CATANIA: tessuto civile compromesso. Il futuro resiste nelle parrocchie che fanno tremare le sedie dei potenti. Scriveva Giuseppe Fava ( ucciso dalla mafia ) “Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni “
REGGIO EMILIA: La mafia è arrivata e si allarga nel nord a pelle di leopardo. E il berlusconismo attecchisce anche qui
Sarebbe importante raccontare come le città cambiano. Come i sentimenti delle persone si modificano e assumono altre forme. Di come la fiducia si trasforma in paura, di come quelle che una volta erano doti ora sono state imbellettate ma hanno un po’ perso di smalto.
Ed è così che anche Reggio Emilia, la città in cui vivo, si sta trasformando e rischia di perdere la propria storia. Mi è apparso quasi un avvertimento quello lanciato dal libro “L’Italia a pezzi”. Cosa unisce Catania e Reggio Emilia” edita per i tipi di Laterza e scritto dal giornalista Antonio Roccuzzo che ha scritto i primi articoli su “I Siciliani” sotto la direzione di Giuseppe Fava e ha conosciuto la pianura padana come caporedattore della Gazzetta di Reggio.
Roccuzzo ci disegna il volto di un paese, che non è quello delle grandi città, ma che è il volto più semplice e reale dell’Italia. Un paese che si sta trasformando e dove quello che non è stato, chiamiamola Mafia in tutte le sue forme, rischia di avere la meglio sullo Stato, che siamo anche noi.
La resistenza, se non è una parola fuori moda, è lasciata nelle mani delle persone. Persone in quanto cittadini che non si voltano dall’altra parte, che sognano di migliorare la vita degli altri, che vogliono donare opportunità e che non hanno paura a donare se stessi. Storie di persone che non sono tenute a passare alla storia, e che in alcuni ci passano perché finiscono pure ammazzate.
“L’Italia a pezzi” è un titolo non casuale, perché appare in lotta con se stessa come fra bene e male. Roccuzzo vuole indicarci la strada della civiltà, del valorizzare le persone e le esperienze che non hanno paura di sfidare moralismi, poteri consolidati e indifferenza. E lo fa accompagnandoci nell’incontrare un’Italia diversa che nella nostra terra assume i contorni del sogno di Loris Malaguzzi e di una maestra che rimarca il valore di educare i bambini nel “saper fare insieme”, che è alla base di ogni valore cooperativo. Lo fa raccontandoci storie di solidarietà e di impegno civile, sottolineando come queste vicende non trovano spazio sul giornale, forse perché queste persone non hanno la necessità di diventare eroi. Parliamo di persone come Adelmo Cervi, nipote dei sette martiri, che racconta il valore della libertà di dire quello che si pensa, del significato di poter partecipare senza timore di perdere la propria vita. Questo valore, che a Reggio Emilia ha trovato asilo nei primi decenni della Repubblica, sembra fare eco anche a storie come quelle di Giuseppe Fava, giornalista e autore di testi teatrali, freddato dalla mafia perché raccontava l’intreccio tra politica, malaffare, economia nella città alle pendici dell’Etna. Una Catania che risuona nelle parole di Sebastiano Pappalardo che ha creato una fortuna partendo da zero nel campo degli idrocarburi senza sentirsi costretto a sottostare alle regole del pizzo dettate dalla mafia, anzi denunciandole apertamente.
Storie che si intrecciano quando persone come Guido Pellicciardi, esponente politico di Correggio, si mette in testa di convincere i reggiani a comprare dei trattori per le cooperative di Libera. I suoi compagni di partito subito lo prendono per pazzo, poi lo assecondano e, alla fine, capiscono il sogno di Pellicciardi: lanciare una mano in quel sud che non è più così lontano. E sono tante le persone che rispondono all’appello, perché Pellicciardi è uno determinato, tanto che alla fine vengono spediti due trattori e una trebbiatrice a San Giuseppe Jato.
Storie che si intrecciano ma che hanno una radice comune, quella della difesa del futuro. A Catania quella delle nuove generazioni è compromesso, sono bastati meno di sette anni per mandarlo all’aria. Nonostante questo a Catania la maggioranza di governo è la stessa e i problemi vengono demandati a domani. Questo avviene perché il tessuto civile della città è compromesso, quasi non esiste. Il futuro va cercato nelle esperienze che non fanno ancora tremare le sedie dei potenti, dentro alle parrocchie che cercano di riportare la dignità cristiana nella propria città e nelle associazioni giovanili che cercano di divincolarsi dal silenzio, fondando web-tv o siti di controinformazione.
Leggendo il libro di Roccuzzo, un emiliano può sentirsi orgoglioso della propria storia, allo stesso tempo può anche iniziare a farsi qualche domanda sul futuro. Perché anche a Reggio Emilia la mafia è arrivata, si è allargata a macchia di leopardo e ha iniziato ad infiltrarsi al nord, nelle città più ricche. E, insieme alla malavita, le invettive culturali del berlusconismo hanno attecchito anche qui, legittimando il disinteresse per la cosa pubblica, il disimpegno e la supremazia di se stessi sugli altri. “L’Italia a pezzi” ci insegna come sia necessario offrire una risposta energica, sostenere la cultura della solidarietà e della partecipazione, puntare sull’educazione e nessuno deve aver paura di parlare di mafia.
Ce lo insegnano proprio le persone, coloro che non hanno paura a mettersi in relazione con l’altro, che è possibile costruire luoghi in cui vivere meglio, rivolti al pensiero di futuro. Altrimenti ci si ammala, come è successo a Catania, e non serve a nulla cercare di nascondere i segni della malattia. Perchè al nord si ha la sindrome del “a noi non capiterà mai come a loro”, quando si parla di mafia.
Ho sempre creduto che le parole scritte possono toccare anche l’anima dei pigri, di coloro che preferirebbero non occuparsi degli altri. Nelle parole del giornalismo, della letteratura, è possibile trovare il significato di ogni azione disinteressata, tanto che proprio Giuseppe Fava con le sue parole ci ha insegnato: “Io ho un concetto etico di giornalismo – scriveva a proposito della sua professione – un giornalismo fatto di verità, impedisce molte corruzioni, frena la violenza della criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, sollecita la costante attuazione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo si fa carico di vite umane. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori che avrebbe potuto evitare, le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze, che non è stato capace di combattere”.
Roccuzzo ha ripreso, a distanza di quasi trent’anni, questa bellissima pagina di Fava e ci offre uno spaccato del paese, avvertendo come sia importante ritrovare coesione e fiducia, facendo scelte nette e chiare, di valore morale. E che a questa sfida, sappiano concorrere l’informazione, la politica, l’economia, la società civile. Nel rispetto del proprio ruolo. ( “ L’Italia a pezzi “ di Antonio Roccuzzo- Editore Laterza )
Gianluca Grassi è coordinatore del Portale Giovani di Reggio Emilia. Si è occupato di giornalismo, comunicazione e associazionismo, è tra i fondatori della televisione di strada Telecitofono e dell'associazione Gabella che ospita la Scuola di Etica e Politica Giacomo Ulivi. Ha curato Madreperla. La casa che non c’era per Diabasis.