratta di fare affari.

Nei padiglioni e nei viali della fiera tutto funziona a dovere, e le critiche per la scarsa organizzazione risultano difficilmente comprensibili per l’evento più visitato della storia. Le autorità cittadine hanno infatti intensificato il numero di metropolitane di più di 10 volte, messo a disposizione autobus nuovi gratuiti che fanno la spola tra i viali centrali e la zona fieristica, e fatto molti lavori di miglioramento edilizio a palazzi e strade, come già era successo a Pechino nel 2008. Tutti i numerosi aberghi di Shanghai, dagli ostelli agli hotel di lusso, sono esauriti anche lontano dalle festività nazionali, quando fino a 3 milioni di visitatori arrivano in città per visitare i frutti della nuova grandeur cinese.

Più che costituire un’occasione per attirare investimenti o credito internazionale, come per il Sud Africa e i suoi mondiali di calcio, l’EXPO rappresenta per Cina un momento unico per allargare il gruppo dei sostenitori del modello economico centralizzato di Pechino, e ridurre sempre più quello dei suoi detrattori, dando al mondo la misura del suo orgoglio nazionale. Eventi come questo, infatti, non solo legittimano il sistema politico cinese agli occhi della popolazione stessa, ma zittiscono i sostenitori accaniti del modello neo-liberista e dell’idealismo democratico, non in grado di offrire una ricetta che possa mettere al riparo dai disastrosi effetti della crisi economica.

La popolazione, dal canto suo, rincitrullita da schermi TV che, nelle case, nelle metropolitane, negli aeroporti, e spesso anche per strada, trasmettono quasi sempre notizie dei traguardi raggiunti dal Partito, guarda all’EXPO con uno stupore e un orgoglio nazionale che sembra marginalizzino sempre più il dissenso. La classe media che se lo può permettere, va in devoto pellegrinaggio a Shanghai quasi più per un omaggio alla madre-patria che per sincero interesse nella portata internazionale dell’evento.

Per la maggioranza dei visitatori l’EXPO rappresenta un modo unico per conoscere culturalmente, economicamente e, si spera, anche politicamente (ma non si sa con quali risultati, sia beninteso) il mondo esterno, da cui la Cina, nonostante i traguardi finanziari raggiunti dai suoi leader, nonostante lo sviluppo inarrestabile delle grandi città e delle reti di trasporto dei supersonici treni maglev, resta ancora culturalmente isolata.

Quanto all’elite cittadina, l’orgoglio di Shanghai per l’EXPO nasconde anche la rivalità tra il potente centro finanziario della nuova Cina, propulsore della Repubblica Popolare, e Pechino, città amministrativa e centro nevralgico del Partito. Quando il vecchio Presidente “ragioniere” Jiang Zemin è uscito di scena, i nuovi quadri che hanno sostenuto l’ascesa del “populista” Hu Jintao, hanno subito contribuito ad arginare le ambizioni della città meridionale. L’EXPO ribadisce dunque le ambizioni cittadine e la sua voglia di prestigio internazionale.

Non vi è alcun dubbio che a Shanghai si viva in un clima trendy e, se vogliamo, liberal, che contrasta fortemente con l’aria cupa da regime che si respira spesso per le vie del centro a Pechino. Certo, un liberalismo più legato allo stile di vita poco conservatore dei suoi abitanti che a credenze politiche. Sono però proprio eventi come questi (EXPO, Olimpiadi & co.) a poter dare a cinesi ed occidentali la possibilità di guardarsi negli occhi e ammettere rispettivi meriti e colpe…

Emanuele ScansaniEmanuele Scansani ha studiato scienze politiche internazionali dell'ex-URSS a Bologna e, in Gran Bretagna, a UCL e LSE, specializzandosi sui conflitti nei paesi comunisti e post-comunisti. Emanuele lavora al momento in Cina come Lecturer alla Harbin Normal University, nella Heilongjiang province.

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