La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Con questa faccia da straniero »

Noi neri, gialli e marron dobbiamo far sentire la nostra voce

31-07-2009

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“Io non respingo”,  manifestazioni contro la legge sulla sicurezza, volantinaggio, lettere. Sto leggendo tutti i testi scritti sulla legge sulla sicurezza. Ogni giorno qualcuno mi manda via sms o via mail un messaggio per informarmi di tale o altra manifestazione. Sento le voci alzarsi contro il nuovo razzismo. Contro il fascismo. Contro… E noi immigrati ci troviamo ancora nei bar a bere, lontani da tutto questo. Lontani dalla legge, lontani dalla realtà. Sospesi. Siamo al lavoro sperando di poter continuare. Stiamo con le nostre mogli e i nostri figli a volte anche solo con la fede. Chiusi dentro di noi, rifiutando di partecipare. E nessuno parla di questo. Nessuno si fa domande: ma dove sono questi negri, questi marocchini, questi rumeni,…. dove sono? Come mai non partecipano più? Cosa li porta a non crederci più? Cosa non va nella nostra maniera di fare? Forse bisogna partire dalla ricerca di risposte a queste domande. adcPer un lungo tempo ho partecipato ad un sacco di manifestazioni. Sono andato a Roma, a Milano. Ho partecipato a manifestazioni nella mia città, Parma. Ho gridato, cantato. Ballato. Ho partecipato. Mi sono sentito parte di movimento, di una comunità, di una realtà che, pensavo, lottasse per l’uguaglianza. Per la pace, per i diritti per tutti. Poi una mattina mi sono svegliato e mi sono ricordato di una frase che mi diceva mia madre: “de ta putaine de chienne vie, tu en fais ce que tu veux”. E credo che abbia ragione. Della mia vita, “della mia puttana di cagna di vita” ne faccio quello che voglio. Decido io per me stesso. Non seguo più. Mi metto in gioco. Metto la faccia, alzo la mano e grido, guardate che so dire le cose. Che so parlare. Che ho la mia opinione. Che so leggere il contesto nel quale vivo. Che posso decidere. Che ho un carattere di merda ma è il mio carattere e ne sono contento. Che ho un’identità politica. Che ho la mia storia. Che bisogna tenerne conto. In questo periodo sento una rabbia davanti al non fare. Alle non proposte. Mi chiedo dove sono gli intellettuali immigrati. Quelli che hanno studiato. Quelli che studiano. Quelli che leggono. Quelli che scrivono. Quelli che fanno politica. Quelli che di politica non ne vogliono sapere. Dove sono? Possiamo rimanere lì a guardare e aspettare? Possiamo pensare che solo scrivere possa cambiare le cose? Possiamo pensare che partecipare alle solite manifestazioni sia una cosa utile? Quando ci renderemo conto che solo alzandoci, mettendo le mani, i piedi, le teste insieme potremo camminare verso la verità?

Ogni tanto mi fermo e guardo attorno a me. Guardo le strutture, le associazioni e i comitati che lottano “per” noi immigrati. Voglio sottolineare la parola per, perché ha la sua importanza. Lottano per noi. Perché noi non siamo capaci di lottare per noi stessi. Perché loro capiscono meglio le cose. Perché sono bravi. Solidarietà, fratellanza. Vi vogliamo bene. Ma per quanto tempo continuerà questa farsa. Per quanto tempo staremo a guardare quella gente che lotta per se stessa e non per noi. Che non gli interessa per niente di come stiamo. Che non sa cosa significa essere “immigrato”, vivere lontano da casa, lontano dalle proprie certezze, lontano dalla mamma, dal papà, dal fratello, dalla propria gente. Lontano dalla propria vita. “Camminare” in una nuova lingua, con della nuova gente, in un nuova terra? Non sa come si vive questa nuova situazione sul piano affettivo, emotivo, psicologico? Cosa vuole dire guardare una persona che ti chiede“ciao come stai?” e non sapere nemmeno rispondere perché non si capisce la lingua. Gli immigrati siamo noi e anche se abbiamo bisogno dell’aiuto e della partecipazione delle persone italiane, forse è arrivato il momento di partecipare. Dobbiamo imparare ad alzare la mano e dire le cose esattamente come le pensiamo. Dobbiamo avere il coraggio di scegliere da che parte stare senza avere il timore del giudizio di quelli che credono di sapere. Dobbiamo vivere la nostra vita come la pensiamo. Dobbiamo lottare per avere democraticamente questa libertà di essere quello che siamo. Noi.

Cleophas Adrien DiomaCleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.
 

Commenti

  1. Credo che partecipare alle manifestazioni collettive sia fondamentale per creare un movimento forte, unito ma soprattutto coerente e continuo. Ma credo che sia altrettanto fondamentale muoversi non solo come “movimento” ma proprio come persone, come dici tu… e allora credo che ciò che blocca i “nuovi italiani” (l’espressione straniero mi sta stretta) non è secondo me la mancanza di organizzazione, la mancanza di idee o la mancanza di cose da dire. Credo che sia la mancanza di coraggio, intesa come paura di subire ripercussioni sulla propria vita sociale e lavorativa.
    “Noi italiani” non siamo più bravi a capire. Nessuno può capire meglio di un migrante cosa vuol dire essere straniero, cosa vuol dire sentirsi “diverso”. Noi non possiamo rappresentare gli immigrati, possiamo solo aiutarli a uscire la testa fuori dal sacco, possiamo solo mettere la faccia per loro, ma le cose si smuoveranno davvero quando entrambi saremo capaci di esporci in prima persona.

  2. coumba

    Hai veramente ragione Cleo e ora, ci dobbiamo fare sentire.Perché ormai l’Italia no puo più fare finta,il racismo sottile no esiste più ora telo fano capire chiaramente.E noi dobbiamo reagire adesso.”ora ormai più.
    Ils se sont devoilés la face parce que maintenant les immigrés sont nombreux et ils ont peur d’etre envahis et c’est ce qui va bientot arriver.

  3. caro cleo,
    sono d’accordo.
    voi gridate e noi faremo di tutto per ascoltarvi.
    ci sarà un mondo migliore?
    ciao alberto

  4. Partecipare significa anche abbandonare un certo complesso di inferiorità che genera in te un forte senso di inadeguatezza. Non dobbiamo mai dimenticare di vivere in una società dove il merito e l’intraprendenza vengono premiati.
    Perché allora continuare a lamentarci se possiamo rinnovare la cultura che ci accoglie con nuove idee?
    Perché continuare a chiedere l’aiuto altrui se possiamo alzarci e camminare da soli? Chi è abituato a dire sempre grazie perde la sua anima! Anche ammettendo che molti siano razzisti in Italia, cominciamo pure a lavorare insieme e a collaborare con quella parte della società che ci rispetta, ma da pari.

  5. Milli Maganga

    ciao cleo,

    ho letto attentamente quello che hai scritto e capisco il tuo rammarico e la tua rabbia e sono felice che tu l’abbia perche vuol dire che cmq vuoi che le cose cambino..lo sai quanto me che questo è 1 processo lungo e difficile e che a volte si ha la sensazione che non gliene frega niente ai neri niente anche se magari in casa se ne parla ma pochi sono quelli che decisono di impegnarsi..io penso che 1 gruppo di poche personne determinate puo trascinare gli altri e fargli capire di non aver paura,che abbiamo diritti uguali e sopratutto fargli capire che non siamo inferiori a nessuno ,che abbiamo delle capacita enorme(non sono neanche piu da dimostrare).ma pero bisogna iniziare…

  6. Doriana Goracci

    Caro Cleophas ero con te in questi anni decine e decine di volte in Italia e fuori, con le mie gambe e con la voce e sempre con il cuore. L’altro e l’altra sono ancora accanto, parte di me. Le tue parole motivano la necessità di alzarsi da una posizione, che è stata supina per decenni, c’era sempre qualcuno che lottava per noi, che scriveva, che si indignava…la delega dell’ esistenza non promuove un bel niente se non la rassegnazione. Grazie infinitamente per il tuo contributo. Non lasciamo alle stelle i desideri e il presente-futuro.

  7. resi

    Le tue parole scuotono Cleo, agitano un sacco di perchè, mettono il lettore allo specchio di un sè che restituisce solo superficie.
    L’indignazione o forse meglio, il disincanto che leggo nei tuoi testi hanno una grande forza; la parola è il tuo dono agli altri.
    E non sarà parola vana.

  8. Viviana

    anche io in questo periodo cerco di immedesimarmi – difficile – con chi è \"etichettato\" come straniero, al di là del numero di anni che vive qui, delle esperienze, relazioni che ha, delle conquiste che ha fatto, delle difficoltà che ha avuto, della pazienza e tolleranza che ha saputo avere, della strada in salita che gli sembra di dover ancora percorrere.

    cerco di immedesimarmi ..come mi sentirei io, dopo anni, subendo questa politica (?) e questa burocrazia e sentimenti di ostilità?

    allo stesso tempo penso a come mi comporto io, a come si comporta la mia famiglia, i miei amici, l\’istituzione per cui lavoro, verso tutti, italiani e \"stranieri\". e penso che siano tutti comportamenti giusti, coerenti, non nel nome della solidarietà, del buonismo, ma del rispetto reciproco, e della curiosità e voglia di valorizzare le reciproche ricchezze e comunicarle.

    nelle sue(future?) manifestazioni di rabbia, di esasperazione, di ribellione, nella quotidianità dell\’agire, sarà fondamentale che lo \"straniero\" che alzerà la voce riesca a trovare i luoghi e le modalità più opportune per raggiungere i suoi obiettivi di riconoscimento di diritti, senza spostarsi dalla parte del torto o senza fare di tutta l\’erba un fascio.

    ciao bravo cleo e grazie per gli spunti di riflessione.

  9. francesca

    forse hai peccato un pò di presunzione o meglio hai frainteso quelle che sono le motivazioni che spingono le varie associazioni a combattere “per voi”…non è gente presuntuosa che crede di capire meglio rispetto ad un immigrato ciò che un immigrato vive…sono semplicemente persone INDIGNATE che danno voce a questo nobile sentimento.la storia insegna che i popoli si sono sempre organizzati per scacciare le ingiustizie.

  10. Germain Siehou

    Sono stanco di sentire le stesse cose.E quando dobbiamo sedersi e discuterne ognuno fa càvoli suoi.Una cosa è certa ,stiamo dando piu forza , piu spazio ,piu tempo a chi ci vuole opprimere.E lo stanno facendo alla grande.Una altra cosa è certa e che nessuno regala niente a nessuno.Pensiamoci bene.

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