15 mila artigiani rompono la crosta gelata del fiume Songhua al confine con la Russia. Per due mesi scavano e modellano migliaia di metri cubi di ghiaccio a 25 sotto zero. È il festival delle sculture, orgoglio della Cina
[singlepic id=108 w=220 h=140 float=left]HARBIN – Quando l’inverno siberiano abbassa le temperature medie giornaliere dell’estremo nord della Cina fino a -25/-30 gradi, la città di Harbin diventa improvvisamente il centro dell’attenzione nazionale e internazionale per le sensazionali meraviglie del paese dei balocchi del Festival delle Sculture di Ghiaccio, e delle eleganti sculure trasparenti che giaciono in ogni angolo delle strade del centro.
Un’esposizione incominciata nella metà degli anni ’60 e interrotta solo per alcuni anni durante la Rivoluzione Culturale, il Festival rappresenta oggi il principale momento di gloria di Harbin, tanto sul piano domestico quanto su quello internazionale, e simboleggia anche in modo massiccio la grandeur dello sviluppo cinese e il tentativo delle autorità e imprese locali di ancorare la città alla crescita inarrestabile della Cina. Il Festival diventa così un momento unico per attirare fiumi di visitatori (circa 800 mila all’anno, su un arco temporale di neanche due mesi), sponsor, e, qualcuno spera, ulteriori investimenti internazionali in una delle regioni più inospitali del paese.
L’evento è salito negli ultimi quindici anni alla ribalta degli eventi artistici del paese come esposizione unica di primo piano, e sta gradualmente raggiungendo una netta affermazione nell’intera regione del Sud-Est asiatico (da cui proviene una nicchia significante di visitatori) e, qualcuno spera, a livello globale. Ma è nella vita quotidiana degli abitanti di Harbin e dei suoi immigrati che il Festival cambia i ritmi di vita e lo sviluppo economico urbano di una città che ha cessato solo da poco di essere il grigio centro industriale comunista degli anni ’70 e ’80, per diventare la capitale di una provincia arricchitasi molto negli ultimi anni grazie alla crescita intensa del settore agricolo e agli scambi con le imprese russe di là del confine.
[singlepic id=111 w=220 h=140 float=right]La preparazione dell’evento mobilita per oltre un mese una forza lavoro di oltre 15 mila operai stagionali che raggiungono Harbin sacco in spalla dalla campagna e dalle province di Jilin, Liaoning e Nei Mongol, su decine e decine di autobus che li scaricano ai bordi delle strade, per rimanere oltre due mesi a lavorare attorno all’evento. Nel quadro dello sviluppo di Harbin, il ghiaccio rappresenta la principale risorsa, venendo non solo usata per realizzare straordinarie sculture scolpite con pazienza e attenzione, ma anche venduta ad altre province o ad alcune aziende alimentari giapponesi o coreane.
Così, dalla seconda metà di Novembre alla fine di Dicembre l’esercito di artigiani del ghiaccio è impegnato duramente ad estrarre centinaia di migliaia di cubi di ghiaccio (pari a una quantita approssimativa di circa 150 mila metri cubici di acqua) dalla superfice ghiacciata del fiume Songhua, e a trasportare i cubi nelle aree prestabilite, scolpendoli poi con precisione e insospettabile talento artigianale. Ma i mille colori delle sculture di ghiaccio, celano a stento lo spettro di colori grigi della faticosa realtà delle migliaia di lavoratori stagionali che sono pagati una miseria (1 yuan – 10 centesimi di euro – per cubo di ghiaccio estratto) per lavorare giorno e notte, nonostante il freddo polare, rispettando le rigide scadenze della data di apertura, condizionate molto spesso dal cambiamento delle condizioni climatiche.
Eppure, lascia sorpresi girare per le strade del centro storico e i cantieri del Festival nel giorno prima dell’apertura ufficiale e vedere gli scultori rifinire il ghiaccio con entusiasmo e, ridendo e scherzando, posare di fronte alla lente della macchina fotografica come artisti di fronte alla loro opera d’arte, in apparenza indifferenti alle condizioni lavorative estreme che devono affrontare, desiderosi soltanto di portare qualche centinaio di renminbi a casa alle proprie famiglie. Se per questi artigiani del ghiaccio senza nome e senza educazione il Festival rappresenta anche un piccolissimo momento di gloria personale, lo stesso non è per alcuni studenti universitari che lavorano nei weekend soltanto per poter guadagnare qualche yuan in più da spendere nei fine settimana…
[singlepic id=116 w=220 h=140 float=left]La Cina è anche questo… Chi si reca ad Harbin soltanto per visitare l’Ice Festival non si accorgerà mai dell’impatto sociale che l’evento ha a livello locale e in giro per la provincia. Un senso di euforia ed entusiasmo nelle settimane precedenti l’apertura ufficiale del Festival, il 25 Dicembre scorso, ha nascosto con difficoltà le grandi fatiche che la sua costruzione è costata, lasciando trasparire forti diseguaglianze nella nuova Cina tra operai pagati dieci centesimi a cubo di ghiaccio e turisti cinesi che pagano 150 yuan per venire a vedere questa città di ghiaccio e luci colorate.
Eppure, rimane ben forte il senso che tutti coloro che abbiano lavorato al Festival, dai designer, agli architetti, ai manovali, lo abbiano fatto insieme, fianco a fianco per la realizzazione di qualcosa di grande, in una nuova Cina diversa da quella in cui, secoli prima, a migliaia diedero la vita per realizzare grandi opere ciclopiche che hanno reso millenarie la storia e la cultura cinesi…
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Emanuele Scansani ha studiato scienze politiche internazionali dell'ex-URSS a Bologna e, in Gran Bretagna, a UCL e LSE, specializzandosi sui conflitti nei paesi comunisti e post-comunisti. Emanuele lavora al momento in Cina come Lecturer alla Harbin Normal University, nella Heilongjiang province.