Parecchie persone, soprattutto di mezza età, usano assumere un basso dosaggio giornaliero di acido acetilsalicilico (la comune aspirina [1]) allo scopo di ridurre i rischi di incidenti cardiovascolari, rischi verso i quali il farmaco ha sicuramente un effetto protettivo, oggi a tale beneficio comprovato, probabilmente si può aggiungere un possibile effetto anticancerogeno.
Un gruppo di ricercatori inglesi facenti capo al John Radcliffe Hospital e all’Università di Oxford hanno pubblicato uno studio sulla rivista medica The Lancet del 7 dicembre 2010 (2). che si rifà all’osservazione di 25.570 pazienti compresi in 8 diversi studi clinici controllati randomizzati sull’utilizzo di bassi dosaggi giornalieri di acido acetilsalicilico, quale fattore interferente la proliferazione di cellule tumorali. Un trattamento con 75-100 mg. di aspirina al giorno per almeno 5 anni pare poter ridurre significativamente il rischio di cancro colonrettale, inoltre molte evidenze suggeriscono che questo farmaco potrebbe intervenire favorevolmente anche a riduzione del rischio di altri tumori.
Questi risultati rivestono importanza nella definizione delle linee guida sull’uso dell’aspirina e della comprensione della carcinogenesi, oltre che della suscettibilità tumorale al farmaco in questione. Peter M.Rothwell, professore di Neurologia all’Università di Oxford, dice che questa osservazione è importantissima quale prova di principio che un singolo composto semplice, come l’aspirina, possa ridurre il rischio di cancro.
“Ci sono tantissimi studi che dimostrano una serie di sostanze induttrici di cancro, ma mai è stato dimostrato prima che si possa ridurre il rischio con qualcosa di semplice come l’aspirina” aggiunge Eric J. Jacobs, epidemiologo dell’American Cancer Society (3).
I risultati della ricerca non arrivano del tutto a sorpresa, in quanto l’aspirina è già stata sperimentata a rallentare e/o prevenire la crescita di linee cellulari tumorali in laboratorio. Studi osservazionali hanno riportato il dato che individui in trattamento con bassi dosaggi di acido acetilsalicilico risultavano a basso rischio per l’insorgenza di cancro colonrettale, lo stesso si è visto in riferimento ai tumori gastrici, polmonari ed esofagei. Questo studio emerge e va a consolidare un presupposto di base in considerazione della sua elevata qualità, poiché basato su studi clinici randomizzati, come afferma Alan A. Arslan, assistente professore di ostetricia e ginecologia e medicina ambientale alla New York University School of Medicine, che diversi anni fa condusse uno studio osservazionale, segnalando il fatto che le donne che avevano assunto regolarmente aspirina avevano un minor rischio di cancro ovarico.
Gli esperti dicono che l’aspirina interviene in parecchi modi nel processo di rallentamento dello sviluppo delle neoplasie, per fare un esempio facilmente comprensibile si pensi a quanto e a come il processo infiammatorio paia giocare un ruolo nella cancerogenesi e a come l’aspirina intervenga bloccando la sintesi delle prostaglandine, mediatori dell’infiammazione, che sembrerebbero incidere sulla promozione precoce del tumore. Inoltre si è visto che l’aspirina può indurre la morte delle cellule del cancro precoce prima che diventino aggressive.
Malgrado tutto questo, come dice il Prof. Rothwell, coautore della ricerca, “questi risultati non significano che da ora in poi tutti gli adulti dovranno assumere sin da subito aspirina”, come per tutti i farmaci, e l’aspirina non fa eccezione considerando anche gli innumerevoli effetti collaterali contemplati, prima di iniziare qualsivoglia trattamento terapeutico è indispensabile consultare il proprio medico che, in base alle effettive condizioni del soggetto in questione, deciderà se iniziare o meno il trattamento preventivo.
“Rimane il fatto” come asserisce il Dr. Eric Jacobs direttore del dipartimento di farmacoepidemiologia dell’American Cancer Society “che questo studio dimostra un’importante fatto, ossia che un trattamento quotidiano a lungo termine di bassi dosaggi di aspirina abbassa la mortalità non solamente del cancro colonrettale, ma di altre forme tumorali.
Il Dr. Rothwell ha sottolineato la definizione dei benefici del farmaco delineati dalla ricerca in esame, in quanto precedentemente le linee guida di somministrazione puntavano l’indice alla possibilità per persone sane di mezza età in trattamento con aspirina di incorrere nel rischio, seppur limitato, di sanguinamento, viste le proprietà antiaggreganti del farmaco, tale rischio contrastava il beneficio derivante dalla prevenzione da ictus ed infarti miocardici; ora la evidenziazione della riduzione di mortalità per parecchi tumori piuttosto diffusi depone a favore dell’utilizzo, malgrado il limitato rischio di cui sopra.
Dopo cinque anni di assunzione a basso dosaggio, la morte causata da tumori gastrointestinali si è ridotta del 54% negli individui in osservazione e, a seguire, si può asserire che dopo 20 anni di assunzione si è registrato un decremento di morti per:
- carcinoma prostatico del 10%
- carcinoma polmonare del 30% (nello specifico si tratta di adenocarcinomi in non fumatori)
- carcinoma colonrettale del 40%
- carcinoma esofageo del 60%
A tutt’oggi, a completamento, i ricercatori dell’Università di Oxford e del John Radcliffe Hospital (4) affermano:
- l’assunzione quotidiana di aspirina pare ridurre il rischio di morte per cancro del 21% dei partecipanti allo studio randomizzato
- da tenere in elevata considerazione che i risultati, da soli, non dimostrano che l’aspirina previene il cancro e anche la morte per cancro e che il ruolo di aspirina come agente di chemioprevenzione deve essere chiarito da ulteriori studi
Prima di giungere a conclusione che potrebbero poi rivelarsi affrettate sarebbe bene proseguire con ulteriori approfondimenti come:
- determinare con precisione quale meccanismo permette all’aspirina di incidere sulla carcinogenesi
- analizzare l’effetto sui tumori ginecologici che non sono stati adeguatamente valutati nella meta-analisi
- esaminare gli effetti del farmaco a distanza maggiore dei 20 anni, nel caso si registrasse un effetto di rimbalzo in ritardo
- riesaminare gli effetti del farmaco nei prime 5 anni, effetti che potrebbero essere sfuggiti nei rilevamenti dell’analisi corrente
Note di approfondimento
Laureata in medicina e chirurgia si è da sempre occupata di disturbi del comportamento alimentare, prima quale esponente di un gruppo di ricerca universitario facente capo alla Clinica psichiatrica Universitaria P.Ottonello di Bologna e alla Div. di Endocrinologia dell'Osp. Maggiore -Pizzardi, a seguire ha fondato un'associazione medica (Assoc. Medica N.A.Di.R. www.mediconadir.it ) che ha voluto proseguire il lavoro di ricerca clinica inglobando i Dist. del comportamento alimentare nei Dist. di Relazione. Il lavoro di ricerca l'ha portata a proporre, sempre lavorando in equipe, un programma di prevenzione e cura attraverso un'azione di empowerment clinico spesso associato, in virtù dell'esperienza ventennale maturata in ambito multidisciplinare, a psicoterapia psicodinamica e ad interventi specialistici mirati.
Ha affrontato alcune missioni socio-sanitarie in Africa con MedicoN.A.Di.R., previo supporto tecnico acquisito c/o il Centro di Malattie Tropicali Don Calabria di Negrar (Vr). Tali missioni hanno contemplato anche la presenza di Pazienti in trattamento ed adeguatamente preparati dal punto di vista psico-fisico.
Il programma clinico svolto in associazione l'ha indotta ad ampliare la sfera cognitiva medica avvicinandola all'approccio informativo quale supporto indispensabile. Dirige la rivista Mediconadir dal 2004, è iscritta all'Elenco speciale dei Giornalisti dell'OdG dell'Emilia Romagna e collabora con Arcoiris Tv dal 2005 (videointerviste, testi a supporto di documenti informativi, introduzione di Pazienti in trattamento nel gruppo redazione che oggi fa capo all'Assoc. Cult. NADiRinforma, redazione di Bologna di Arcoiris Tv).