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Dall'Australia arriva un importante risultato nell'ambito della ricerca clinica. Uno studio rileva un beneficio straordinario (e inaspettato) nel trattamento con bifosfonati, farmaci che possono bloccare il riassorbimento osseo

Osteoporosi: un trattamento che può allungare la vita di almeno 5 anni

10-02-2011

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Densità osseaL’osteoporosi è una malattia, molto diffusa ed invalidante, caratterizzata da fragilità scheletrica, secondaria alla riduzione della massa ossea, e conseguente predisposizione alle fratture. Tra queste emergono quelle al polso, ai corpi vertebrali e al femore che portano inesorabilmente a riduzione, sino a perdita, di autonomia, cui consegue isolamento sociale. Colpisce per lo più il sesso femminile e la sua incidenza aumenta con l’età, in quanto il metabolismo dell’osso pare strettamente legato agli ormoni sessuali, oltre che a fattori genetici, all’attività fisica e alla dieta, nonché a concomitanti patologie e trattamenti farmacologici associati. Come dice il professor Eisman:

In Australia l’osteoporosi è un grande onere sociale e rimane una malattia poco compresa e gravemente sottostimata. Solo il 30% delle donne e il 10% degli uomini affetti ricevono la terapia adeguata, il ché è inaccettabile se si considera che le persone potrebbero essere aiutate, migliorandone le condizioni di vita sino a ritardarne la morte di diversi anni. Esistono buone prove, al di là della ulteriore conferma che emerge da questo studio, che trattando l’osteoporosi si riducano le fratture ossee e la mortalità.

Contenuto medio di calcio

Jacqueline Center e John EismanL’associato Jacqueline Center e il professor John Eisman, del Sydney Garvan Institute of Medical Research (1), hanno basato le loro conclusioni sui dati emersi dal lavoro di ricerca svoltosi a Dubbo (una città nella Regione di Orana nel New South Wales dell’Australia) “Dubbo Osteoporosi Epidemiology Study” (2), una ricerca che ha preso avvio nel 1989 e che rappresenta il più lungo studio epidemiologico a livello mondiale delle fratture osteoporotiche negli uomini e nelle donne
(3).

L’ipotesi di partenza dello studio, che tendeva alla comprensione dell’interazione tra il genoma e gli altri fattori di rischio per questa patologia allo scopo di identificare nuovi obiettivi terapeutici, si è concretizzata nella scoperta dei risultati eccellenti ottenuti con l’utilizzo dei bifosfonati, classe di farmaci in grado di inibire il riassorbimento osseo (4). La sperimentazione è stata effettuata su di un campione di 2000 soggetti dei quali 121 sottoposti a trattamento con bifosfonati per una media di 3 anni. Li si è, poi, confrontati con altri sottogruppi sottoposti ad altre forme di trattamento, come quello con la vitamina D (con o senza calcio) o la terapia ormonale, e l’allungamento della vita associato alla terapia con i bifosfonati è chiara ed inequivocabile.

La professoressa Center testimonia questo fatto:

In un gruppo di donne di età superiore ai 75 anni con fratture osteoporotiche, nei confronti delle quali ci si sarebbe aspettati un tasso di mortalità del 50% nel corso di 5 anni, in quelle che hanno usufruito del trattamento coi bifosfonati il tasso di mortalità è sceso del 10%.

OsteoporosiI dati sono a confortare l’ipotesi che il trattamento con questi farmaci crei un’aspettativa di allungamento di vita di circa 5 anni e i ricercatori ipotizzano che questa possa avere a che fare con il fatto che l’osso rappresenta un naturale magazzino di deposito per i metalli pesanti tossici, come il piombo e il cadmio. L’invecchiamento determina fisiologicamente la rarefazione ossea con conseguente rilascio in circolo dei materiali ivi depositati e altrettanto conseguente danno intuibile per lo stato di salute dell’individuo, venendo meno un potente meccanismo di difesa. Prevenendo il riassorbimento osseo, i bifosfonati prevengono anche il rilascio dei metalli tossici eventualmente presenti. Questa è l’ipotesi al momento più accreditata, al di là dell’osservazione, ma, come dice il professor Eisman:

Mentre possiamo asserire con certezza la dinamica d’azione del farmaco inserito nel metabolismo osseo, non abbiamo ancora le prove che sia a questo imputabile l’allungamento della vita osservato”.

Christine Bennett, presidente della Bupa Health Foundation comitato direttivo e Bupa Australia Chief Medical Officer (5), ha dichiarato:

Mentre l’osteoporosi è chiaramente sottostimata e malcurata, i risultati di questo studio sono importanti per comprendere meglio i benefici di questi nuovi trattamenti che possono direttamente influenzare la pratica clinica. É un grande risultato l’avere scoperto che non solo migliora l’osteoporosi, ma anche la speranza di vita per persone che assumono bifosfonati.

Certo è che, come ogni farmaco, anche il bifosfonato può dare effetti collaterali imprevedibili e deve essere utilizzato con attenzione, sottoposti a sorveglianza medica e per il solo scopo approvato dall’organizzazione di controllo competente che dovrebbe dare la garanzia di adesione al criterio della scientificità.

Note e risorse di approfondimento

Luisa BarbieriLaureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati. Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico. Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).
 

Commenti

  1. Giovanna Arrico

    Mi chiedo più o meno la medesima cosa? Perchè in questi casi, lo specialista o il medico di base non consiglia questo tipo di soluzione, come alternativa all’assunzione del calcio o in aggiunta? Questo è ciò che ho pensato dopo aver letto l’articolo, e aver chiesto ad alcune persone affette da osteoporosi come si curano. L’informazione è opportuna, ma se alla fine non ti aiuta chi è competente?

  2. Anna Costantino

    sono dello stesso parere di Giovanna.Io mi fido del mio medico ,ma lui pur conoscendo il mio stato di salute non mi ha parlato di bifosfonato e così il medico delle mie amiche.Mi chiedo:non lo conoscono? e mi sembra impossibile; non si fidano?

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