La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

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Il 4 gennaio 1991 la Uno bianca dei fratelli Savi incrocia una pattuglia di carabinieri al Pilastro, quartiere periferico di Bologna: è una strage. Tre giovanissimi militari vengono investiti dal “fuoco amico” degli spietati poliziotti-banditi. Perché? Ancora oggi, come per altre stragi, la verità giudiziaria appare insufficiente a spiegare questa mattanza

BANDA DELLA UNO BIANCA – A vent’anni dall’eccidio del Pilastro: poche verità, poca memoria, nessun perdono

03-01-2011

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«Non li perdono, non li perdonerò mai. Sono cristiana, ma non ce la faccio. Loro non hanno avuto pietà di nessuno. Hanno distrutto la mia vita e quella di tante persone. Sconti di pena per queste persone non ce ne devono essere. Sarebbe una vergogna. Non si sono mai pentiti. Mi auguro di non trovarmeli di fronte un giorno camminando per Bologna». Parola di Anna Stefanini, mamma di Otello: carabiniere ucciso, a soli 23 anni, il 4 gennaio 1991 dai banditi-poliziotti della Uno bianca.

Parole pronunciate nel 2005. L’anno successivo inizierà nel peggiore dei modi per la famiglia Stefanini, le famiglie di Mauro Mitilini e Andrea Moneta – gli altri due giovanissimi militari caduti nell’agguato del Pilastro – e per tutti i parenti delle 24 persone uccise in sette anni di terrore (per un ben magro bottino!): nel giorno del 15° anniversario dell’eccidio del Pilastro i giornali riportano la notizia di una lettera dei fratelli Savi. Una lettera per chiedere “perdono”. Richiesta inaccettabile e, infatti, rigettata. Troppi silenzi. Troppi misteri, ancora oggi, sulla Uno bianca. Con che coraggio si chiede perdono ai parenti delle vittime?

Coincidenza: ci penserà il Parlamento a “rispondere” all’invocazione dei fratelli Savi. Luglio 2006, mentre l’Italia va in vacanza ecco arrivare l’indulto. Tre anni di sconto di pena, a destra e a manca. Si dice di voler rispondere all’appello di Giovanni Paolo II: fate qualcosa per rendere umane le carceri italiane. Troppo affollate, di poveracci. Un provvedimento di sinistra, si osa dire. In realtà a pochi sfugge il significato politico di quell’indulto: Previti di qua, “furbetti” di là… Uno a uno, palla al centro. Non a caso, diversamente da tante riforme abortite, questo impopolare provvedimento trova un sostegno largo e trasversale nel Palazzo: solo Lega, AN e IdV voteranno contro. Al governo c’è Prodi: l’indulto sarà l’inizio della sua fine. Fine del governo e, col senno di poi, fine della “sinistra”. Un caso di eutanasia politica. Il Papa, a dire il vero, aveva chiesto una amnistia.

Anche il CSM suggerì – sommessamente, come sempre – una amnistia selettiva come alternativa all’indulto: ci sono cose che, laicamente, non si possono perdonare. Niente da fare. Poco prima dell’indulto estivo, il capobanda Roberto Savi aveva chiesto la grazia con una breve lettera indirizzata al giudice di sorveglianza Guido Brambilla. La notizia uscì all’inizio di agosto del 2006. A fine mese, la retromarcia (provvisoria?): “Roberto Savi, ex poliziotto e capo della banda criminale della Uno Bianca, ha ritirato l’istanza per la concessione della grazia, presentata nei mesi scorsi. La conferma è giunta dall’avvocato Donatella De Girolamo, legale dell’uomo”.

L’ex ministro della giustizia Clemente Mastella, nel frattempo, aveva rassicurato i familiari: nessuna grazia per i fratelli Savi. Parola di ministro-imputato… Intanto, però, alla preoccupazione per la scarcerazione di Pietro Gugliotta (anch’egli beneficiato dall’indulto) e per lo sconto di pena di cui ha già beneficiato Fabio Savi (il cui ergastolo è stato commutato in 27 anni di carcere), si aggiunge dunque la concreta possibilità che anche al più feroce e spietato tra questi ex poliziotti vengano concessi i benefici di legge. È il 2007: altro dolore, altra paura, altri silenzi.

All’inizio del 2008 Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, invia ai giornali una dura, lucidissima lettera aperta: «Sette anni di inferno per l’Emilia Romagna, decine di omicidi senza un apparente motivo. Rapine con bottini insignificanti e raid di fuoco per terrorizzare benzinai, zingari, extracomunitari, carabinieri, impiegati di banca e semplici testimoni. Ma quello della strage del Pilastro resta un eccidio pianificato nei minimi dettagli. Organi inquirenti che, inizialmente, si spingono su piste sbagliate e devianti, ben 55 innocenti condannati per reati commessi da altri. Ci sarebbe molto da dire sulla banda della Uno bianca…

Oggi la famiglia Mitilini ha una persona in meno a soffrire nel ricordo di quel 4 gennaio di vent’anni fa: la mamma di Mauro si è spenta il 16 aprile 2009 scorso dopo una lunga ed incurabile malattia, un male che l’ha accompagnata già dopo i primi anni, comparso a poca distanza dalla perdita del figlio».

Spietato. Quale altro aggettivo per uno Stato che non si fa carico del dolore di queste e di tante altre madri? Come giustificare un ministro della giustizia (Alfano) che, dopo aver annunciato la sua presenza, lo scorso ottobre ha disertato la commemorazione delle vittime della Uno bianca? Chi può negare che le lentezze e gli “errori” della giustizia, l’ipocrisia della politica e le offensive richieste di perdono degli assassini abbiano reso ancora più doloroso il calvario di queste madri?

Un dolore che sgorga anche dal racconto della signora Paola, madre di Andrea Moneta. Suo figlio, quando aveva 12 anni e frequentava le medie, fece uno strano disegno a scuola: colpi di arma da fuoco… Profezia? Di più: Andrea confessò alla madre una irrazionale convinzione: sarebbe morto giovane. Ad un’amica aveva addirittura confidato che sarebbe morto a ventun anni, “tra fuoco e motori”…

Storie d’Italia. Storie di vita e di morte, “di amore e di odio”. Terrificanti e commoventi. Il cui ricordo è, dovrebbe essere, un dovere civile. Lo scorso 23 dicembre, nel silenzio dei media, ricorreva il 20° anniversario dell’assalto dei fratelli Savi al campo nomadi della Bolognina, in cui morirono due zingari: Rodolfo Bellinati e Patrizia Della Santina. Ma i Rom, si sa, non interessano quasi a nessuno. Perché non votano e non portano voti.

Badate: non è questione di amore o di odio. Quel che manca è la giustizia (terrena). Forse solo l’urlo delle madri può risvegliare dal torpore coloro che si accontentano delle verità ufficiali. Nel caso della Uno bianca, vorrebbero farci credere alla favola degli sbirri cattivi sconfitti dagli sbirri buoni: i buoni arrestano le mele marce e tutti vissero felici e contenti. Purtroppo non è così.

Se non continueremo a rivendicare il diritto alla verità, allora vorrà dire che le mele marce siamo noi cittadini. Uomini e donne senza memoria e, perciò, senza qualità. Figli senza madri. Buon 2011.

Riccardo LenziRiccardo Lenzi (Bologna 1974) è redattore e free lance. Ha scritto due libri: "L'Altrainformazione. Quattro gatti tra la via Emilia e il web" (Pendragon, 2004) e, insieme ad Antonella Beccaria, "Schegge contro la democrazia. 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari" (Socialmente, 2010)

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