Anch’io qualche volta sono razzista
28-01-2010
di
Cleophas Adrien Dioma
Non vedo il colore…. (Sorriso). Sì bisogna sorridere e basta. Io vedo il colore, lo vedo eccome. Vedo la differenza. Mi vedo e vedo l’altro. Ma non è quello il problema. Il mio problema. Non la differenza. Non il colore. Il problema è quando il colore e la differenza creano problemi. Quando qualcuno, qualche struttura, qualche istituzione decide che l’essere straniero è un problema. Io so benissimo che non tutti gli italiani sono razzisti. So benissimo, che ci sono delle persone, che ci vogliono talmente bene al punto da essere pronti a morire per noi. So che non tutti gli antirazzisti sono razzisti. Un altro sorriso. Ma ritorno ancora alla mia domanda: cosa porta una persona ad essere antirazzista? Anch’io qualche volta sono razzista. Qualche volta odio i bianchi. Ho dei problemi a parlare con gli arabi. Non capisco gli albanesi. Anch’io ho i miei pregiudizi. Qualche volta certe cose mi danno fastidio. È normale. L’essere umano è qualche volta intollerante a certe cose. Io vedo il colore. Vedo la differenza. La differenza di cultura. La differenza nella maniera di vedere le cose. I punti di vista diversi. la difficoltà a concepire un mondo dove tutti noi potremo stare bene. Si parla adesso di società multiculturale. Multietniche. La somma delle differenze. Ma come diceva Kossi Komlan, questa somma non deve creare un purè ma una macedonia. Sì, una realtà dove si possano sentire tutti i gusti. Dove le differenze possano vivere insieme con una certa armonia. È forse un’utopia, ma qualche volta serve avere qualche utopia. Sognare un mondo migliore. Non quello del Cristo dove tutti ci vogliono bene, ma un mondo dove tutte le differenze possono o essere accettate o almeno tollerante. Tutti quelli che mi dicono che non vedono le differenze o il colore mi fanno pena. Il mondo è già questo: pieno di diversità. Allora non ci dobbiamo nascondere dietro false ideologie. Dobbiamo partire da quello che siamo per arrivare a quello che vogliamo. Cosa ho contro gli antirazzisti? Il loro antirazzismo. Questa maniera di volere lottare per persone che qualche volta non hanno chiesto niente. Che qualche volta hanno un’altra maniera di vedere le cose. Che qualche volta hanno voglia di dire le cose come le pensano loro. Di essere diversi. Non abbiamo bisogno di guide. Di protettori. Non siamo mica bambini. Non conoscere la lingua, non sapere come muoversi, non capire i meccanismi delle società italiane non fanno di noi dei bambini a cui dare la mano e portare in giro. Se dopo tutti questi anni dovete pescare ancora per noi, quando impareremo a pescare? Ma il problema è che peschiamo già. Abbiamo imparato a pescare. Abbiamo imparato ad alzare la mano e dire quello che pensiamo. Scriviamo. Facciamo politica. Partecipiamo al dibattito. Qualcuno dirà che non siamo in tanti. Ma serve la quantità o la qualità? Garibaldi, Gramsci non erano il popolo. Ma ad un certo momento della loro vita hanno rappresentato una cultura politica, una filosofia, un ideale che metteva molti italiani insieme. Dunque abbiamo bisogno di persone che abbiano voglia di partecipare al dibattito. Di mettersi insieme e lavorare ad un incontro diverso. Un incontro diverso tra italiani e stranieri. Da tempo cerchiamo di organizzarci non solo tra di noi, tra le nostre comunità, ma anche tra le diverse comunità e etnie. La strada è lunga, ma non abbiamo fretta. Siamo qui. Già. Allora la lotta è non avere quella fretta del risultato, ma lavorare pian piano, ma sodo. Con un obiettivo chiaro. Alzarsi ogni mattina e andare a parlare con la gente. Le persone italiane, le persone straniere. Ascoltare. Molto. Incontrarci. Discutere. Parlare delle cose che ci mettono insieme. Lavorare sulle nostre differenze. Siamo diversi e non è facile. I cosiddetti stranieri sono diversi tra di loro. Hanno storie, culture, vissuti diversi. E non è facile metterli insieme. Ma non è impossibile. Noi ci stiamo provando. Mettono un mattone dopo l’altro. Con le difficoltà che ciò comporta. I dubbi. Le domande. Le paure. Il fatto che di fronte a noi nessuno ha veramente voglia di ascoltarci. Di sentire la nostra voce. Che a molti (e non solo gli italiani) serve il fatto che siamo divisi. Che molti lottano per questa divisione. Per potere sfruttare questa situazione. Dire: “Non sono neanche capace di mettersi insieme. Facciamo noi per loro”. Ma arriverà il momento in cui riusciremo a metterci insieme. Il momento dove riusciremo a parlare con la stessa voce. Dove riusciremo a fare sentire i nostri gridi. Il momento dove arriveremo a dire che la nostra lotta è la stessa di tanti italiani: stare bene insieme, nel rispetto delle leggi e delle tradizioni della nostra nuova terra, senza dimenticare la nostra storia, la nostra cultura, le nostre tradizioni. Forse chiediamo troppo. Ma non possiamo chiedere altro. Chiediamo ascolto. Chiediamo rispetto. Chiediamo possibilità. Chiediamo rispetto per la nostra differenza. Per la nostra voglia di essere diversi. La nostra voglia di essere diversi non vuole dire essere contro. Ma essere quello che siamo vivendo in questa Italia già somma di tante diversità.
Cleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.