“Diritti violati, diritti da conquistare”: a Fano, nelle Marche, sono arrivate donne da tutti i continenti per fotografare la condizione femminile nel mondo, per molti versi ancora drammatica, nell’occasione di un 8 marzo che si vorrebbe più attento alle storie di donne più che a una festa consumistica. La prima Conferenza internazionale promossa e organizzata dall’Oasi dell’Accoglienza Onlus (tel. 0721.885718) si è posta e si pone anche per il futuro l’obiettivo di portare l’attenzione sulle tante situazioni che ledono la dignità delle donne nel mondo, con l’obiettivo di elaborare un documento da consegnare ai funzionari presenti delle Nazioni Unite affinché sia inserito nella Carta dei diritti umani. Tra gli esponenti dei governi e operatori dei vari continenti, sono stato chiamato a sostituire la giurista svedese Gunilla Upmark, responsabile del Commitee of the Labour Market nel Parlamento svedese, bloccata dall’inverno polare di Stoccolma, chiamato a sostituirla per illuminare con le sue idee (raccolte in un mio libro) le numerose zone buie del mondo con un più volte evocato modello virtuoso: “La parità tra i sessi nel lavoro e nelle istituzioni: l’esempio svedese”.
Per nove anni ho diretto la prima e più diffusa rivista di natura e civiltà, Airone. Un’esperienza felice che mi ha permesso di incontrare i maggiori studiosi dei nostri compagni di viaggio sul pianeta Terra, gli animali. Che hanno molto da insegnare a noi umani e che forniscono spunti intriganti alle tante studiose arrivate qui a discutere di Donne e Diritti. Il primo riguarda l’importanza della buona emulazione. Direte voi: che c’entrano gli animali con il tema che sono stato chiamato a svolgervi? C’entra, c’entra. Seguitemi in questo viaggio ideale di cui vi trasmetto idealmente delle diapositive immaginarie alle mie spalle e che si concluderà con una proposta per i prossimi anni che chiamerò “I numeri di Fano”.
Prima diapositiva immaginaria: la copertina di un libro, il mio ultimo lavoro che si chiama “Voglia di cambiare” (Chiarelettere). Proprio per individuare pratiche virtuose e buona emulazione questa volta di altri esseri umani nel nostro continente comune che è l’Europa mi ha portato di recente in un lungo viaggio da Madrid a Londra, dalla Normandia alla Foresta Nera, da Copenaghen a Helsinki, fino a Stoccolma dove ho potuto illuminare il pianeta del lavoro più sicuro e di qualità al mondo. Sicuro per via del quasi azzeramento delle morti in fabbrica, una voce che costituisce la prima vera emergenza nazionale in Italia, ma sicuro anche per via dei diritti assicurati alle donne: insomma a Stoccolma ho scoperto una terra dove abita il buon lavoro, quello con le migliori tutele al mondo, che garantisce il più alto livello di parità sessuale al mondo.
Seconda diapositiva: Stoccolma. Nel Parlamento svedese la metà dei membri sono donne, un dato che lascia stupefatti noi abitanti del Belpaese. Da noi la parola lavoro è prevalentemente al maschile. Un recente studio dell’Eurispes sulle donne che lavorano pone l’Italia all’ultimo posto in Europa: 45,1 per cento contro il 71,6 della Svezia. In Scandinavia l’intelligenza e la professionalità delle donne sono ritenute una risorsa chiave del paese e lo Stato si è organizzato perché questa sia messa a disposizione del lavoro attraverso una fitta rete di servizi, a partire dagli asili: perché il figlio non è solo della donna, ma una risorsa per il futuro dello Stato. Questo aspetto del pianeta del buon lavoro in Svezia è reso evidente dalle 160 donne parlamentari su 349 membri complessivi presenti nella massima istituzione politica della Svezia: il Parlamento unicamerale svedese (detto Riksdag), che in base alla Costituzione ha autorità suprema: una sorridente nuvola rosa che orienta le linee di uno Stato verso la parità totale tra i due sessi. Nel Parlamento le donne sono a quota 46 per cento, contro il 18 per cento della nostra Camera e il 13 per cento al Senato. Ho provato una sensazione piacevole vedere, in un salone del Parlamento di Stoccolma, il signor Per Waetberg, presidente del Parlamento, posare davanti al fotografo con le 160 rappresentanti femminili, alcune delle quali per l’occasione hanno portato i loro bambini.
Terza diapositiva: l’incontro con Gunilla Upmark. La Svezia è forse il paese da più lungo tempo interessato al tema della parità tra uomini e donne. Già dal 1932 uno dei fondamenti del Patto di Saltsjobaden, formato dal governo socialdemocratico e dai rappresentanti dei lavoratori (sindacati, patronati, eccetera) è il principio «a lavoro uguale, salario uguale». Tale principio, originariamente formulato al fine di riconoscere il diritto alla pari dignità del lavoro manuale e non, è stato rapidamente esteso alla necessità di offrire pari possibilità agli uomini e alle donne. Svezia e Norvegia sono stati i primi paesi ad aver legiferato su questo tema. Di quel Patto, fondamentale per la socialdemocrazia scandinava e del tutto ignoto in Italia, c’è da ricordare il principio base: «Voi imprenditori siete bravi a far soldi. Vi incoraggeremo, purché paghiate le tasse. E noi con le tasse faremo il welfare state». La sfida della parità dei sessi nei luoghi di lavoro e nelle istituzioni è ancora all’ordine del giorno. Me la ha sintetizzate, nel suo ufficio interno al Parlamento, la stessa Gunilla Upmark, una giurista passata dal tribunale di Stoccolma a capo della commissione del Lavoro del Parlamento svedese. Gunilla si serve come programma, invece che di molte parole, di soli quattro numeri chiave:
– 100 per cento del salario. Oltre mezzo secolo fa la donna guadagnava la metà, oggi siamo all’80 per cento. Lo stesso discorso vale per l’Italia, dove non conta la bravura e nemmeno l’anzianità. Conta il sesso: se sei donna guadagni meno, il 9 per cento in meno di un collega «maschio» e fino al 26 per cento nel ruolo di manager (penalizzata anche in caso di maternità: è dilagata sui quotidiani nazionali, a fine febbraio, la storia di Stefania Boleso, 39 anni, laureata in Bocconi e per dieci anni responsabile marketing della Red Bull Italia, dopo il parto costretta a licenziarsi). Essere donna non paga. Sull’Italia pesa il fatto che solo una minoranza di donne lavora fuori casa: il 46,3 per cento, penultima in Europa, segue Malta, secondo il rapporto della Ue sullo stato di attuazione della strategia di Lisbona, il cui obiettivo è il 60 per cento di occupazione femminile entro il 2010 in Europa.
– 50 per cento di occupate nelle istituzioni e nelle imprese. E qui, nonostante alcuni picchi, c’è ancora strada da percorrere. «Dagens Industri», l’equivalente svedese di «Il Sole 24 Ore», nei giorni della mia permanenza in Svezia ha messo in prima pagina una «donna potente», Lena Treschow Torell (plurilaureata in materie scientifiche, professoressa universitaria, amministratrice delegata e membro di svariati consigli d’amministrazione) con l’indice minacciosamente alzato a sottolineare che il processo di inserimento delle donne nell’università e nel mondo della finanza va lentamente, troppo lentamente. Un misero 16 per cento di cattedre femminili nelle università di Svezia, un lillipuziano 1,5 per cento ai vertici della Borsa di Stoccolma. E lei, che è inclusa in entrambe le percentuali, inizia a ripensare la sua precedente opposizione alle quote rosa in questi due settori. In Italia le donne ai vertici sono ancora considerate «simpatiche eccezioni» (solo il 5 per cento siede nei consigli d’amministrazione).
– 50 per cento dei congedi per paternità (qui il cammino è duro, ma l’asticella sale: venti padri svedesi su cento usufruiscono oggi di questa opportunità, fino a pochi anni fa si contavano sulle dita di una mano. Come si contano oggi in Italia: nel 2008 solo quattro mariti su cento hanno utilizzato la legge del congedo di paternità nata otto anni fa).
– E infine lo zero per cento di violenze contro le donne. La Svezia, come i pur civilissimi Paesi scandinavi, nonostante i corsi di educazione sessuale per connazionali e anche per immigrati, soffre per le ferite della violenza sessuale. Nel 2008 5.446 donne hanno denunciato di aver subìto violenza, in maggioranza da aggressori conosciuti nelle precedenti 24 ore. È una cifra quattro volte superiore a quella dell’anno 1990. Sempre nel 2008, 500 Rambo senz’anima su nove milioni di abitanti, sono stati condannati per casi di violenza (in Italia invece l’Istat fornisce cifre da choc: 14 milioni le donne vittime di violenza fisica e psichica, 7 milioni gli stupri e abusi, per il 70 per cento colpevole è il partner).
Quarta diapositiva: dopo Gunilla, nel mio viaggio a Stoccolma ho incontrato il magnate italo-svedese simbolo della nuova imprenditoria: Salvatore Grimaldi, 62 anni, duemila dipendenti in tutto il mondo, una casa museo affacciata sulle acque baltiche dove una volta l’anno organizza un festoso convivio alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva. Emigrato dall’Italia quando aveva sette anni, dopo aver lavorato come operaio in Volvo e Scania è cresciuto forte con le sue industrie di biciclette (oggi sono suoi i marchi storici Bianchi e Legnano) e dei macchinari di precisione. «Lo spazio che ho avuto per far crescere la mia creatività imprenditoriale è stato garantito qui in Svezia da buone leggi e dal rispetto comune di queste. In Italia, purtroppo, non servono soltanto buone leggi: serve la coscienza collettiva della legalità, la voglia di rispettare le regole, di voler assumersi la responsabilità dei doveri, una forte dose di autocontrollo, e così si potrà arrivare pure da noi a considerare uno tra i principali diritti, e non solo un sogno, un lavoro sicuro in tutti i sensi. Per uomini e soprattutto per le donne. Di sogni realizzati l’Oasi dell’Accoglienza, sotto la guida dell’infaticabile fondatrice Maria Chiara, nei suoi 18 anni di vita ne ha visto molti, nonostante il diffuso scetticismo iniziale. Di sogni realizzati la Regione Marche, che ha la più alta densità al mondo di musei e di segni dell’arte (battuta solo dalla città di Firenze, ma non dalla regione Toscana) ne ha registrati tanti. Di sogni realizzati la provincia di Pesaro Urbino ne ha visto portare a termine vari, come l’Operazione Salvataggio dei principali capolavori dell’arte italiana durante la seconda guerra mondiale tra Sassocorvaro, Carpegna e Urbino. L’augurio è che nel tempo, tornando ogni anno alla vigilia dell’8 marzo nella cornice del Teatro della Fortuna di Fano, gran parte del pianeta riesca a realizzare il sogno dei numeri di Fano. Ricordateli: 100% – 50% – 50% – zero.
Ultima diapositiva: Danilo Mainardi, docente alla Ca’ Foscari di Venezia, ci fa capire quanto può essere importante lo spirito di emulazione negli animali, in particolare tra i topi: «Nel mio vecchissimo laboratorio dell’istituto di Zoologia dell’università di Parma”, mi ha confidato una volta, “avevo tanti topolini che sapevano risolvere complicati problemi. Li chiamavamo topi maestri. Poi c’erano i topolini osservatori. Questi guardavano risolvere il problema e, come per incanto, anche loro imparavano. Fantastico. Da osservatori si trasformavano in maestri e, quando l’esperimento avveniva coinvolgendo una popolazione, noi potevamo assistere al progressivo,rapido, dicevamo epidemico, espandersi della conoscenza. Non occorreva che ogni topo ripartisse da zero con la noiosa, lunga trafila dei tentativi e degli errori: c’era l’apprendimento sociale. Il sapere del singolo si espandeva, a macchia d’olio, nel gruppo. La popolazione, in breve, non era più quella di prima. Assistevamo, nella vecchia soffitta di quel glorioso palazzo, a uno degli esempi più primitivi di evoluzione culturale. Così, e per questo, i topi hanno conquistato il mondo. Sapendo trasmettere il sapere delle soluzioni. Uno scopre la nuova soluzione, gli altri lo copiano. Così vanno le cose nel mondo degli animali culturali». Trasmettere il sapere delle soluzioni: ecco il messaggio che arriva da quegli spiriti animali.
Salvatore Giannella, giornalista professionista dal 1974, è nato in Puglia nel 1949. Vive e lavora a Milano dal 1975. Studi classici, laurea in lettere moderne. È sposato, ha due figli e due nipoti. Diventa pubblicista collaborando con il settimanale «Oggi». Dopo aver partecipato a Genova all’esperimento di un giornale in cooperativa, «Il lunedì», nel 1975 è chiamato all’«Europeo» da Tommaso Giglio, e diventa direttore del settimanale dieci anni dopo, dopo la pausa di un anno (1984) nella direzione di "Genius", il mensile scientifico dell'Espresso. Nel 1986 viene scelto da Giorgio Mondadori per dirigere «Airone», il primo e più diffuso mensile di natura e civiltà. Lascia «Airone» nel 1994 e crea l’Editoriale Delfi, struttura specializzata in
progetti ed eventi, servizi e realizzazioni per l’editoria e per l’economia dei turismi. Nel 1999 scrive il libro "L’Arca dell’Arte", in collaborazione con lo storico pesarese Pier Damiano Mandelli, per raccontare la storia del soprintendente delle Marche che, nel corso della seconda guerra mondiale, diede rifugio e salvezza nel Montefeltro a migliaia di opere
d’arte. Allo stesso argomento dedica la sceneggiatura del film-documentario per Rai Educational "La lista di Pasquale Rotondi" che vince il premio della Presidenza della Repubblica all’Art Doc Film Festival di Roma 2005, come «miglior film dedicato all’arte italiana». Per la stessa Rai Educational scrive la sceneggiatura del film "Odissea negli abissi" dedicato a Vassilj Arkhipov, il capitano della marina sovietica che durante la crisi dei missili a Cuba con il suo NO al lancio di un missile atomico dal sottomarino assediato evitò lo scoppio della terza guerra mondiale. Dal 1997 è tra le principali firme di «Oggi» (Gruppo Rizzoli - Corriere della Sera) per i temi della cultura e delle scienze. Tra i riconoscimenti ricevuti, il premio Zanotti Bianco (1978) e, dieci anni dopo, il premio dei Club Unesco. Nel 2007 ha ricevuto a Rimini la medaglia d’oro del comitato scientifico internazionale del Centro Pio Manzù, presieduto da Mikhail Gorbaciov, «per aver alimentato la mente degli italiani chiarendo preoccupazioni, scovando personaggi e scavando nella storia e nelle storie, creando sostegni con racconti carichi di realtà e di favola». Paulo Coelho lo ha salutato come «cronista della luce». Ama Italo Calvino dal quale ha raccolto l’invito a illuminare «personaggi e mondi che tenebre non sono e a dar loro forza». Nel 2008 esce da Chiarelettere (www.chiarelettere.it) "Voglia di cambiare", il diario di viaggio nell'Europa eccellente che ha risolto problemi che i nostri politici non risolvono da decenni. Nel 2009 ha pubblicato, per Allemandi editore, “I Nicola”,
storie straordinarie di restauri d’arte nella storia di una famiglia che,
oltre a dare lavoro a metà del paese in cui opera (Aramengo, tra Torino e Asti) ha il merito di aver cancellato la triste fama di quel borgo dove i severi giudici sabaudi spedivano al confino i falliti (da qui la dizione popolare “andare a ramengo”, cioè fallire, andare in malora). Oggi ad Aramengo vanno i capolavori dell’arte, da Giotto a Picasso, per ritrovare colori e salute. Nella primavera 2010 sono usciti due libri da lui curati: "La valle del Kamasutra", di Tonino Guerra, Bompiani, un volume antologico per festeggiare i 90 anni di quel grande poeta e sceneggiatore; e "Consigli per un Paese normale", di Enzo Biagi, Rizzoli, raccolta dei dialoghi tenuti da Giannella con quel maestro di giornalismo.