Vivo in provincia di Brescia e nel mio comune la Lega ha vinto le amministrative con il 61,07% dei voti. L’affluenza ai seggi è stata alta: 85,6% degli aventi diritto. Un esito, insomma, che è difficile non definire un plebiscito.
Credo che la sinistra (ma pure il centro) che cerca una via dovrebbe almeno analizzare il successo altrui.
Parto dal principio. Il sindaco neoeletto è stato primo cittadino anche nel mandato appena concluso. All’epoca delle elezioni precedenti, la Lega iniziò la campagna elettorale con un anno di anticipo e, di fatto, non l’ha mai conclusa. Ogni domenica, in un gazebo in piazza, raccoglie firme, volantina, informa. Si può non essere d’accordo sui contenuti (ma la gente pare lo sia) però non si può non dare un’occhiata almeno alla forma.
Come comunica la Lega? In maniera semplice, chiara, diretta. Potrei dire in una maniera che suona quasi un oltraggio per chi è abituato a leggere. Ma chi, poi, è abituato a leggere? Qui non ci allontaniamo dalle statistiche nazionali e in Italia ciascun cittadino compra, in un anno, un solo libro e non è affatto certo che poi lo apra. Chi lo fa è un’esigua minoranza e non è con le minoranze che si gestiscono i governi locali (o nazionali che siano).
Dunque la Lega è assidua e comprensibile, semplice e diretta, coinvolgente e a volte viscerale.
Per essere semplici e diretti bisogna avere le idee chiare.
Per essere viscerali, invece, bisogna avere qualcos’altro: la passione, il convincimento di essere nel giusto.
Non vorrei essere fraintesa: questa non è l’elegia della Lega, è casomai il rimpianto di una passione politica che si è persa e rinasce come può, mettendo radici nelle esigenze vere delle persone, nei bisogni del territorio. Una politica che conosce le paure e i punti d’orgoglio di chi vota e va loro incontro. Come lo faccia potrebbe essere oggetto di discussione, ma io qui non voglio entrare nel merito dei contenuti, mi limito alla forma che, evidentemente, è funzionale ed è quella con cui si dovrà misurare in futuro chiunque voglia formulare una proposta alternativa.
Vorrei concludere con un’ultima osservazione. Le ultime settimane si è molto parlato di Noemi, di Kakà e di Mills. Nei bar Mills è stato ignorato, perché la giurisprudenza è una questione da azzeccagarbugli e si è ormai abituati (almeno dalle mie parti) a pensare che la legge è solo questione di voltar frittate e dunque è meglio non fidarsi troppo di quel che se ne dice.
Kakà è stata cosa da milanisti (una buona percentuale anche quelli, ovviamente).
Noemi ha sbancato. E ho avuto la sensazione che, almeno nel retropensiero, un ultrasettantenne che ha ai suoi piedi una diciottenne non sia considerato un pedofilo ma uno con un asso nella manica (e lei una senza scrupoli, che sono cosa d’altri tempi).
Magari vivo in un posto fuori dal mondo e non lo so, ma ho la certezza che siamo circa 7000 e pesiamo (esclusi i minorenni) per altrettanti voti.
Se volete dirci qualcosa, ditecelo chiaro e con convinzione, così possiamo ascoltarvi e capirvi. Non perdetevi in lunghi giri di parole, non sperperatevi nei distinguo, non usate parole che non ricorrono nel nostro linguaggio, non parlateci di esigenze lontane come miraggi, non parlateci di principi in cui non credete e che non applicate di persona… correremmo il rischio di distrarci prima dell’applauso finale.
Annalisa Strada (1969) si occupa di servizi editoriali e di promozione della lettura. Autrice di libri per bambini e ragazzi. Pubblica con San Paolo, Piemme, Ape Junior, Paoline, Città Aperta e Gabrielli Editori.