La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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Domani chiude, addio

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Ma gli antirazzisti sanno cosa pensiamo?

12-11-2009

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“Noi sappiamo. Abbiamo studiato, abbiamo letto, conosciamo tanti immigrati. Sappiamo. Sappiamo cosa vuole dire essere immigrato, cosa vuole dire essere clandestino. Cosa vuole dire vivere lontano da casa sua”. Gli esperti d’immigrazione. Quelli che hanno scritto. Quelli che hanno viaggiato. Quelli che lottano per i poveri negri, marocchini, albanesi. Quelli che lottano per noi poveri immigrati. In quasi undici anni in Italia, ho partecipato a tante manifestazioni. Manifestazioni antirazziste, contro la legge Bossi-Fini, contro…. Ho partecipato a tanti incontri, riunioni, conferenze. Abbiamo occupato case. Per lungo tempo ho pensato che facevo parte di una comunità che lottava per un certo ideale. “Hasta la victoria siempre. Tous pour un, un pour tous”. Qualche volta ho cercato di dire la mia. Di dire quello che pensavo. Quello che poteva essere il mio punto di vista su come si lottava. Sul perché. Ho cercato anche di esprimere le mie perplessità su certe situazioni e azioni di questi comitati e realtà che lottavano per l’immigrato che ero. Forse era meglio stare zitto. Il mio amico Lampo mi ha detto una volta che ha più paura degli antirazzisti che dei razzisti. Per lui con i razzisti il conflitto è più onesto. Lo sai. Sai che non ti vogliono. Sai cosa pensano di te. Con gli antirazzisti non si sa mai. Cosa porta una persona a essere non razzista? L’amore dell’altro? Il sogno di vivere in un mondo di uguaglianza? La giustizia? E poi? In questi undici anni ho visto il mondo dell’immigrazione occupato da persone non immigrate. Parlano nel nostro nome. Parlano delle nostre cose. Presentano libri scritti sulle nostre storie. Video sui nostri drammi. Alzano la mano al posto nostro. Quasi vivono la nostra vita. Conoscono talmente le nostre cose che non hanno neanche più bisogno di noi. Abbiamo organizzato a Parma il 24 e 25 ottobre le giornate “Alzo la Mano”. Undici giornalisti e scrittori della rivista Internazionale, undici uomini e donne immigrati che scrivono. Che si confrontano con il  “conflitto italiano”. Undici persone che hanno origini e storie diverse l’uno dall’altro. Due giorni per confrontarsi con la gente, la città. La politica. Hai visto qualcuno? C’era la possibilità di parlare con lo scrittore clandestino, con la professoressa d’università precaria, con l’immigrato contrario al diritto di voto agli immigrati. Di persone che hanno avuto una storia di migrazione qualche volta complessa e che con la forza, il sogno, la voglia di arrivare sono diventati testimoni della loro realtà. Durante questi due giorni, abbiamo parlato di cittadinanza, di diritti, di doveri, delle seconde generazione, di lavoro, di scuola, di politica. Ma non abbiamo visto nessuno degli esperti d’immigrazione. A me suona strano. È abbastanza difficile capire qual è il problema? Come mai è difficile avere il tempo di conoscere l’altro? Di parlare con lui? Di ascoltare un’opinione diversa della sua? Poi vedo in giro le solite manifestazioni e i soliti eventi. Le solite persone che parlano d’immigrazione, di cittadinanza. D’intercultura. La meme chose. Il mio amico Gianluca mi parla sempre del fare le cose insieme. Ma di cosa possiamo parlare insieme quando sappiamo già. Quando abbiamo già le nostre convinzioni e le nostre certezze. Quando lavoriamo talmente tanto che abbiamo solo tempo di fare le nostre solite cose. Quando facciamo fatica ad ascoltare voci altre. Quando siamo chiusi nel piccolo cerchio con le solite persone. Per parlare insieme bisogna sapere di cosa vogliamo parlare. Bisogna prima sapere (anche se sembra una cosa banale) chi siamo. Qual è la nostra storia. Perché siamo. E poi almeno avere un progetto condiviso. Una strategia. Un’idea. Bisogna avere il tempo di ascoltare l’altro anche quando non si è d’accordo. Gli immigrati sono prima delle persone che decidono, scelgono. Vivono. Sembra una cosa scontata ma non la è. Non è scontato. Se in una città come  Parma, parlano sempre le solite persone, parla sempre e ancora Cleo, vuole dire che qualcosa è andato storto. Ma perché nessuno si fa questa domanda? Perché non ha funzionato? Perché non funziona? Lo so è più facile fare che farsi delle domande e avere il tempo di cercare delle risposte. Ma io credo che per essere antirazzisti non basta soltanto partecipare a incontri e riunioni antirazziste con persone che si conoscono e la pensano alla stessa maniera. Non basta partecipare alle solite manifestazioni. Non basta aspettare che picchino un ragazzo africano per alzare le bandiere e andare in piazza. Non basta organizzare le solite conferenze e i soliti eventi con le solite persone che vengono a dire le solite cose che tutti noi sappiamo. Non basta fare le solite inchieste con le solite domande. Non basta avere un amico straniero e/o lavorare dentro una struttura che si occupa di stranieri. Non basta viaggiare. Non basta leggere. Non basta scrivere. Forse bisogna fermarsi a chiedersi chi è l’immigrato di adesso. L’immigrato appena arrivato ma anche l’immigrato che vive in Italia di più di dieci anni. L’immigrato che lavora, l’immigrato che studia. L’immigrato che fa politica. L’immigrato di destra. L’immigrato di sinistra. L’immigrato che ha famiglia, figli. L’immigrato che scrive. L’immigrato che qualche volta la pensa diversamente da te. Bisogna accettare l’altro com’è. Rispettarlo. Lasciarlo parlare anche quando parla troppo o forse male. Anche quando non sei d’accordo. Bisogna ascoltarlo. Noi abbiamo deciso di alzare la mano per farci sentire. Abbiamo deciso di prendere la parola nel rispetto della legge e degli usi del nostro nuovo paese. Siamo li e aspettiamo tutti coloro che credono di poter fare qualcosa insieme. Insieme, insieme alle nostre differenze.

Cleophas Adrien DiomaCleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.
 

Commenti

  1. valentina begaj

    caro Cleo,
    Sono una mediatrice Culturale presso Sportello immigrazioni del comune di Mesagne
    condivido pienamente tutto ciò che pensi e scrivi.
    mi piacerebbe essere in contato e sentirci con più calma per qualche collaborazione in futuro.

    Saluti Valentina

  2. adorni filippo

    scusa CLeo. io sono uno di quelli che ti hanno conosciuto quando frequentavi gli antirazzisti e quindi conosco bene i tuoi argomenti che esplicitavi già allora. non ti abbiamo più visto se non sulla gazzetta fianco a fianco con i politici locali, in particolare con quelli che contano.e abbiamo visto che hai dato compimento anche a dei buoni progetti.
    Ricordo anche che mi deridevi quando dicevo che se la rivoluzione ci sarà, probabilmente non la vedremo noi. tu dicevi che in un progetto in cui non si riesce a vedere la rivoluzione subito non ci stavi. Spero che tu sia sulla buona strada per raggiungere quello che dicevi.
    Riguardo agli antirazzisti forse sbagliano molte cose ma forse se questi non ci fossero i punti di contatto tra italiani e migranti sarebbero molti di meno, il razzismo avrebbe ancora più forza di quella che ha oggi, ed è tanta. Noi che siamo a contatto con tanti italiani razzisti te lo possiamo confermare tranquillamente. Forse poi non hai capito che se ci sono gli antirazzisti non è solo perchè vogliamo dare una mano agli stanieri, poverini, ma perchè molti antirazzisti pensano che la separazione, le segregazioni, i nemici creati ad arte, i capri espiatori, servono ai potenti per diventare sempre più potenti, ai padroni per sffruttare sempre di più chi lavora, a chi comanda per continuare a comandare e magari impostare una dittatura.Essere contro il razzismo vuol dire quindi anche difendere noi stessi e la classe cui apparteniamo, nonchè la libertà di tutti (naturalmente anche la nostra).
    Visto che non ti ho incontrato agli ultimi presidi contro gli sfratti (di migranti ma anche di italiani) e neanche alle lotte per la difesa del diritto allo studio ma purtroppo neanche alle proteste contro le leggi segregazioniste, salutami i tuoi sostenitori istituzionali.
    Un abbraccio fraterno
    Ado

  3. simone centola

    sono d’accordo con te!
    ma ci sono anche esperienze diverse, come l’assemblea antirazzista di Pisa che si svolge presso il centro sociale NEWROZ.
    grazie, perchè con inerventi come questo attivi processi di riflessione in chiunque li legga…anche se poi a leggere certe cose, sono sempre le stesse persone, purtroppo poche.
    ciao ciao

  4. Caro Cleo, ciò che dici è verissimo e giusto.E’ la seconda volta che ti leggo perchè nella posta mi è ginta la tua lettera.
    Mi piacerebbe approfondire con te la questione.
    Hai mai letto il mio blog su LaStampa(Blog dei lettori ovviamente) dal titolo Jambo Africa?
    Ho ricevuto talora lettere di ragazzi e ragazze africani.Sempre rapsodicamente.
    Siccome sono anche suFacebook, lì mi è stato più facile fare amicizia con africani di lingua francese.
    Devo sinceramente dirti che ho notato in loro molta riservatezza, poca voglia di dialogo, chiusura e la cosa, sono sincera, mi ha fatto molto male.
    Ho pensato ad una forma di razzismo alla rovescia.Come se loro volessero essere esclusivamente auto -referenti all’interno dei loro gruppi.
    Per la verità non è stato così con tutti ma in generale lo è.
    Se tu guardi le loro bacheche ci sono solo africani con africani.Pochi europei, anzi pochissimi.
    Mi piacerebbe tu mi facessi capire perchè avviene o può avvenire ciò.
    Ci conto.
    Con simpatia e amicizia(quella vera).
    Marianna

  5. antonio piarulli

    San Marco: Ama il prossimo Tuo come Te stesso.Equazione complessa che rischia di far scadere nel narcisismo,se non si agisce con senso di gratuità.

  6. Vi ho letto con molta attenzione…e la cosa continua a sollecitare in me sempre tante domande (prima o poi smetterò, forse vivrò meglio) Sono meridionale, immigrata negli anni 70, ho subito sulla mia pelle d\’adolescente l\’esclusione in quanto meridionale, quel tipo di razzismo che subisci a 14 anni, poi te lo porti dietro per sempre, e sono ancora a chiedermi cosa vuol dire \"integrazione\"? mangiare risotto e non cime di rape perchè la puzza delle cime cotte dà fastidio alla vicina? vuol dire quando vai in discoteca, farti toccare da tutti… perchè le \"nordiste\" lo fanno?, e la lista sarebbe lunghissima….Ecco su questo sono d\’accordo con Cleo, se non l\’hai vissuto.. ti viene difficile credere che chi oggi è affianco a te \"clandestino\" capisca cosa provi, però… i cambiamenti hanno bisogno anche di questi piccoli e modesti gesti… la rivoluzione non si fa in poco tempo, quando arriva magari non te ne accorgi neanche, tanto i segnali e le lotte sembravano inutili e sprecate.

  7. bruno

    avide definizioni della paura
    stanche parole corrotte
    bruciate nel tempo
    d’umana continua tragedia
    tic tac
    ciò che c’era cè e viene e va
    e cambia e ritorna e ancora cambia
    e torna ancora con le sue
    avide parole corrotte.

  8. Primo Ilario Soravia

    Condivido Cleo, condivido l\\\’immigrata dal sud, la sostanza è la stessa \\" chi meglio di un indigeno può rappresentare le ragioni dell\\\’immigrato, sia esterno che interno? noi anti razzisti lo facciamo per voi, poverini che non sapete esprimervi, così possiamo dare sfoggio della nostra superiore cultura sociale \\", sic. Non c\\\’è che dire, essere anti razzisti vuol dire \\"rassegnarsi\\" al fatto che gli altri hanno un cervello e una dignità, senza bisogno che noi illuminati gliela si concede. La strada è ancora molto lunga, ripida e tortuosa.

  9. mino

    ottimo articolo che fa riflettere parecchio, facile farsi la pubblicità e farsi passare x “antirazzista” sembra quasi la stessa maschera autoprodotta del “italiani brava gente.. ” di partigiano morto x costruire la democrazia nel paese”(invece che x il comunismo)

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