Sento l’esigenza di sbilanciarmi, in attesa dei risultati definitivi. “Abbiamo scassato!”, urlava dal palco dell’ultimo comizio un Luigi de Magistris stremato da una lunga, difficile ed appassionante campagna elettorale on the road. Quello che poteva sembrare un eccesso di entusiasmo sta prendendo le sembianze di un miracolo annunciato: l’ex magistrato e parlamentare europeo Idv – brutto anatroccolo messo all’indice dal Pd per aver osato presentare la propria candidatura (dopo il clamoroso fallimento delle primarie, ndr) – va al ballottaggio al posto del prefetto Morcone – candidato di Bersani, D’Alema e Vendola -, dimostrando che persino la politica italiana può ancora riservare sorprese.
Prima ancora che il profilarsi di un importantissimo ballottaggio milanese, forse è questo il dato più sorprendente delle amministrative più “politiche” degli ultimi dieci anni. Saltano i calcoli degli spin doctor dagli stipendi d’oro. E pensare che l’ex braccio destro di D’Alema, Claudio Velardi, ai tempi della a-dorata bicamerale – l’«unica merchant bank che non parla inglese» (copyright Guido Rossi, ndr) -, a questo giro curava l’immagine del candidato berlusconian-cosentiniano Lettieri.
A Napoli era sceso persino il ministro leghista Maroni per tentare di arginare l’erosione di consensi del Pdl, iniziata dopo lo scandalo P4: la coppia di inquisiti Nicola Cosentino-Denis Verdini lo accolse all’hotel Vesuvio, suscitando non pochi imbarazzi. Le proiezioni ci consegnano un risultato straordinario per la lista civica guidata dall’ex pm delle inchieste “Poseidone” e “Why not”: nonostante la rottura con gli altri partiti di centrosinistra e i litigi pubblici con Beppe Grillo, Luigi de Magistris ha dimostrato che esiste una Napoli che non si lascia sommergere dall’immondizia. Né quella vera e propria, né quella mediatica: l’eresia del successo di una lista civica che nemmeno Vendola ha avuto il coraggio di sostenere è la dimostrazione che la Tv sta lentamente (troppo lentamente?) perdendo la sua capacità di influenza della cosiddetta opinione pubblica.
Si trattiene a stento la gioia per i risultati di Milano. Se, come pare, ballottaggio sarà, nessuno potrà contenere l’esaltazione delle migliaia di persone che il 13 maggio hanno riempito piazza Duomo, cantando a squarciagola, insieme all’intramontabile insegnante/cantautore Roberto Vecchioni, ‘O Surdato ‘Nnamurato, intelligente beffa al nordismo legaiolo. Il ballottaggio Moratti-Pisapia è un evento politico di enorme rilievo, con buona pace di Beppe Grillo. Non è un caso che i candidati del Movimento 5 Stelle abbiano avuto successo soprattutto nei Comuni dove il candidato del centrosinistra era oggettivamente debole. A Bologna il candidato Pd Virginio Merola ottiene meno consensi della coalizione che lo sostiene: forse vincerà al primo turno, ma senza lo slancio – sorprendente – di Fassino a Torino.
Pisapia a Milano e de Magistris a Napoli hanno mostrato di saper raccogliere, almeno in parte, gli scontenti di sinistra. A Bologna, invece, un anno e mezzo di commissariamento – seguito alle dimissioni “forzate” del sindaco Flavio Delbono – ha depresso lo spirito civico dell’ex capitale della sinistra italiana. È forse mancata una dose sufficiente di autocritica da parte dei partiti che nel 2009 avevano sostenuto l’economista prodiano? Ai politologi l’ardua sentenza.
Intanto la storia insegna: i bolognesi sono molto comprensivi, ma non sopportano l’arroganza del potere. Ne pagò le spese Giovanni II Bentivoglio, Signore di Bologna dal 1463 al 1506, quando una rivolta popolare lo costrinse alla fuga: accordatosi con Luigi XII di Francia, che era stato costretto a mettere a disposizione di Giulio II il proprio esercito, Giovanni Bentivoglio decise di partire la notte del 2 novembre 1506. Nove giorni dopo Giulio II entrò trionfalmente a Bologna. Allontanatisi i Bentivoglio, i loro rivali saccheggiarono e distrussero il Palazzo. Ecco: sarà il ricordo dei saluti romani che, nel 1999, salutarono il trionfo di Giorgio Guazzaloca a garantire la vittoria di Merola all’eventuale secondo turno.
Il dato più significativo nel capoluogo emiliano-romagnolo è l’astensione (nella vicina Ravenna, per esempio, l’affluenza è cresciuta). L’esito finale appare comunque scontato: cittadini-elettori bolognesi che, dopo i disastri dell’era Cofferati/Delbono, hanno voluto dare una lezione alla “gioiosa macchina da guerra” dell’ex Pci, mostreranno di avere la maturità necessaria per evitare di consegnare le chiavi di Palazzo d’Accursio al “leghista dalla faccia pulita” Manes Bernardini. L’effetto Trota è l’altra sorpresa di queste elezioni: l’annunciato sfondamento di Bossi pare tramutarsi in un clamoroso arretramento. Chissà: l’onda verde si è infranta sugli scogli del bunga bunga? Lo vedremo leggendo i risultati definitivi a Milano. Comunque Virginio Merola sarà il prossimo sindaco di Bologna. Anche se la città delle due torri non sarà più la stessa.
Nei prossimi giorni leggeremo fiumi di dati e di analisi. Nei prossimi 15 giorni gli occhi dell’Italia che si indigna e che resiste resteranno inchiodati alle sfide di Milano e Napoli. Una vittoria di Pisapia al ballottaggio sarebbe qualcosa di diverso da un miracolo: sarebbe una svolta. Epocale. Il fiato rimane sospeso.
Riccardo Lenzi (Bologna 1974) è redattore e free lance. Ha scritto due libri: "L'Altrainformazione. Quattro gatti tra la via Emilia e il web" (Pendragon, 2004) e, insieme ad Antonella Beccaria, "Schegge contro la democrazia. 2 agosto 1980: le ragioni di una strage nei più recenti atti giudiziari" (Socialmente, 2010)