Ho speso parecchi giorni, negli ultimi tempi, incontrando ragazzi delle scuole elementari che hanno lavorato sugli articoli fondamentali della Costituzione (vale a dire i primi dodici). I bambini vantano il dono di un’acuta intelligenza restia alle illusioni, che poi si stempera con l’avanzare dell’età scolastica, quindi ascoltarli è incantevole (e, sì, è incantevole anche quando capitano quelli che stanno nel binario di una sobria normalità e persino quelli che sono una tacca sotto la norma: in fondo, sono pur sempre umanità senza filtri). Anche nell’incanto, però, capita di prendere uno spigolo e questo, succede, per esempio, quando arriva Marco e dall’alto dei suoi dieci anni chiede:
Perché, se l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, il mio papà un lavoro non l’ha?
Un minuto di silenzio sarebbe stata una buona risposta, ma non l’avrebbe accettata nemmeno un adulto (ed è risaputo che gli adulti si fanno andare bene tutto, grazie alla raffinata arte dell’interpretazione o alla potente arma del fraintendimento). Ero a un incrocio: avrei potuto addentrarmi in una dotta analisi del senso profondo del lavoro nel testo Costituzionale, sondare la differenza tra un principio teorico e i compromessi della realtà, sintetizzare le conseguenze della globalizzazione oppure fingere un malore e allontanarmi.
Sono rimasta sul posto e ho fatto un discorsetto che in estrema sintesi e con termini da grandi era: sono sicura che il tuo babbo sia un uomo in gamba e vedrai che una soluzione la trova anche in questo momento difficile, perché il lavoro si cerca, si chiede, si trova e, a volte, se non si trova s’inventa. Nei momenti di crisi, una marcia in più può essere unire i sogni, la fantasia e l’azione e un pizzico di rabbia non guasta. Non che sia una ricetta infallibile, ma funziona di più che stare ad aspettare che i tempi cambino.
Mi sembrava di essermela cavata dignitosamente: un tocco di incoraggiamento e lo sprone ad essere artefici della propria vita, il tutto con la salvezza della Costituzione in sottofondo. Invece no. Una docente si alza e mi fredda:
Lei vende utopia e la facile filosofia del bicchiere mezzo pieno.
Presa in contropiede, ho solo risposto:
Mezzo pieno o mezzo vuoto, mezzo è. L’utopia, ha detto qualcuno, è solo l’orizzonte che si muove in avanti, spingendoci a camminare. Così la penso io, lei in classe dica pure quel che pensa lei.
Ma un dubbio mi è restato: che cosa avreste risposto voi a Marco?
Annalisa Strada (1969) si occupa di servizi editoriali e di promozione della lettura. Autrice di libri per bambini e ragazzi. Pubblica con San Paolo, Piemme, Ape Junior, Paoline, Città Aperta e Gabrielli Editori.