Ho pensato. Pensato al tempo che passa. Il sole non esce più. Piove. Il mio cuore batte. Lento. Sono seduto qui sul divano. Ho una penna. Un foglio bianco. Cerco la strada. Fuori sento i rumori delle persone che passano. I suoni della televisione che escono dalle finestre. Qualche voce. E tante domande. Mio padre mi ha appena chiamato. Voleva sapere come stavo. Bene, papà, bene. Sì, penso di stare bene. Qui in Italia c’è quest’espressione: “si potrebbe stare meglio”. Forse. Ma si può anche stare peggio. Io non so come sto. So solo che sono. Seduto qui con nella mano una penna. Cercando delle parole.
Des petites paroles pour racconter ma vie. Je vis donc je suis, moi je ne sais pas si je suis.
Ha vinto la Lega. Dicono. Io ho votato Fini. Sperando. La sinistra non ha perso. Così dice. E allora chi è il vincitore? Questo cuore che batte è il mio, sai. Io lo sento. E ho tanta paura. Paura di non capire. Di non sapere come impostare le cose. La mia vita e il tempo che passa. Le cose che sembrano uguali. Le non certezze. Tutto cambia perché tutto rimane uguale. No, peggio. Perché peggiora. Nessun conflitto reale. Nessuna verità detta. Nessuna riconoscenza di colpe. Niente. Il vuoto. Immenso. Ho solo voglia di dire basta.
Basta con questo finto benessere. Basta con la bontà infinità che non ci porta da nessuna parte. Basta fare finta che tutto vada bene quando quasi tutto va male. I miei amici mi dicono che non dobbiamo buttare tutto. Che qualcosa è andata anche bene, che devo essere tollerante. Io non so cosa sia andato bene. So che la mia situazione d’immigrato è peggiorata. So che sto perdendo tutti i diritti. So che devo solo esistere. Lavorare e stare zitto. So anche che non sono solo. Che anche gli italiani hanno perso tanto. Che anche loro hanno perso tanti diritti. Che la politica non ha mai risolto niente. Che la crisi tocca tutti. Ma questo sapere mi spaventa molto. Non porta delle risposte a tutte le mie domande.
Io dico che cosi com’è fatta la politica non va bene. Cosi come funziona non va bene. Cosi come ragiona il sindacato non va bene. Con questi qua non si va da nessuna parte. Ma forse sto ripetendo cose vecchie. Nanni Moretti l’aveva già detto, vero? Ma Nanni Moretti è Nanni Moretti. Io sono Cleophas Adrien Dioma, immigrato del Burkina Faso. In Italia da 12 anni. Forse non basta, per poter essere critico sulla situazione politica del mio paese d’adozione. Per dire quello che penso. Per non essere d’accordo su tante cose. E scrivere come la penso. Senza peli sulla lingua. Credo di potere. Credo di dovere. Annalisa, la mia amica-capa mi dice sempre, che da quando mi sento più “italiano”, sono diventato meno tollerante. È vero. Non voglio più giustificare la mia presenza. Non voglio più spiegare le mie scelte. Non voglio più sentirmi a disagio per il mio colore.
Voglio poter essere quello che sono. Nel modo in cui penso di poter essere. Voglio poter dire quello che penso. Con le mie parole. Voglio poter dire: “Questo va bene. Questo no”. Forse non voglio e non devo neanche pensare di poter avere ragione. Non è questo il mio problema. Né pensare che dall’altra parte qualcuno abbia torto. No, voglio pensare che io scrivo e dico quello che penso. Che si possa aprire un dibattito sulle cose che dico. Che ci possa essere un confronto. Vero. Anche il conflitto qualche volta. Per parlare di cose concrete. Serie. Finché leggeremo i testi non cercando di essere autocritici, obiettivi, ma pensando “oh, l’ha scritto Cleo, dunque so cosa pensa”, non riusciremo mai a parlarci. Io sono questo e non voglio essere altro. Scrivo quello che vedo. Il mio punto di vista. Posso avere una faccia da straniero, ma ho un vissuto, un quotidiano da italiano. E quello che dico sulla realtà politica, sociale e culturale italiana, lo dico con questo cuore che batte forte. Italiano. Il mio cuore.
Cleophas Adrien Dioma è nato a Ouagadougou (Burkina Faso) nel 1972. Vive a Parma. Poeta, fotografo, video documentarista è direttore artistico del Festival Ottobre Africano (www.ottobreafricano.org - cleobibisab@yahoo.com - info@ottobreafricano.org). Collabora con “Internazionale” e “Solidarietà Internazionale”.