Diario di un amore negato, autore Giuliano Guareschi, figlio naturale del padre di Don Camillo: ha aspettato 75 anni per essere riconosciuto discendente dello scrittore. La recensione di un ragazzo di 30 anni che ha perso il padre quand’era bambino avvicina la solitudine di chi il padre non lo ha conosciuto alla solitudine di un padre inseguito fino alla fine della vita.
Alcuni particolari rischiano di passare inosservati. Io, ad esempio, riesco a diventare facilmente amico di due categorie di persone: quelle che sono stati mandati dallo psicologo durante i tre giorni e gli orfani di padre. Probabilmente in un qualche modo le esperienze ci permettono di vivere sentimenti comuni. Potrebbe essere un caso, ma ci sono caratteristiche umane che accomunano chi non ha avuto un padre o chi l’ha perso.
I SOLDI DI DON CAMILLO
Giuliano Guareschi, nasce a Parma nel 1933. Costretto ad abbandonare gli studi, lavora alla Barilla ma il suo sogno è fare il giornalista, come il padre. Si trasferisce a Sydney, Australia, dove per 50 anni lavora nel più antico quotidiano in lingua italiana, “La Fiamma”, fondato dai missionari cappuccini alla fine dell’800. Conclude la carriera diventandone direttore. Nel 2002 torna in Italia: va e viene tra le due patrie. Alberto e Carlotta, eredi e figli riconosciuti dallo scrittore, hanno a lungo contestato la legittimità della richiesta di Giuliano. Alla fine sono stati costretti alla prova di Dna, prova che ha confermato che Giuliano é loro fratello. Per ottenere il consenso alla prova, Giuliano che voleva scrivere il suo vero nome “ almeno sulla tomba “. ha rinunciato ad ogni diritto sulla cospicua eredità lasciata dal padre. I soldi di Don Camillo restano ai fratelli piccoli i quali hanno anche proibito che nella copertina del libro uscito da Diabasis apparisse un’immagine di Giovannino Guareschi, sullo sfondo, a cavallo di una bicicletta. Figlio si, ma mai accanto al padre. Finale malinconico così’ diverso dall’ironia bonaria del Mondo Piccolo che il Guareschi genitore racconta ai lettori di ogni paese. La paura di perdere i soldi a volte fa brutti scherzi.
Una vita per mio padre, Giovannino Guareschi.
Edizioni Diabasis – 15 euro
Mio padre è morto quando avevo 18 mesi, ha chinato la testa mentre si tagliava i capelli e non ha più riaperto gli occhi. E’ da quando ho iniziato a comprendere che gli altri bambini avevano un padre che cerco nella memoria delle sue immagini, ma più di ombre confuse non riesco a vedere.
La ricerca di un padre è alla base del libro di Giuliano Guareschi, che soltanto negli ultimi mesi ha potuto conquistare il cognome di suo padre, Giovannino Guareschi. La sua storia, che ha elementi di umanità profonda, è raccontata in “Una vita per mio padre, Giovannino Guareschi” che era già uscito qualche anno fa a firma di “Giuliano Montagna”.
Nel frattempo un esame del dna ha fatto conquistare a Giuliano la dignità di portare il cognome del suo padre naturale.
Soltanto chi è orfano di padre può comprendere cosa significa ricercare gesti, storie, vicende che sembrano essere andate smarrite. Del proprio padre si vorrebbe conoscere tutto, come si faceva il nodo alla cravatta, fino ad un particolare e insolito tic nel farsi la barba. E’ come una ricerca spasmodica di un’identità, di un’appartenenza.
Come la ricerca del proprio cognome, che detta così sembra una cosa di poca importanza. Io, ad esempio, non ho avuto rapporti facili con la famiglia di mio padre, ma questo non mi ha impedito di essere orgoglioso del cognome che porto, perché a suo modo testimonia che io sono suo figlio.
In questo senso, la storia di Giuliano è ancora più crudele del perdere un padre, perché un orfano deve rassegnarsi alla morte, all’idea che il proprio padre non è da nessuna parte del mondo e ci si deve arrendere ai ricordi.
Suo padre, quello vero, Giuliano poteva ricercarlo, andarlo a trovare. Almeno sulla carta. Quel padre che Giuliano ha sempre cercato era a poche ore di distanza e poteva conoscerlo anche attraverso le parole, i disegni. In questo senso la condizione di Giuliano non è quella di orfano, ma di condannato. Del non poter parlare liberamente di Giovannino, del dover nascondere i suoi sentimenti più intimi, della continua ricerca di un’eredità che non è fatta di oggetti, ricchezze e onori, ma da cose più personali, come l’inflessione della voce, i lineamenti del volto, una particolare abilità nello scrivere.
Ad un orfano rimangono alcuni oggetti del padre, la penna stilografica, il portafoglio, le foto di famiglia. Ad un orfano rimane il cognome che è il sistema inventato dagli uomini per comprendere da dove veniamo, chi ci ha dato la vita.
Ecco, questo genere di eredità, Giuliano non l’ha potuta conquistare se non qualche mese fa, costretto ad un test del dna per poter testimoniare al mondo la verità: quella di essere figlio di suo padre.
In questo senso il libro scritto da Giuliano Guareschi è l’emblema di una ricerca, di una vita spesa per trovare un padre e cercare di fuggirne il fantasma. Gli orfani di padre o coloro che possono comprendere a fondo questa condizione, troveranno questo libro in grado di trasmettere la dolcezza di una ricerca sincera, della volontà di un figlio di comprendere l’origine della sua vita e il confronto con la sua identità di uomo.
Credo che ci sia una malinconia che accomuna gli orfani, quella di non poter sapere, di non poter conoscere pensieri non espressi, sensazioni non condivise. Ed è proprio nel ricordo di un padre non avuto che questo libro trae le sue energie migliori, nell’amore del perdono di Giuliano che, di fronte ad un padre che di fatto lo ha abbandonato prima della nascita, riesce a non cedere le sue emozioni al tradimento. E oggi, a 76 anni, Giuliano prova ancora il piacere di immaginare un dialogo con suo padre, finalmente libero dalla paura dello scandalo che è poi stata la condanna che l’ha fatto penare per una vita intera.
Gianluca Grassi è coordinatore del Portale Giovani di Reggio Emilia. Si è occupato di giornalismo, comunicazione e associazionismo, è tra i fondatori della televisione di strada Telecitofono e dell'associazione Gabella che ospita la Scuola di Etica e Politica Giacomo Ulivi. Ha curato Madreperla. La casa che non c’era per Diabasis.