L’open source journalism (o giornalismo partecipativo o giornalismo di scambio) è un movimento teso a raccogliere la notizia senza la presunzione di fare informazione, è attivo, ipercritico, aperto allo scambio destinato alla convalida e all’arricchimento della notizia stessa. L’informazione nasce da chi di quella notizia diviene usufruitore e magari parte attiva dello stesso processo di raccolta dati in riferimento a quello specifico argomento.
Gran parte dei cittadini si sta rendendo conto di quanto l’azione informativa svolta dal mainstream mediatico unidirezionale ed unidirezionato sia in realtà una potente azione politica volta alla creazione di un pensiero unico omologato e compatibile a ciò che “il potere” pretende da se e dall’opinione pubblica. É sacrosanto diritto la riappropriazione di un bene comune, quale è l’informazione, rappresentando essa, da sempre, un potente strumento di interazione collettiva volta al risveglio delle coscienze e al controllo del sistema di potere che tende per sua natura a scivolare nell’atteggiamento oligarchico.
Oggi, al contrario di ciò a cui idealmente si dovrebbe tendere, la più parte dell’informazione “ufficiale” pare una sorta di ridicola, oltre che offensiva espressione di lacchè di governi e governanti pretenziosi, arroganti e talmente infarciti di narcisismo da non rendersi conto che “il troppo mostrare alla lunga diviene un nulla di-mostrare” . Ciò di cui sembra non ci si voglia rendere conto è che la cittadinanza la si può zittire, magari usando la potente arma della paura indotta che, se associata alla manipolazione, frammenta la società e trova uno spazio ove potere agire e dominare, ma … il pensiero critico e l’intelligenza individuale non possono essere completamente abbattuti.
Non si può negare quanto ancora la comunicazione via etere e/o via stampa siano dominanti in questo contesto sociale ove pare tenere duro ancora la paura di smarrirsi nella ragnatela di notizie che giungono per lo più a mezzo di un potente strumento di comunicazione quale sta divenendo internet: “se non l’hanno detto al Tg … sarà una bufala!”. La generazione che ha corso per e verso il consumismo post bellico, anche questo sapientemente indotto e condotto sino alla disperata recessione di cui oggi siamo vittime, è legata a ciò che rappresentò la “sua rivoluzione”: l’allargamento dell’informazione a gran parte della popolazione. Un’informazione per certi versi pedagogica e comunque rassicurante ed accomunante un sociale sfracellato da 2 conflitti mondiali. Gli stessi volti dei giornalisti, le loro voci, il loro italiano “doc” hanno insegnato come e perché essere cittadini italiani! Nessuna accusa nei confronti di chi si percepisce ancora legato a doppio filo al mainstream mediatico, nessuna accusa nei confronti dei giornalisti che hanno “scelto” di vivere la loro professione adattandosi alle circostanze … solo una domanda ed al contempo una preghiera… queste sì ce le concediamo: “perché, pur comprendendo le obiettive difficoltà cui siete quotidianamente sottoposti, non provate a buttare un occhio oltre il muro che vi è stato costruito dinanzi ?”. In realtà nei confronti di coloro che, animati dal nobile sentimento della criticità e della ricerca della verità, si adoperano al fine di rendere note situazioni che in altro modo rimarrebbero nell’oscurità non entrando nemmeno nella storia della nostra civiltà… forse … si potrebbe prestare un po’ di attenzione e chissà ?! Magari se ne potrebbe trarre spunto per riproporre un’informazione che potesse nuovamente rivestire il ruolo che di diritto le compete.
Troppi paiono essere gli interessi legati al potere, sia esso economico o di partito (spesso, se non sempre, frammischiati tra loro) comunque un potere che nel 3° millennio dovrebbe essere considerato almeno desueto. Tutto ciò che caratterizza il nostro sociale parrebbe obbligatoriamente muoversi in sintonia con le esigenze di un’oligarchia che, malgrado le evidenze, non vuole cedere il passo… anzi… forse proprio l’evidenza stessa di essere ampiamente superata a livello comunitario pare lo stimolo che la spinge ad innalzare muri su muri a difesa della sua misera forza di “potere su” contrapposto al più sano “potere verso”.
Come scrive Giampaolo Paticchio, (4) facendo riferimento alle dichiarazioni del prof. Gennaro Carotenuto, docente di Storia del Giornalismo presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Macerata: “L’idea guida è quella della riappropriazione collettiva di un bene comune, l’informazione, che -come una sorta di oro del XXI° secolo- sembra essere diventata uno dei perni principali attorno a cui ruotano i poteri e le subalternità, le acquisizioni e le perdite di consenso, le ricchezze e le povertà. L’intuizione è provvidenziale: costruire un’alternativa efficace e veramente pluralistica all’informazione ufficiale di massa, che risulta assolutamente eterodiretta, filtrata, seriale e decisamente ben confezionata per il consumo, indirizzata ad un’utenza spesso molto addomesticata e più sensibile all’involucro che ai contenuti delle notizie e alla loro incidenza sulla vita quotidiana.”
Master in Giornalismo partecipativo: saggio dei partecipanti
La società civile rappresenta l’humus della nostra civiltà, la spinta orientata a ristabilire l’equilibrio etico, il propulsore del cambiamento … a volte tale movimento risulta poco funzionale, se non scomodo al sistema che persegue nell’imposizione piramidale della comunità umana. I movimenti, quelli che davvero costruiscono la storia, sono sommersi da ciò che, più funzionale agli obiettivi dell’apice, sovrasta prepotentemente imponendo un’unica visione di ciò che in verità potrebbe essere letto in modi diversi, ma non per questo meno validi ed efficaci alla comprensione. La notizia che proviene “dal basso” viene sapientemente nascosta tra le pieghe del sistema dominante e … scompare. L’open source journalism può agire facendo luce tra quelle pieghe, emergendo ciò che al di là dell’importanza assoluta, comunque rappresenta la vita reale, quella vissuta dagli umani. Una potente spinta al riconoscimento, alla partecipazione. Le persone hanno bisogno di sentirsi parte e tale bisogno, se soddisfatto, altro non può che rendere attivi cittadini forzosamente sonnacchiosi, ritirati nel loro piccolo “insignificante” mondo tanto da convincersi che la soluzione sia solo quella di demandare.
Trovo che questa nuova espressione del sociale possa rappresentare un sano rimedio al decadentismo globale imperante; un decadentismo che ha creato un buco nero sociale ed individuale… quel buco nero nel quale sguazza il sistema oligarchico imperante!
Abbiamo avuto l’onore di potere passare le nostre esperienze, quale redazione (*) di open source journalism (Arcoiris Tv) (**), quali conduttori di alcune ore di lezione nell’ambito del Master di secondo livello in Giornalismo partecipativo (1) tenutosi presso l’Università di Macerata nel corso dell’anno accademico 2008-2009. Un Master (1) promosso dal prof. Gennaro Carotenuto (2) e destinato ad ampliare e ad aggiornare professionalità giornalistiche che operino nel mondo della comunicazione diffusa che, nel XXI secolo, affianca e spesso sostituisce i media tradizionali per tempismo e autorevolezza. L’esperienza non solo ci ha gratificato per la vivace partecipazione dei presenti, tanto che siamo riusciti a realizzare, anzi … a fare realizzare, un servizio video pubblicato sul portale di Arcoiris Tv, ma anche perché ci ha permesso di consolidare ulteriormente la convinzione (3)
di fare e credere da anni in un qualcosa, quale è la ricerca di notizie dalla base e la loro divulgazione inserite in un movimento di attivazione della criticità sociale, che ha preso forma, che vuole crescere, che riveste un valore assoluto.
(*) http://www.mediconadir.it/
(**) http://www.arcoiris.tv/
(1) http://www.unimc.it/giornalismopartecipativo/
(2) http://www.gennarocarotenuto.it/
(3) http://www.gennarocarotenuto.it/chigennarocarotenuto/
(4) http://www.unimc.it/giornalismopartecipativo/113-giornalismo-partecipativo-prove-di-trasmissione/
(5) Master in giornalismo partecipativo (video): http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=11853
Laureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati.
Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico.
Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).